Un filosofo “marxista” e un vescovo. Più precisamente, uno dei più originali pensatori “radicali” italiani - capace di tenere assieme il barbuto di Treviri e Carl Schmitt, Lenin e Max Weber, i gesuiti spagnoli e Machiavelli – e un frate, presule nella diocesi di Orvieto-TODI, votato ad Agostino di Tagaste, il santo africano ritenuto uno dei massimi pensatori del mondo occidentale.
Stiamo parlando di Mario Tronti e di padre Giovanni Scanavino, messi l’uno accanto all’altro, dalle ore 21.00 di giovedì 1 luglio, alla Festa Democratica di Orvieto.
La riflessione su “Politica e cultura: quali speranze”, coordinata da Giuseppe Della Fina, vuole anzitutto essere un invito a liberare il pensiero dagli ingombranti imballaggi che impediscono l’esercizio della trascendenza, quella virtù specificatamente umana che interpone tra uomo e mondo una differenza, uno stacco dentro cui abita lo spirito, la cultura, l’arte, la politica. Al centro del dialogo, la riflessione del filosofo sugli esiti terminali di una modernità che non contempla il controtempo della trascendenza.
“L’homo religiosus – afferma Tronti sorprendendo qualche nostalgico mangiapreti - ha una potenzialità di alternativa, e di antagonismo, rispetto alla struttura fondante di questo mondo, che l’homo democraticus non ha e non può avere, perché è stato costruito affinché non l’avesse”. I primi cristiani, precisa l’autore di “Operai e Capitale”, riuscirono a mantenere una radicale alterità rispetto al mondo pur senza diventare estranei al mondo. Vinsero perché durarono. E durano perché, come si dice nel Vangelo di Giovanni, erano “nel” mondo ma non “del” mondo.
Tronti vede nella riduzione del mondo a pura immanenza il trionfo dello spirito borghese illuminato. Quello stesso spirito, che ancor oggi governa il processo della modernizzazione, vieta il conflitto, l’audacia della trasformazione radicale e istruisce il pensiero politico delle società postindustriali. Il mondo è pieno, non ammette crepe o alterità radicali. “Il massimo ammissibile del conflitto – afferma il filosofo - è la provvisoria personalizzazione di quel qualcuno, nella parte del’cattivo’”. Dentro la categoria del conflitto Tronti rilegge la vicenda della classe operaia novecentesca. “Gli operai dentro il capitale - scrive - sono stati l’ultimo anello, quello giunto a più alta coscienza, della lunga catena degli oppressi. Ai lavoratori di oggi bisogna riconsegnare questa coscienza, di essere un ulteriore anello della catena”.
L’annientamento del conflitto, dell’irriducibile alterità non segna solo la fine della classe operaia ma anche della politica. “Più la politica si assimila al mondo - sottolinea Tronti -, a ciò che è così com’è, più diventa superflua”. Bisogna allora guardare alla religione, a quel rapporto con l’Invisibile che rende la persona “indisponibile, inassimilabile, incatturabile per una coscienza dominante di mondo che ti dice: è tutto qui, non c’è altro, quello che conta è quello che vedi, devi sistemarti, o devi partecipare, che è la stessa cosa”. In quell’indisponibilità si scorgono i bagliori dell’atto di libertà, dell’autodeterminazione anche collettiva.
È quindi un errore – sostiene il professore senese – declinare la laicità in chiave antireligiosa. “La laicità di cui abbiamo bisogno – prosegue - è più una interpretazione del sacro che un’assunzione del secolo. Su questo possiamo trovare un vero reciproco ascolto con altre sensibilità alternative. Credetemi, c’è più varietà di posizioni e libertà di pensiero in quella ‘complexio oppositorum’ che è la Chiesa cattolica, di quanto ne potete trovare nel pensiero unico del Fondo monetario internazionale. Non sbagliamo bersaglio. Il nemico, il nemico non l’avversario, è questo, non quella. Più in generale, sulla denuncia dei mali del mondo e sul destino dell’essere umano, tra la dimensione del politico e la dimensione del religioso coltiverei oggi più la possibilità di un incontro strategico che l’occasione di un conflitto quotidiano”.
Dopo l’estinguersi di innumerevoli terze vie, sarà forse la resistenza al secolo della Chiesa ad offrire alla sinistra un modello di politica all’altezza dei tempi?
martedì 29 giugno 2010
venerdì 25 giugno 2010
I Sindaci dei Comuni Montani dell'Umbria incontrano l'Uffico Scolastico Regionale : concertazione per trovare soluzioni comuni in difesa della scuola
La delegazione dei Comuni Montani dell'Umbria, composta dai Comuni di Castel Giorgio, Città delle Pieve, Foligno, Gubbio, Lisciano Niccone, Lugnano in Teverina, Montegabbione, Monteleone d'Orvieto, Piegaro, Sellano, ha avuto un incontro questa mattina con la Direzione Scolastica Regionale in cui erano presenti il Vicedirettore Regionale Dott. Petruzzo, e i Direttori Provinciali, Dott.ssa Bodo e Dott. Monetti.
I Comuni Montani hanno evidenziato che la situazione scolastica attuale è una questione territoriale, sia dei piccoli che dei grandi Comuni in cui ci sono plessi svantaggiati. Le scuole dei piccoli centri sono quelli che, oltre a rappresentare dei presidi culturali, danno vita ai territori che per loro natura geo-morfologica sono penalizzati dal punto di vista dei servizi.
L’USR risponde che le risorse sono limitate e accettano questo incontro che vede al tavolo molti Comuni, perché così non si trovano costretti a tagliare organico ad un Comune per assegnarlo ad un altro. L’USR lavora con i parametri gestionali del Ministero e della Regione ed ha ha una responsabilità nell’attuazione.
I Comuni Montani hanno presentato un documento, (in allegato) frutto di una riunione sottoscritto da 24 Sindaci e dall'ANCI Umbria ed hanno avanzato delle richieste:
1. Coinvolgimento da parte dell'USR degli enti locali nell'applicazione della Riforma Gelmini con particolare riguardo alle scuole dei Comuni Montani, come espresso nel DPR 20 marzo 2009 n.81 e nella Costituzione Italiana.
2. Il rispetto del parametro di 10 bambini nella formazione delle classi con possibilità di deroga in considerazione: del tempo che i bambini devono trascorrere dentro il pulmino; dell’andamento demografico dei prossimi anni per assicurare una continuità; dei flussi migratori particolarmente consistenti in alcune zone;della presenza di handicap.
3. Che l'analisi dei dati venga fatta per Istituto da un punto di vista dell’organico e che nel caso di pluriclasse venga lasciata la valutazione interna all'Istituto (la pluriclasse può essere considerata didatticamente dignitosa se vi è sufficiente organico).
L’USR afferma che si è di fronte ad un duplice problema: gestire situazioni nei piccoli plessi con classi di 8 alunni e nei plessi piu’ grandi classi da 27 alunni. I Comuni affermano che questa è la “doppia faccia della stessa medaglia” perché accorpando i plessi e impoverendo le scuole nella didattica e costituendo le pluriclassi con personale docente in numero insufficiente, le famiglie scelgono di trasferirsi o di portare i bambini in centri piu’ grandi congestionando così la situazione di altri plessi scolastici.
Il Vicedirettore afferma che le risorse da assegnare nell’organico di fatto sono una piccola percentuale rispetto all’organico di diritto, ma i Comuni Montani rivendicano che un diritto garantito non può eludere da vincoli di bilancio, come testimonia la sentenza della Corte Costituzionale del 22.02.10 riguardo al sostegno all'handicap.
I direttori provinciali confermano che la scuola di ieri non esiste piu’ e che l’indirizzo di oggi si orienta verso una scuola di 27 ore.
Infine i Comuni Montani chiedono all'USR di condividere le proposte avanzate e manifestarle con convinzione al Ministero dell'Istruzione, dell'Università e Ricerca, tramite la Conferenza Stato-Regione al fine di assicurare il diritto allo studio a tutti i cittadini, indipendentemente da dove si vive.
A tal scopo chiedono che l'USR si attivi per ottenere risorse aggiuntive nella gestione della situazione dei plessi scolastici dei Comuni Montani.
Dalla riunione emerge la necessità di un incontro urgente da parte dei Comuni Montani e dell’USR con la Regione Umbria già richiesto programmato nella prossima settimana.
ViceSindaco di Montegabbione
Dott.ssa Isabella Marchino
I Comuni Montani hanno evidenziato che la situazione scolastica attuale è una questione territoriale, sia dei piccoli che dei grandi Comuni in cui ci sono plessi svantaggiati. Le scuole dei piccoli centri sono quelli che, oltre a rappresentare dei presidi culturali, danno vita ai territori che per loro natura geo-morfologica sono penalizzati dal punto di vista dei servizi.
L’USR risponde che le risorse sono limitate e accettano questo incontro che vede al tavolo molti Comuni, perché così non si trovano costretti a tagliare organico ad un Comune per assegnarlo ad un altro. L’USR lavora con i parametri gestionali del Ministero e della Regione ed ha ha una responsabilità nell’attuazione.
I Comuni Montani hanno presentato un documento, (in allegato) frutto di una riunione sottoscritto da 24 Sindaci e dall'ANCI Umbria ed hanno avanzato delle richieste:
1. Coinvolgimento da parte dell'USR degli enti locali nell'applicazione della Riforma Gelmini con particolare riguardo alle scuole dei Comuni Montani, come espresso nel DPR 20 marzo 2009 n.81 e nella Costituzione Italiana.
2. Il rispetto del parametro di 10 bambini nella formazione delle classi con possibilità di deroga in considerazione: del tempo che i bambini devono trascorrere dentro il pulmino; dell’andamento demografico dei prossimi anni per assicurare una continuità; dei flussi migratori particolarmente consistenti in alcune zone;della presenza di handicap.
3. Che l'analisi dei dati venga fatta per Istituto da un punto di vista dell’organico e che nel caso di pluriclasse venga lasciata la valutazione interna all'Istituto (la pluriclasse può essere considerata didatticamente dignitosa se vi è sufficiente organico).
L’USR afferma che si è di fronte ad un duplice problema: gestire situazioni nei piccoli plessi con classi di 8 alunni e nei plessi piu’ grandi classi da 27 alunni. I Comuni affermano che questa è la “doppia faccia della stessa medaglia” perché accorpando i plessi e impoverendo le scuole nella didattica e costituendo le pluriclassi con personale docente in numero insufficiente, le famiglie scelgono di trasferirsi o di portare i bambini in centri piu’ grandi congestionando così la situazione di altri plessi scolastici.
Il Vicedirettore afferma che le risorse da assegnare nell’organico di fatto sono una piccola percentuale rispetto all’organico di diritto, ma i Comuni Montani rivendicano che un diritto garantito non può eludere da vincoli di bilancio, come testimonia la sentenza della Corte Costituzionale del 22.02.10 riguardo al sostegno all'handicap.
I direttori provinciali confermano che la scuola di ieri non esiste piu’ e che l’indirizzo di oggi si orienta verso una scuola di 27 ore.
Infine i Comuni Montani chiedono all'USR di condividere le proposte avanzate e manifestarle con convinzione al Ministero dell'Istruzione, dell'Università e Ricerca, tramite la Conferenza Stato-Regione al fine di assicurare il diritto allo studio a tutti i cittadini, indipendentemente da dove si vive.
A tal scopo chiedono che l'USR si attivi per ottenere risorse aggiuntive nella gestione della situazione dei plessi scolastici dei Comuni Montani.
Dalla riunione emerge la necessità di un incontro urgente da parte dei Comuni Montani e dell’USR con la Regione Umbria già richiesto programmato nella prossima settimana.
ViceSindaco di Montegabbione
Dott.ssa Isabella Marchino
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domenica 13 giugno 2010
Cgil Orvieto, Maria Rita Paggio riconfermata alla guida
Giovedì 10 Giugno 2010, si è tenuta la III° Assemblea Congressuale di Zona della Camera del Lavoro di Orvieto. L’assemblea, aperta dalla relazione di Maria Rita Paggio e conclusa dal Segretario Generale della Cgil dell’Umbria Mario Bravi, è stata caratterizzata da numerosi interventi dei responsabili e delegati delle varie categorie che hanno sottolineato come le ricadute della crisi si stanno manifestando in tutta la loro gravità sul tessuto produttivo del territorio.
Al termine dei lavori Maria Rita Paggio è stata riconfermata all’unanimità responsabile della Cgil orvietana.
Al termine dei lavori Maria Rita Paggio è stata riconfermata all’unanimità responsabile della Cgil orvietana.
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