martedì 27 aprile 2010

27 APRILE 1937 : Dopo undici anni di prigionia fascista muore ANTONIO GRAMSCI



ANTONIO GRAMSCI
Fondatore del Pci morto in prigione

Il 27 aprile 1937, dopo undici anni di prigionia muore Antonio Gramsci fondatore del Partito comunista italiano.
Nato nel 1891 da una famiglia sarda, iniziò a leggere la stampa socialista al liceo Dettori di Cagliari dove partecipò con i suoi compagni alle “battaglie” per l’affermazione del libero pensiero e a discussioni di carattere culturale e politico. Cagliari, in quel tempo, era una cittadina culturalmente vivace, dove si diffusero i primi fermenti sociali che influirono notevolmente sulla sua formazione. Conseguita la licenza liceale, nel 1911 vinse una borsa di studio per l’università di Torino. Si trasferì così in al nord e si iscrive alla facoltà di Lettere, in un periodo di forti agitazioni sociali che alimentano la sua ideologia socialista.
Gli interessi politici lo vedono organizzatore instancabile di numerose iniziative tanto da andare in Russia e sposarsi a Mosca con una violinista di talento che gli darà due figli per i quali, dal carcere italiano di cui in seguito patirà i rigori, scriverà una serie di commoventi favole pubblicate con il titolo «L’albero del riccio».
Nel frattempo si convinse della necessità di dar vita a un partito nuovo, secondo le direttive di scissione già indicate dall’Internazionale comunista. Nel gennaio del 1921 si aprì a Livorno il 17^ congresso nazionale del Psi; le divergenze tra i vari gruppi (massimalisti, riformisti…) inducono l’intellettuale italiano e la minoranza dei comunisti a staccarsi definitivamente dai socialisti. Nello stesso mese di quell’anno nacque il Partito comunista d’Italia di cui Gramsci fu un membro del Comitato centrale.
Nel 1926 venne arrestato dalla polizia fascista nonostante l’immunità parlamentare. Il re e Mussolini, intanto, sciolsero la Camera dei deputati, mettendo fuori legge i comunisti. Gramsci e tutti i deputati comunisti vennero processati e confinati: Gramsci inizialmente nell’isola di Ustica poi, successivamente, nel carcere di Civitavecchia e Turi. Non essendo adeguatamente curato fu abbandonato al lento spegnimento fra sofferenze fisiche e morali.
Morì nel 1937, dopo undici anni di prigionia, senza aver mai rivisto i figli. Negli anni della reclusione scrisse 32 quaderni di studi filosofici e politici, definiti una delle opere più alte e acute del secolo; pubblicati da Einaudi nel dopoguerra, sono noti universalmente come i «Quaderni dal carcere», e godono tuttora di innumerevoli traduzioni e di altissima considerazione presso gli intellettuali di tutti i Paesi.

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