martedì 23 febbraio 2010

Riciclaggio di denaro sporco, coinvolti nell'inchiesta anche funzionari e amministratori delle società Telecom Italia Sparkle e Fastweb

da www.repubblica.it


Cinquantasei le ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip di Roma. Arrestato anche un maggiore
della Guardia di Finanza. Gli indagati sono accusati di associazione a delinquere e frode fiscale
Riciclaggio di denaro sporco
ricercati Silvio Scaglia e Di Girolamo
Il senatore del Pdl è coinvolto nell'indagine per via della sua elezione in un collegio all'estero favorita dalla 'ndrangheta, ottenuta grazie all'appoggio di alcuni degli arrestati, ai quali garantiva la 'copertura'. Danno per lo Stato per oltre 365 milioni

Riciclaggio di denaro sporco ricercati Silvio Scaglia e Di Girolamo

Silvio Scaglia
ROMA - Una colossale operazione di riciclaggio di denaro sporco per un ammontare complessivo di circa due miliardi di euro è stata scoperta dai carabinieri del Ros e dalle Fiamme Gialle: 56 le ordinanze di custodia cautelare emesse dal Gip di Roma su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia. Ordine d'arresto anche per Silvio Scaglia, il fondatore di Fastweb. Il provvedimento restrittivo, però, non è stato ancora eseguito perché Scaglia non è stato rintracciato dai carabinieri del Ros e dalla Guardia di Finanza. L'imprenditore, che in una nota inviata alle agenzie di stampa si dice estraneo a qualunque reato, ha dato mandato ai suoi difensori di concordare il suo interrogatorio nei tempi più brevi per chiarire tutti i profili della vicenda.

Le accuse per tutti gli indagati sono di associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e al reimpiego di ingentissimi capitali illecitamente acquisiti attraverso un complesso sistema di frodi fiscali. In manette anche un ufficiale della guardia di Finanza, Luca Berriola, attualmente in servizio al comando di tutela finanza pubblica, che avrebbe incassato una cospicua tangente su una delle operazioni di riciclaggio.

Richiesta d'arresto anche per il senatore Nicola Di Girolamo (Pdl). Il senatore sarebbe collegato con alcuni degli indagati, che avrebbero favorito la sua elezione in un collegio all'estero. In particolare gli inquirenti fanno riferimento a una riunione tenuta dallo stesso Di Girolamo da Gennaro Mokbel (uno dei 56 arrestati) e da esponenti della famiglia Arena, nel corso della quale si concordò di sostenere la sua elezione, facendo confluire su di lui i voti dei calabresi in Germania. La 'ndrangheta riuscì a venire in possesso di moltissime schede elettorali, che compilò direttamente con il nome di Di Girolamo (circostanza che era già emersa da una precedente inchiesta: l'arresto di Di Girolamo era già stato chiesto nel 2008 alla Giunta delle Autorizzazioni a procedere). In base alle accuse l'elezione di Di Girolamo doveva servire all'organizzazione criminale per spostarsi, senza problemi nell'ambito delle attività transnazionali di riciclaggio.


Il filone principale dell'indagine riguarda alti funzionari ed amministratori delle società Telecom Italia Sparkle e Fastweb accusati, con riferimento a un arco temporale che va dal 2003 al 2006, di falsa fatturazione di servizi telefonici e telematici inesistenti, venduti nell'ambito di due successive operazioni commerciali dalle compagini italiane Cmc e Web Wizzard srl nonchè da I-Globe e Planetarium, che evadevano il pagamento dell'Iva per un ammontare complessivo di circa 400 milioni di euro, trasferendoli poi fraudolentemente all'estero, dove i soldi venivano reinvestiti in beni come appartamenti, gioielli e automobili.

Alcuni indagati sono raggiunti da un provvedimento restrittivo in Usa, Gran Bretagna (Scaglia) e Lussemburgo. Per realizzare la colossale operazione di riciclaggio, il sodalizio si è avvalso di società di comodo di diritto italiano, inglese, panamense, finlandese, lussemburghese ed off-shore, controllate dall'organizzazione indagata.

Stando ai carabinieri del Ros e alla polizia valutaria della Guardia di Finanza, lo Stato avrebbe subito un danno per oltre 365milioni di euro derivanti dal mancato versamento dell'Iva, attraverso l'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti per più di 1.800.000.000 euro da parte delle società di telecomunicazione, che hanno ottenuto fittizi crediti Iva, oltre che un utile pari a quasi 96milioni di euro.

(23 febbraio 2010)

domenica 21 febbraio 2010

"Sistema Bertolaso: fare dell’emergenza la norma apre il varco all’illegalità" di Laura Garavini





Per il sottosegretario Bertolaso i giornali e tutti coloro che lo hanno criticato avrebbero gettato fango su tutta l’organizzazione della Protezione Civile. Niente di più sbagliato. Né i giornali, né i magistrati, né l’opposizione hanno danneggiato l’immagine della Protezione Civile. I pm e i giornali non hanno fatto altro che mettere in luce i comportamenti scandalosi di certe persone. Il danno all’immagine della Protezione Civile non lo hanno procurato i pm, né i giornali, e tantomento la opposizione, ma solo ed esclusivamente quei dirigenti ed imprenditori che con nepotismi vergognosi, con regali illeciti, con risate sulla sofferenza delle vittime del terremoto hanno abusato del buon nome della Protezione Civile. Sono loro quelli che hanno preso a calci questo buon nome; sono loro che hanno sporcato il lavoro di decine di migliaia di brave donne e bravi uomini che danno l’anima per aiutare, in situazioni di emergenza e che rappresentano una parte preziosissima del nostro paese, ricevendo tutta la nostra stima, in passato, oggi ed in futuro.

E la responsabilità oggettiva – indipendentemente da presunti sbagli personali – la responsabilità oggettiva per ciò che succede in questi giorni alla rinomatissima Protezione Civile è di chi sta guidando questa organizzazione con poteri assoluti, cioè dello stesso sottosegretario Bertolaso.

I problemi con cui abbiamo a che fare in questo scandalo hanno come nocciolo un problema strutturale. Un problema che noi dell´opposizione abbiamo portato in aula già due settimane fa denunciando un sistema del tipo: "tutta emergenza – niente controllo".
A nome del Pd 14 giorni fa ho rivolto un’interpellanza urgente al sottosegretario Bertolaso che lamentava proprio i rischi che corriamo in un sistema che ha tutti i poteri e non deve sottoporsi a nessun controllo. Avevamo denunciato il problema delle infiltrazioni mafiose negli appalti in Abruzzo gestiti dalla Protezione Civile – un altro esempio della deriva a cui può condurre un sistema senza controllo.

Di questo si parla troppo poco in questi giorni, ma il sistema Bertolaso ha portato anche a questo. Le forze dell’ordine hanno denunciato in Abruzzo diverse irregolarità nell´assegnazione di numerosi appalti da parte del vertice della Protezione Civile nella ricostruzione dell´Aquila. Grazie a queste irregolarità, diverse centinaia di migliaia di Euro sono stati assegnati in subappalto ad aziende mafiose. La dimostrazione lampante che l´emergenza è il terreno migliore su cui prolifera la speculazione, la furbizia, l´interesse della criminalità organizzata.

Sappiamo, nero su bianco, che per almeno 132 aziende, costruttrici del progetto Case, le forze dell´ordine hanno accertato il reato di `subappalto non autorizzato`. La Protezione civile, infatti, non ha adempiuto ai propri obblighi di controllo delle ditte subappaltatrici e di successiva autorizzazione dell´inizio dei lavori. E come se ciò non bastasse: La Protezione Civile ha cercato di sottrarsi ad ogni denuncia trincerandosi dietro un´ordinanza (12.11.09) retroattiva con la quale ha cercato di nascondere le sue inadempienze.

A seguito degli accertamenti fatti dalle forze dell´ordine, 6 aziende sono state segnalate all´autorità giudiziaria. Ad una di esse è già stato ritirato il certificato antimafia e le è stato revocato il subappalto. Nota bene: La metà (!) dei suoi dipendenti risultava infatti avere precedenti penali!. In un´altra azienda il titolare è risultato essere socio di personaggi riconducibili a Cosa nostra.

L´assenza dei doverosi controlli da parte della Protezione Civile ha dunque favorito, contrariamente a quanto dichiarato nei giorni scorsi da Gianni Letta, l´infiltrazione della malavita nella ricostruzione post terremoto in Abruzzo.

E´ un esempio. Ma un esempio reale, di che cosa possa significare creare un sistema che fa dell´emergenza la regola, che butta alle ortiche ogni forma di controllo e di vincolo, e impone un regime autoritario a colpi di ordinanze, su ogni cosa.

Le vicende che sono venute alla luce attraverso lo scandalo degli ultimi giorni rivela come sia stato un errore, negli ultimi anni, attribuire alla Protezione civile l´organizzazione di tutta una serie di avvenimenti che nulla più avevano a che fare con l`emergenza. Non più solo terremoti, alluvioni, slavine, disastri naturali, ma eventi di ogni tipo: dal G8 della Maddalena alle Olimpiadi invernali di Torino, dai Mondiali di Nuoto al 150° anniversario dell´Unitá d´Italia, dalla canonizzazione di Padre Pio alla beatificazione di Madre Teresa di Calcutta, dal Semestre di presidenza italiana alla Unione Europea all´Expo 2015.

Tutto all´insegna dell´emergenza, tutto nelle mani della Protezione civile, messa nelle condizioni di potere operare in deroga ai piani regolatori, alle norme di trasparenza degli appalti, alle leggi di tutela ambientale, paesaggistico, archeologico. Un potere enorme, svincolato da ogni controllo.

Ecco perché ci siamo battuti per evitare la creazione di una Protezione civile Spa. Proprio lo scandalo dei giorni scorsi ci ha fatto vedere quali danni possono venire fatti se si attribuisce troppo potere ad una struttura che non soggiace a nessun controllo e che può arrivare velocemente ad abusare del proprio potere: appalti assegnati agli amici degli amici, costi raddoppiati o enormemente gonfiati, intreccio di interessi pubblici e familiari, fragilità rispetto a infiltrazioni malavitose. In poche parole: la degenerazione più assoluta.

Secondo noi invece la protezione civile deve tornare ad occuparsi solo di emergenza. Gli interventi e gli aiuti in caso di emergenza devono essere garantiti da un servizio pubblico che non soggiace a interessi di parte. E le deroghe di cui può usufruire questo servizio pubblico nell´affrontare calamitá emergenziali devono essere verificabili/controllabili. Solo così si possono evitare derive vergognose come quelle di cui abbiamo dovuto sentire nei giorni scorsi.

*Capogruppo del PD in Commissione antimafia


pubblicato su http://www.articolo21.org

mercoledì 17 febbraio 2010

PD e SeL sul patto civico " Ampio Coinvolgimento di Tutti"

Dichiarazione di
Giuseppe Germani – Capogruppo PD Comune di Orvieto
Evasio Gialletti – Capogruppo Socialisti, Sinistra e libertà Comune di Orvieto

"Con il consiglio comunale del 15 febbraio, si è conclusa definitivamente la campagna elettorale e finalmente si è tirata una linea di demarcazione fra la vecchia e la nuova consigliatura.
Quanti in queste ore gridano all’inciucio non hanno compreso a pieno le difficoltà della nostra città, che sono poi le stesse del paese, che risente della crisi globale.
La fase odierna della crisi è quella che si ripercuote direttamente sull’occupazione, quindi, la più sentita a livello della popolazione.
Turismo, Commercio, Agricoltura, Artigianato e Servizi,a tutti i livelli, hanno visto in questi mesi un drastico ridimensionamento delle attività e dei flussi economici anche ad Orvieto.

Secondo diverse stime, nel nostro territorio, sono a rischio 300/400 posti di lavoro, che sommati alle difficoltà occupazionali già esistenti, rendono molto bene l’idea dell’entità della crisi stessa.

Naturalmente, oggi come ieri, tali difficoltà non possono essere risolte dall’amministrazione Comunale, ma, sicuramente, la massima assise cittadina deve dare un messaggio responsabile di sostegno, coesione ed impegno comune.

Gli accordi raggiunti non annullano le differenze tra le forze politiche, nè cancellano le esperienze del passato, ma, permetteranno a tutti i cittadini di verificare concretamente quali siano le proposte messe in campo al fine di dare un contributo per uscire con dignità dalla crisi.

Con le deliberazioni dell’ultimo Consiglio Comunale, sono stati creati dei percorsi, per l’attuazione di quanto affermato dai gruppi Consiliari del centro sinistra.

Infatti, sin dal 9 dicembre 2009, con la presentazione del documento da parte del Partito Democratico, con il quale si invitavano le forze responsabilmente collaborative della città a compiere uno scatto in avanti, si chiedeva un impegno formale, al fine di ridurre gli effetti della crisi investendo sulle risorse presenti nel territoriovalorizzandone gli assetti .

A Dicembre come Centro Sinistra proponemmo un’idea diversa di sviluppo che mettesse al centro i beni primari.

CLIMA

Ponendo come priorità nuove politiche energetiche atte a sostituire le fonti fossili tradizionali con sole, vento e biogas

ACQUA

Salvaguardia e tutela del bene primario ed irrinunciabile riducendo gli sprechi e differenziandone l’uso

FORESTE

Presa di coscienza che il nostro territorio ospita la più imponente e consistente Foresta Regionale (Monte Peglia e Selva di Meana) che può diventare una risorsa strategica in tempi di certificati verdi


CULTURA CONTADINA E ARTIGIANALE

Sapere, saper fare e saper essere: sono e dovranno essere alla base del Made Italy.
L’Italia, l’Umbria ed Orvieto hanno una tradizione contadina che nell’ambito dei Saperi ha sviluppato grandi capacità artigianali, si deve ripartire da qui, valorizzando l’attuale per progettare il futuro su quello che storicamente sono i nostri saperi e le nostre competenze.
Solamente così, con un nuovo progetto di valorizzazione sarà possibile la realizzazione ed un utilizzo ottimale degli spazi presenti nella città ed ancora in attesa di destinazione come ad esempio la caserma Piave.


E’ in quella sede che lanciammo l’idea dei distretti per cooperare e per competere

DISTRETTO Artigianale e Agricolo

DISTRETTO Culturale

DISTRETTO delle Energie Alternative

DISTRETTO delle Foreste e del Paesaggio

Questi nuovi strumenti dovranno essere propedeutici alla realizzazione di un reale partenariato e una gestione paritaria tra pubblico e privato.

Occorre quindi, ai fronte di questa ed altre idee, mettere a leva le forze sane della nostra città, utilizzando al meglio ciò che il lavoro e la creatività degli orvietani hanno prodotto nel tempo e che rappresentano il capitale primario di Orvieto.

Oltre al Consiglio Comunale, sede istituzionale per decidere quanto d’interesse per Orvieto, si rende necessario il confronto con tutto il mondo dell’associazionismo, delle categorie imprenditoriali, dei sindacati, la Fondazione Opera del Duomo, la Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto,la Fondazione Faina, gli Istituti di Credito , le associazioni ed istituzioni culturali, i portali, le radio , le tv e i giornali locali.

Alla luce di quanto sopra affermato, perché non realizzare anche ad Orvieto ( sulla scia di quanto realizzato recentemente a Perugia), un Consiglio Grande, ovvero un luogo nel quale le forze vive della città si possano confrontare e dove liberare le migliori idee ed energie.

domenica 14 febbraio 2010

Draghi: Fassina, "Inazione Governo aggrava problemi"




"Intervenire su potere acquisto famiglie per aiutare occupazione".

"Draghi ha messo in evidenza il circolo vizioso nel quale siamo presi: se non interveniamo sul potere d'acquisto delle famiglie, l'occupazione non riprende e, quindi, non si materializzano le aspettative di crescita, pur modeste, per il 2010. I vincoli di finanza pubblica non solo non giustificano l'inazione, ma proprio nell'inazione della politica economica rischiano di saltare".

Lo afferma Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro del Pd, commentando le parole di Mario Draghi.

"Continuare a ridimensionare i problemi del Paese, li aggrava. E' prioritario riformare gli ammortizzatori sociali per dare reddito e formazione effettiva ai circa 250.000 lavoratori e lavoratrici con meno di 40 anni che hanno perso lavori precari e non hanno alcuna indennità di disoccupazione".
"Inoltre, - conclude Fassina – vanno allentati i vincoli per gli investimenti degli enti locali. Sono misure una tantum, sostengono l'economia reale e migliorano gli equilibri strutturali della finanza pubblica".

lunedì 8 febbraio 2010

Nota del Partito Democratico di Orvieto sulle dichiarazioni del Sindaco Concina in Consiglio Comunale l'8 febbraio




Spiace dover notevolmente ridimensionare la portata dell'annuncio del Sindaco Concina il quale, durante il consiglio comunale di lunedì 8 febbraio, ha dato per definito l'accordo con il Partito Democratico sui temi del bilancio e del "patto con Roma". Probabilmente, il sindaco si è fatto prendere la mano dalla retorica e ha trasformato la disponibilità del PD a ragionare su questi due temi (posizione arcinota e ripetuta sino alla noia) in un contratto già sottoscritto. Non è così.
Non vorremmo che il pur necessario confronto tra le forze politiche serva da canovaccio ad una "commedia degli equivoci" in cui si perde tempo e non si conclude nulla.

È questo il tempo della responsabilità e della trasparenza. Tra pochi giorni, il Partito Democratico riunirà il coordinamento comunale per presentare sia le proprie proposte in merito al "patto con Roma" sia le proprie idee circa il percorso che porterà all'approvazione del bilancio 2010. Si tratta di temi che meritano un ragionamento più ponderato e un'ampia condivisione. Dalla discussione fatta in quella sede verranno infine stabiliti gli orientamenti politici del PD.

Le "politiche dell'annuncio", come quelle esibite recentemente dal primo cittadino, servono solo ad alzar polvere. Il Sindaco ci dica piuttosto se la sua amministrazione ce la fa a costruire un'ipotesi di bilancio attorno a cui discutere alla luce del sole, nella trasparenza di un dibattito pubblico che riguarda tutta la città. Ripetiamo quindi a futura memoria: la disponibilità del PD non è una delega in bianco né può essere oggetto di una reiterata strumentalizzazione . Il sindaco ci dica cosa vuol fare e noi ragioneremo con lui con responsabilità e lealtà. Ma non ci chieda di essere comprimari di un'inutile balletto mentre la città sta soffrendo la mancanza di progetto e di governo.

Infine, non si provi a costruire equazioni false che tengono insieme "patto con Roma" e approvazione della parte operativa del Piano Regolatore Generale, quasi a suggerire scambi e intese sotterranee. La decisione di portare all'approvazione del consiglio il PRGO è da attribuire infatti alla Giunta e al Sindaco.
Grande è la confusione sotto il cielo... ritirato per la seconda volta il PRG.O. Bene comune o bene di sé?

domenica 7 febbraio 2010

PRIMARIE UMBRE , vince Catiuscia Marini




TOTALE PRIMARIE UMBRIA ( dati quasi definitivi)
Votanti 53.000
Catiuscia Marini 29.000
Giampiero Bocci 24.000


PROVINCIA DI PERUGIA
Parziali Comune di Perugia ( 43 sezioni su 47)
Marini 4288
Bocci 3997
TODI Marini 1600, Bocci 150
Cartiglio del Lago Marini 620, Bocci 205
Gubbio : Bocci 934 , Marini 258.
Massa Martana: MARINI 140; BOCCI 183
Spello: MARINI 342; BOCCI 309
CORCIANO: MARINI 406; BOCCI 320
Monte Castello Vibio: MARINI 95; BOCCI 18
Passignano: MARINI 147 BOCCI 69
CITTA' DELLA PIEVE: MARINI 282; BOCCI 76
CITERNA: MARINI 105; BOCCI 30
TUORO: MARINI 109; BOCCI 34
MAGIONE: MARINI 491; BOCCI 125
NOCERA UMBRA: MARINI 246; BOCCI 205
UMBERTIDE: MARINI 1648; BOCCI 590
MARSCIANO: MARINI 1222; BOCCI 310
DERUTA: MARINI 345; BOCCI 105
TORGIANO: MARINI 243; BOCCI 149
PIETRALUNGA: MARINI 37; BOCCI 63
SCHEGGINO: MARINI 45; BOCCI 35
Città di Castello : Marini 1819, Bocci 569
S.Giustino : Marini 228, Bocci 133
Spoleto : 2934 Bocci, Marini 344
Foligno : 2551 Bocci, Marini 1641
Città di Castello : 1900 Marini, 1300
Umbertide : Marini 1640, Bocci 590







DATO DEFINITIVO TOTALE PROVINCIA DI TERNI
MARINI 7003; BOCCI 3977

Terni città DATO DEFINITIVO TOTALE: Votanti: 3881 Bianche: 23 Nulle: 18
Bocci 1235 (33%) - Marini 2605 (67%)


PRIMARIE IN UMBRIA Comune di Castelgiorgio Marini 73- Bocci 62-
PRIMARIE IN UMBRIA Comune di Orvieto Marini 839 (63%), Bocci 490 (37%)
PRIMARIE IN UMBRIA Comune di CastelViscardo Marini 318- Bocci 131- Bianca 1-
PRIMARIE IN UMBRIA Comune di Allerona Marini 134- Bocci 50- nulle 1-
PRIMARIE IN UMBRIA Comune di Parrano Marini 75- Bocci 9-
PRIMARIE IN UMBRIA Comune di Narni Marini 513, Bocci 331
PRIMARIE IN UMBRIA Comune di Amelia Marini 349, Bocci 194
PRIMARIE IN UMBRIA Comune di Avigliano Umbro Marini 66 Bocci 9
PRIMARIE IN UMBRIA Comune di Acquasparta Marini 210. Bocci 40





circolo pd VOTANTI 2010 BOCCI % MARINi% TOT.VAL.
BIANCHE NULLE
ORVIETO CENTRO 251 132 53,66 114 46,34 246 1 4
ORVIETO SCALO 195 84 43,08 111 56,92 195
SUGANO 82 15 18,29 67 81,71 82
CICONIA 427 204 48,23 219 51,77 423 4
CANALE 58 5 8,62 53 91,38 58
SFERRACAVALLO 326 50 15,38 275 84,62 325 1
totale Orvieto 1339 490 36,87 839 63,13 1329

ALLERONA 185 50 27,17 134 72,83 184 1
FICULLE 150 28 18,67 122 81,33 150
MONTELEONE 30 5 17,24 24 82,76 29 1
CASTELGIORGIO 135 62 45,93 73 54,07 135
CASTELVISCARDO 450 131 29,18 318 70,82 449 1
FABRO 240 20 8,33 220 91,67 240
BASCHI 93 11 11,83 82 88,17 93
CIVITELLA 114 35 30,70 79 69,30 114
PARRANO 84 9 10,71 75 89,29 84
SAN VENANZO 178 14 7,91 163 92,09 177 1
MONTECCHIO 210 138 66,67 69 33,33 207 3
PORANO 77 11 14,29 66 85,71 77
MONTEGABBIONE 98 25 25,51 73 74,49 98
TOTALE COMPRENSORIO 3383 1029 30,57 2337 69,43 3366 4 13

sabato 6 febbraio 2010

ACEA: MARRONI (PD), CONTRARI A PRIVATIZZAZIONE ACQUA. SINDACO EVITI DICHIARAZIONI CHE POSSANO AVERE RIPERCUSSIONI IN BORSA




"È preoccupante quanto affermato dall'Assessore Leo sulla privatizzazione di Acea. Nel Consiglio Comunale straordinario di giovedì prossimo, da noi richiesto, il Pd capitolino ribadirà la sua netta contrarietà alla privatizzazione di Acea e dell'acqua". È quanto ha dichiarato Umberto Marroni, capogruppo capitolino del Pd.

"Il decreto Ronchi,peraltro più volte modificato, prevede la cessione del 21% delle quote entro il 2015 - ha ricordato - Non si capisce quindi la fretta con la quale il sindaco Alemanno, l'assessore Leo e la candidata della destra alla Regione Lazio Renata Polverini, che probabilmente non sa neanche bene di cosa sta parlando, stiano preannunciando in queste giorni un processo di vendita della utility romana".

"Processo di vendita - ha proseguito Marroni - che riguarderà, nel caso non scontato che non ci siano ulteriori modifiche alla legislazione vigente, l'amministrazione comunale che si insedierà dopo il 2013. Chiedo infine al sindaco e alla giunta Alemanno di evitare dichiarazioni confuse e ambigue che possono avere inevitabili ripercussioni sul titolo di borsa della più importante azienda romana - ha concluso - che non è di proprietà della maggioranza che governa Roma ma dei cittadini".

BERSANI, NEL PARTITO CI SONO ANARCHISMO E FEUDALIZZAZIONE



"La vicenda delle regionali ha fatto emergere un po' di nodi al pettine di quello che siamo. Non va data la colpa al bambino ma ai genitori". Il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, intervenendo all'assemblea degli ecologisti del suo ...partito, parla delle divisioni nel centrosinistra."Insomma abbiamo fatto un bambino con meccanismi di anarchismo o microfeudalizzazione trascurando il fatto che senza meccanismi di coesione nessuna associazione può esistere" afferma Bersani."Dopo le regionali ragioneremo insieme su quello che non va. Ma serve anche un po' di fiducia perché non siamo messi così male come qualcuno dice" sottolinea il .segretario dei democratici."La missione è costruire l'alternanza" e "se non hai un'altra proposta è difficile che Berlusconi prenda e faccia le valigie" conclude Bersani

mercoledì 3 febbraio 2010

Storia 1: Haiti va aiutata o annessa? - Editoriale di Gianni Minà




A meno di 24 ore dalla catastrofe che ha disintegrato la già poverissima isola caraibica di colonizzazione francese, i 344 medici e specialisti della salute cubani che, in 227 dei 337 comuni del paese aiutano e curano da tempo, quotidianamente, quella martoriata umanità, erano già intervenuti in più di mille emergenze. Solo tre di loro erano feriti. Nello stesso frangente stava già arrivando a Port au Prince, con due ospedali da campo che si sarebbero collocati a fianco degli ospedali pubblici crollati, un altro gruppo di volontari, che avrebbe portato a circa mille il numero dei cooperanti cubani del settore della salute.

A questo dato bisogna aggiungere che non meno di 400 giovani haitiani, negli ultimi anni, si sono formati come medici a Cuba, specie nella Scuola di Medicina Latinoamericana, nata dieci anni fa dopo che il terribile uragano Mitch aveva devastato tutte le repubbliche del Centroamerica [Guatemala, Belize, Nicaragua, Salvador, Honduras, Costarica e Panama] terre di miseria, dove i dottori ci sono --quando ci sono- nelle città, ma scarseggiano nelle campagne perché i contadini non hanno niente per pagarli.

Lo ricordava con orgoglio Fidel Castro sul /Granma/, in una delle sue "Riflessioni", che pubblichiamo in questo numero di /Latinoamerica/.

I dati che abbiamo fornito. e che sono insmentibili, stridono sorprendentemente, però, con le notizie che si susseguono mentre scrivo questo articolo e che segnalano come gli Stati Uniti, nelle stesse ore, stiano invece inviando oltre 10mila marines [più di quanti abbiano fatto recentemente per l'Afghanistan] un contingente che, a breve, potrebbe addirittura raddoppiarsi. Perché questa differenza di approccio?

Speriamo di sbagliarci, ma abbiamo l'impressione che la difesa del poco che è rimasto in piedi, quasi sempre nei quartieri dei più abbienti, sia per Washington una priorità, rispetto alla possibilità di salvare vite umane, feriti e persone che sono rimaste senza nulla, al massimo con quello che hanno addosso, calcinacci compresi.

Insomma, come successe per New Orleans, sembra quasi che il crudele destino di Haiti abbia portato con sé, oltre alla sciagura, anche la non trascurabile possibilità, una volta sgomberate le macerie, di creare un bel business. Forse ora, nell'era di Obama, si eviterà di favorire la mitica Halliburton, per la quale si spendeva l'ex vicepresidente Usa Dick Cheney e che attualmente ha, fra i tanti affari, l'appalto miliardario della fornitura di cibo, vestiario e materiali vari all'esercito nordamericano in Iraq e in Afghanistan. Ma il progetto è già all'orizzonte.

Non è un pregiudizio. Basta pensare che il Fondo Monetario Internazionale, uno degli enti responsabili della miseria della maggior parte dell'umanità, già giovedì 14, due giorni dopo la catastrofe, ha trionfalmente annunciato un nuovo prestito di 100 milioni di dollari per Haiti, che nasconde il solito saccheggio dei paesi poveri e disperati. Per questo /The Nation/, la rivista progressista di geopolitica più prestigiosa d'America, ha raccontato la nuova elargizione con queste parole: "Da una parte il prestito sarebbe una buona cosa: Haiti è allo stremo è ha bisogno di una massiccia infusione di denaro. Ma il prestito è stato concesso solo mediante l'estensione del credito di Haiti, che già deve al Fmi 165milioni di dollari, e con delle condizioni imposte, fra cui l'aumento delle tariffe elettriche, il divieto di aumento dei salari degli impiegati pubblici e l'impegno a tenere bassa l'inflazione".

In altre parole, proprio alla faccia di quest'ultima tragedia, il Fmi sta di nuovo usando disastri e debiti come leve per spingere ancora una volta un paese stremato verso le consuete, crudeli e perdenti riforme neoliberiste.

Ci vuole un stomaco davvero forte per affrontare tragedie umane con questo cinismo, e ti domandi con quale sconsideratezza i media del mondo che viviamo, anche quelli si dichiarano ancora di sinistra, affrontano il problema dei diritti violati dei popoli, stigmatizzando, proprio in America latina, Cuba o il Venezuela, se poi sono queste realtà politiche, certo non prive di errori e contraddizioni, ad affrontare in modo umano e realista i disastri dei pueblos hermanos rimasti prigionieri delle logiche economiche di quei paesi forti che giurano di portare nel mondo la democrazia e la libertà e poi sono pronti a sfruttare senza ritegno qualunque tragedia dei poveri.

Non a caso, sempre /the Nation/, spiega: "La vulnerabilità di Haiti ai disastri naturali, la sua carenza alimentare, la miseria, la deforestazione e la sua mancanza di infrastrutture non sono accidentali. Dire che Haiti è la nazione più povera dell'emisfero occidentale è un'imprecisione: Haiti è stata resa la più povera. Dalla Francia, dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, da altre potenze occidentali e da organismi come il Fondo Monetario e la Banca Mondiale."

Se il quadro è questo, con quale coraggio anche l'America di Obama tiene sotto schiaffo per esempio Cuba, non solo pronta a "esportare" in tutti i Sud del mondo un'eccellenza sanitaria forte di 70mila medici, ma capace perfino, in questi giorni amari in cui si temeva uno tsunami nei Caraibi, di mettere in sicurezza, in un'ora, i 30mila abitanti della zona di Baracoa, quella di fronte ad Haiti?

Questo modo di agire si chiama rispetto dei diritti umani delle persone. La nostra informazione, però, non se n'è accorta, anche se tutte le notizie che ho messo in fila in quest'articolo sono in Rete. Forse perché qui non erano in campo le aspirazioni e le esigenze di Yoani Sánchez, la bloguera soldatessa della cyberguerra che gli Stati Uniti, dai tempi di Rumsfeld, continuano a fare a Cuba anche dopo l'elezione del nuovo Presidente, deludendo tante speranze e contraddicendo tante promesse di cambio.

Perché, insomma, il mondo che cerca un futuro dovrebbe sposare il neoliberismo caro alle scelte di tutte le amministrazioni Usa, se poi quando il destino disperde in un attimo un popolo, come nel caso di Haiti, è Cuba, anomala, diversa, "stato canaglia" [come l'ha confermata nell'elenco dei cattivi anche Obama], a essere in grado di portare un aiuto immediato, concreto sul campo e non la Colombia, il Perù o il Messico, gli stati vassalli, fedeli all'Alca, il trattato di libero commercio con Washington?

Cuba, per esempio, dopo 50 anni di assedio ha aperto il suo spazio aereo al transito dei voli umanitari provenienti dagli Stati Uniti per favorire le operazioni di soccorso. I marines Usa, invece, sono entrati quasi subito in urto con Francia e Brasile, cioè con Medici senza Frontiere e con il contingente Onu a maggioranza del governo di Brasilia, per la gestione molto personale che facevano dell'aeroporto di Port au Prince. Una gestione che ha fatto dirottare l'aereo di MsF con due ospedali da campo a bordo, all'aeroporto di Santo Domingo perché bisognava aspettare l'arrivo di Hillary Clinton.

Forse è solo una questione di ruolo, un grande paese come gli Stati Uniti non può permettersi di intervenire in un disastro naturale senza pensare agli sviluppi politici, economici e strategici che quella tragedia porterà. Così, come ha scritto Tommaso Di Francesco sul /manifesto/ del 17 gennaio, ancor prima del personale sanitario, per gli Usa è conveniente mandare i marines.

Bene o male, in questa America latina da qualche tempo insofferente e indisciplinata alle vecchie regole dell'Impero, l'antica Hispaniola sta a metà strada tra Cuba e Venezuela, e farsi sfuggire l'occasione di allestire magari una base militare in quella terra ora così bisognosa di tutto, sarebbe, per l'apparato del Pentagono, una distrazione imperdonabile.

Poi, per la copertina, si convocano due ex presidenti per la raccolta fondi. Peccato che tanto Clinton quanto Bush jr non abbiano precedenti positivi sul tema. Il primo, democratico, è stato protagonista delle sconfitte politiche di Washington nella gestione della crisi haitiana nel 1994. Il secondo, Bush jr. repubblicano, sotto la cui presidenza New Orleans fu cancellata dall'uragano Katrina ma più ancora dalla totale incapacità del suo governo, prima di proteggere la città del jazz, poi di soccorrerla e infine di farla rinascere.

Ma i media italiani hanno ben altro a cui pensare: le prossime elezioni regionali, con chi andrà Casini, la riabilitazione di Craxi, l'inquietante riforma della giustizia, o il deputato leghista che si scandalizza per alcune pagine del Diario di Anna Frank. Il pubblico non deve sapere né capire cosa succede nel mondo. I buoni sono sempre gli stessi, e i cattivi anche, malgrado i fatti smentiscano questi schemi.

Perché l'etica, la verità dell'informazione è un'esigenza ormai svalutata. Se non ci credete ancora, leggete quest'altra storia.

Storia 2: i contractors sono mercenari?

Un giudice federale di Washington, Ricardo Urbina, ha rifiutato l'incriminazione per strage di alcuni mercenari nordamericani, dipendenti della famigerata Blackwater, accusati di aver ucciso, senza motivo, 17 civili iracheni a Baghdad nel 2007. Le ragioni con cui Urbina ha motivato la sua decisione sono una vera e propria caricatura del garantismo più estremo e capzioso: gli investigatori e i procuratori che hanno indagato sull'eccidio "nel loro zelo di portare prove, hanno cercato aggressivamente dichiarazioni subito dopo la sparatoria e nelle indagini successive". E non è tutto. Il giudice Urbina sostiene che, nel fare questo lavoro "la squadra di inquirenti del governo di Washington ha ripetutamente trascurato gli avvertimenti di esperti e procuratori anziani assegnati specificamente al caso per consigliarli", con tanti saluti all'autonomia degli stessi inquirenti. E questo perché, secondo lui, avrebbero utilizzato per l'accusa dichiarazioni che gli indagati avevano reso sotto la minaccia di essere licenziati e con la promessa che non sarebbero state usate in tribunale.

Così, basandosi su questo fondamento giuridico scovato chissà dove, Urbina ha evitato ai cinque un processo per strage, rifiutandosi, in definitiva, di "giustificare la sconsiderata violazione dei diritti costituzionali degli imputati come un innocuo errore". Dello sconsiderato eccidio di donne, vecchi e bambini compiuto a Nisour Square il 16 settembre 2007 dai cinque mercenari della Blackwater, facenti parte della scorta a un convoglio che stava evacuando funzionari americani dopo un attentato, a lui invece non è importato nulla, né come giudice né come essere umano.

Per Ricardo Urbina, campione della giustizia della democrazia nordamericana, non è importante sapere perché a un incrocio trafficato i cinque contractors individuati -ma anche altri non identificati- abbiano cominciato a sparare a man salva sulla folla. Senza nessuna ragione, secondo l'accusa, in risposta invece a un attacco, secondo la difesa.

Ma grazie alla linea scelta da Urbina, senza nessun rispetto per l'etica e il diritto di tutti, non solo dei mercenari, non lo sapremo mai e l'eccidio di Nisour Square sarà solo uno dei tanti "effetti collaterali" o uno dei tanti "tragici errori" di una guerra senza senso e senza motivazioni, se non quella squallida del controllo di paesi scomodi ma con fonti di energia.

Cosa sono, in fondo, diciassette civili iracheni uccisi e senza giustizia? Come ha scritto qualcuno, "una goccia trascurabile nel mare dei caduti sulla strada della democrazia". Quello che più colpisce, semmai, è proprio l'affermazione che le vittime civili siano il prezzo pagato al ristabilimento della democrazia. Di quale democrazia stiamo parlando se, per esempio, in Afghanistan, per un'altra guerra senza fine in una terra che è già stata una trappola fatale per Gran Bretagna e Unione Sovietica, attualmente sono in campo più contractors [104mila] che soldati dell'esercito Usa e del contingente Nato [circa 100mila]?

Quale morale crediamo di esportare se la guerra, specie quella sporca, la fanno i mercenari, senza alcuna regola? Una volta la guerra veniva dichiarata, con ambasciatori. Non è che fosse più nobile o accettabile di quelle che si fanno adesso, senza alcuna dichiarazione. Ma almeno la combattevano gli eserciti e soltanto gli eserciti. Adesso i conflitti si fanno per procura e le cose più abominevoli, dalle stragi di civili, alle torture ai prigionieri, alla protezione dei presunti uomini d'affari che vanno nei teatri di guerra per rapinare le ricchezze di un popolo o di una nazione, sono appaltate alle confraternite della violenza, chiamate agenzie di sicurezza, in realtà veri e propri eserciti privati che non rispettano nessuna regola e nessuna legge.

Forse è per questo che da noi tali combattenti, a 15mila dollari al mese, li chiamano contractors e non mercenari, per quell'ipocrisia delle parole per cui la guerra in Afghanistan, che dura da 9 anni, si chiama "operazione libertà duratura".

Di questo uso spregiudicato e fuorviante delle parole si rallegrava, invece, recentemente, il /Corriere della Sera/, commentando l'archiviazione dell'indagine riguardante Paolo Simeone e Valeria Castellani, proprietari della Intersos, un'agenzia di sicurezza italiana, che aveva ingaggiato, per alcune operazioni in Iraq, quattro italiani, Quattrocchi, Stefio, Agliana e Cupertino. I quattro, però, erano stati catturati nell'aprile del 2004 dalle Brigate Verdi, una delle fazioni della resistenza irachena e Quattrocchi [non è stato ancora chiarito perché] era stato fucilato dopo pochi giorni.

Era morto con grande dignità. "Vi faccio vedere come muore un italiano", aveva detto prima dell'esecuzione davanti a una telecamera, e il suo comportamento orgoglioso aveva colpito l'opinione pubblica tanto che ben due procure, quella di Genova e quella di Bari, avevano aperto un indagine in base all'articolo 288 del codice penale che punisce "l'arruolamento o l'armamento non autorizzato al servizio di uno Stato estero", per scoprire in che modo Quattrocchi e i suoi compagni erano stati arruolati, e per quale lavoro.

Ora il giudice per le indagini preliminari di Genova, su richiesta del pubblico ministero Francesca Nanni, ha deciso l'archiviazione dichiarandosi convinta che i quattro contractors italiani svolgevano in Iraq attività di security, di guardia del corpo e non partecipavano, invece a "incursioni dirette a mutare l'ordine costituzionale di un paese". Non erano quindi, a suo giudizio, dei mercenari, ma solo dei bodyguards.

È difficile stabilire se l'interpretazione corretta di questa storia è quella della procura di Genova e non quella della procura di Bari, che invece continua a indagare su Salvatore Stefio e sul suo socio Giampiero Spinelli, accusati di aver violato lo stesso articolo del codice, quello riguardante l'ingaggio di persone per andare a fare una guerra su commissione, per il quale sono stati assolti i proprietari dell'agenzia Intersos.

Certo, ci vuole un bel coraggio per arrivare alla conclusione, come ha fatto il /Corriere della Sera/, che, dopo questo verdetto, andare a fare il contractor in Iraq sia un lavoro leggittimo, pulito, per costruirsi un avvenire e una famiglia, non importa se sulla pelle di un popolo. E quindi è normale che qualcuno voglia dedicare una strada a Quattrocchi.

Perché anche chi prende 15mila euro al mese per fare il guardiaspalla -e non il mercenario come quelli di Blackwater, che invece non si vergognano per niente di questa definizione- dovrebbe domandarsi cosa ci fa in un paese dove servono decine di migliaia di bodyguards per proteggere un esercito mandato in teoria per ristabilire la democrazia, o per scortare dei manager venuti per avviare la ricostruzione di un paese che invece saccheggiano.

Per questo sono sconcertato quando apprendo che solo il 30 dicembre scorso, nell'attacco suicida del terrorista giordano Humam al-Balawi nella base Usa di Camp Chapman a Khost, sul confine fra Afghanistan e Pakistan nella zona dove teoricamente si nasconde bin Laden, fra le sette vittime nordamericane, tutti agenti della Cia, c'erano anche due contractors della Xe, come ora si chiama la famigerata Blackwater, Dane Paresi e l'ex membro dei corpi speciali della Marina Usa Jeremy Wise.

Lascia basiti non solo il fatto che, dopo nove anni di guerra, i talebani siano ancora in grado di colpire al cuore l'intelligence nordamericana e decapitare l'avamposto Cia più sofisticato nel loro territorio, ma anche che, dopo tutte le smentite di Leon Panetta, direttore della Cia, sul livello di collaborazione ancora in piedi con gli impresentabili guerrieri a gettone di Xe-Blackwater, i drammatici risultati dell'attentato rivelino che il Dipartimento di Stato e il Pentagono si avvalgono ancora di questi assassini e torturatori e non per azioni superficiali.

"A oggi, Blackwater non è coinvolta in nessuna nostra operazione in ruoli che non siano di sicurezza o supporto" aveva dichiarato ufficialmente il portavoce della Cia, George Little, lo scorso 11 dicembre. E, prima di lui, il direttore Panetta, a giugno aveva dichiarato davanti al Congresso che la Cia aveva cancellato tutti i piani di assassini mirati in cui era coinvolto personale Blackwater.

Non sono le bugie che lasciano perplessi, ma la convinzione che la guerra nel tempo che viviamo debba essere per forza "sporca" e vada condotta senza alcun ritegno, magari, per salvare la faccia, appaltandola a professionisti dei crimini di guerra. Nella maggior parte è questo il mestiere del contractor.

Non sorprende quindi che sempre /the Nation/, così come fece per i tremila cittadini americani di religione musulmana "desaparecidos" qualche anno fa per le leggi antiterrorismo varate da Bush jr dopo l'11 settembre 2001, abbia messo sotto tiro la Blackwater e tutte le sue vecchie e nuove imprese e stia conducendo una puntuale indagine sul modo disinvolto di condurre le guerre in Afghanistan e Iraq anche nell'epoca di Obama.

Un dovere al quale, ancora una volta, non hanno sentito di dover ottemperare i media italiani, d'altronde carenti in precisione ed etica per esempio su tutti gli argomenti caldi nel complicato tramonto del 2009 in America latina. Dalle elezioni farsesche in Honduras, al voto dell'Onu --ribadito per la 18esima volta da 187 nazioni- contro l'embargo Usa a Cuba, al trionfo di un ex tupamaro, Pepe Mujica, nelle elezioni presidenziali in Uruguay, e alla conferma di Evo Morales in quelle boliviane dopo che, per anni, la stampa occidentale aveva preannunciato l'imminente fine del suo progetto di società che sogna il buen vivir e il rispetto dei diritti di tutti.

Per parte della stampa occidentale, ma è più giusto dire di quella italiana e spagnola, anche quella che una volta fu progressista, era più pressante dare spazio alla bloguera cubana Yoani Sánchez, anche dopo che era stato provato che le sue tirate contro la Revolución erano trasmesse grazie a un server tedesco che dispone di una banda 60 volte superiore a quella dell'intera rete cubana, e che il suo sforzo, come detto, era solo un segmento della cyberguerra decisa nel 2003 dall'ex ministro della Difesa Usa Donald Rumsfeld, contro Cuba. Non a caso la rivista /Resumen latinoamericano/ l'ha definita "la figlia di Prisa", ricordando che questa nuova strategia della tensione è cominciata con il premio Ortega y Gasset assegnatole un anno fa dal gruppo che edita el País, uno dei quotidiani un tempo progressisti e che, recentemente, ha ceduto parte del suo impero riguardante radio e televisioni locali, che servono nel mondo 30 milioni di utenti, al gruppo Mediaset.

È una questione di sensibilità giornalistica e di morale, sulla quale è inutile dilungarsi ancora.

Su gli spunti che queste due storie portano in superficie e suggeriscono, è basato questo numero 109 della rivista.

Voglio riservare le ultime righe ad Harry Villegas, /Pombo/, uno di cinque compagni sopravvissuti al Che in Bolivia, su cui è uscito recentemente un interessante libro di Roberto Borroni e che mi ha aiutato, con i suoi ricordi, a leggere con più chiarezza il suo paese nel film documentario in due parti /Cuba nell'epoca di Obama/. Un film di prossima uscita nel quale ho tentato di raccontare con onestà Cuba dal di dentro in una stagione di inevitabile cambiamento

lunedì 1 febbraio 2010

Primarie: la lettera di Catiuscia Marini



Sono candidata per la carica di Presidente della Regione alle elezioni primarie del PD. Ho raccolto questa opportunità per interpretare la spinta di tanti cittadini ad aprire in Umbria una fase nuova.

È il tempo di privilegiare una politica aperta alla società, che si interroga sulle incertezze dei nostri tempi, che prova a dare un progetto ai bisogni della comunità fornendo contenuti, programmi e politiche, che offre nuove motivazioni e fiducia alle persone.

La crisi economica e la fase di profondo cambiamento che viviamo richiedono un nuovo ruolo a Istituzioni, imprese, forze sociali, Università e sistema del credito.

Le incertezze del lavoro, i rischi per le aziende, il futuro di ragazzi e ragazze, i mutamenti sociali connessi ai fenomeni demografici e migratori richiedono politiche pubbliche in grado di dare risposte alle forti preoccupazioni di persone, famiglie e imprese.

Serve energia nuova per l’Umbria

Le persone sono al primo posto, ancora una volta, nel mio impegno politico ed istituzionale per il governo dell’Umbria.
Dobbiamo dare opportunità ai giovani nella definizione di percorsi formativi, nella scelta di un lavoro, nella ricerca di stabilità e autonomia dalla famiglia; dobbiamo costruire una nuova agenda sociale che concretizzi l’obiettivo di un welfare di comunità capace di ridurre le disuguaglianze, aggredire le povertà, sostenere le famiglie (non autosufficienza, cura degli anziani e dei bambini, immigrazione, disoccupazione) fondato sulla rete comunitaria di enti locali, imprese sociali, cooperazione e terzo settore; dobbiamo garantire la tutela, la promozione della salute e del benessere, la parità di genere per l’inclusione delle donne in tutti gli ambiti della società.

Per l’Umbria dei prossimi anni dovremo sostenere ed incoraggiare la società e l’economia della conoscenza unita ad un modello di sviluppo sostenibile e duraturo: innovazione, ricerca, qualità ambientale, autonomia energetica e sfida delle energie rinnovabili, creazione di servizi ad elevato livello tecnologico.

La cultura deve essere assunta come modello di sviluppo; le reti e i sistemi delle città, il territorio, l’agricoltura di qualità e lo sviluppo rurale devono essere una priorità di governo.

Lavoriamo per dare forza alle nostre “imprese” e creare nuovo lavoro attraverso processi di integrazione e radicamento, poli di innovazione, politiche industriali a supporto del sistema produttivo umbro, in particolare per le PMI.

L’Umbria, regione europea, sinergica ai territori più dinamici, è in grado di attrarre saperi, conoscenze, risorse ed è aperta alle spinte di innovazione nazionali ed internazionali.

Accetto questa sfida alle Primarie perché mi sento parte di un progetto collettivo: con me ci sono tanti uomini e tante donne delle città umbre che lavorano, amministrano, fanno politica, partecipano alle attività sociali e di volontariato, che sono espressione del mondo produttivo.

Mi accompagnano in questa sfida tanti giovani, tanti cittadini convinti che ci sia bisogno in Umbria di una “nuova energia”. Per dare fiducia e speranza al futuro della Regione.

Sono sicura che, grazie al sostegno di tutti, sia ancora possibile scrivere pagine di bella politica e di buon governo.

Mi serve la vostra fiducia ed il vostro sostegno con il voto alle primarie del 7 febbraio.

Insieme, ce la possiamo fare.


Catiuscia Marini