mercoledì 26 agosto 2009

La giunta Concina ha fatto saltare il patto di stabilità con una deliberazione legittima e necessaria - di Pier Luigi Leoni

da www.orvietosi.it

Nel commentare il mio precedente corsivo, Valentino Filippetti, dopo avermi dato atto della mia competenza (e per questo lo ringrazio), mi rimprovera perché non ho reagito a una deliberazione della giunta Concina che egli ritiene (e io dovrei ritenere) illegittima.

La deliberazione consiste in una direttiva alla burocrazia comunale di pagare le spese d’investimento anche violando il patto di stabilità interno.

Diciamo subito che il patto di stabilità interno non è un patto, ma è l’imposizione da parte della Stato alle regioni, alle province ai comuni con popolazione superiore a 5000 abitanti di concorrere al risanamento della finanza pubblica. Il contenuto del cosiddetto patto consiste in una serie di restrizioni ai procedimenti di spesa e in meccanismi premianti e punitivi in caso di adeguamento o meno degli enti.

Va detto che dall’introduzione del patto, nel 1999, il legislatore statale ne ha cambiato continuamente la complicata disciplina, dimostrando quanto gli esperti che redigono le leggi di contenuto tecnico- finanziario siano inesperti di regioni ed enti locali. Non mi dilungo sui problemi interpretativi che creano norme mal fatte e continuamente cangianti e sui disastri che esse possono provocare agli enti che cercano di osservarle.

Fatto sta che spesso gli enti, dopo aver valutato i pro e i contra della violazione del patto, decidono di non rispettarlo e di rassegnarsi alle previste conseguenze. In questo non c’è niente di illegale, a meno che le decisioni non siano motivate. E non c’è responsabilità per danno al comune da parte degli amministratori e dei dirigenti, semplicemente perché tale danno non c’è. Le sanzioni consistono, per i comuni, in una riduzione massima del 5 per cento dei già miseri contributi fissi a fondo perduto che lo Stato sborsa ogni anno, nella riduzione del 30 per cento delle indennità agli amministratori (non solo al sindaco, agli assessori e ai consiglieri, ma anche agli amministratori di società e aziende comunali, compresa la farmacia) e nel divieto assumere nuovi dipendenti comunali nel 2010.

A parte il fatto che far risparmiare alcune decine di migliaia di euro allo Stato e al comune non comporta responsabilità, va tenuto conto dei benefici che ne derivano al comune e ai suoi creditori nonché alla ripresa delle opere pubbliche: una iniezione di liquidità nell’economia orvietana di cui si sentiva il bisogno.

Peraltro la deliberazione della giunta Concina ricalca uno schema elaborato e proposto dall’Associazione Comunale dei Comuni Italiani (ANCI), che dispone di esperti di finanza e diritto comunale molto più prestigiosi di quelli che redigono le norme del patto di stabilità.

All’inizio di luglio, in una conversazione informale alla quale partecipavano il sindaco Concina, esponenti della sinistra e altri, incoraggiai il sindaco a far saltare il patto di stabilità e mi trovai d’accordo con un illustre esponente della sinistra orvietana che era presente. Data la tecnicità dell’argomento non me la sentii di scriverne, ma adesso Valentino Filippetti mi ci obbliga.

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