venerdì 31 luglio 2009

MAZZOLI candidato alla segreteria regionale PD del Lazio




Ci hanno lavorato tutta la notte, ma poi il verdetto è arrivato: Alessandro Mazzoli è il candidato alla segreteria regionale del Pd per la mozione Bersani.

Si contrapporrà a Roberto Morassut che fa riferimento a livello nazionale a Dario Franceschini ed è appoggiato dal capogruppo alla Pisana del Pd Giuseppe Parroncini.

E a Ileana Argentin che fa riferimento ad Ignazio Marino.

Una candidatura frutto de sostegno di Ugo Sposetti, quella di Mazzoli, attuale presidente della Provincia di Viterbo.

da tusciaweb


Alessandro Mazzoli (nato a Frosinone a giugno 1972) è presidente della Provincia di Viterbo.

Biografia
Maturità scientifica, sposato, ha frequentato la facoltà di Agraria presso l'Università della Tuscia di Viterbo. Dal 1993 al 1997 è stato segretario provinciale della Sinistra Giovanile, responsabile dell'organizzazione della federazione dei Democratici di Sinistra e, dal 2000, segretario provinciale del partito, incarico confermatogli nei congressi del 2001 e del 2005.

È stato eletto Presidente della Provincia nel turno elettorale del 2005 (ballottaggio del 17 e 18 aprile), raccogliendo il 52,3% dei voti in rappresentanza di una coalizione di centrosinistra.

È sostenuto, in Consiglio provinciale, da una maggioranza costituita da:

DS
Margherita
PRC
SDI-UDEUR-IDV
Comunisti Italiani
Il mandato amministrativo scade nel 2010.

da Wikipedia

Divorzio tra il Sud e il centrodestra - di Pierluigi Bersani




Parole chiare, quelle che Pier Luigi Bersani ha pronunciato a Camigliatello Silano intervenendo a un incontro con i giovani del Sud (guarda il video)

Per il rilancio dell'economia del Sud, "invece di spostare i soldi da una posta all'altra del bilancio come i carri armati di Mussolini - ha affermato Bersani - facessero una cosa molto precisa e concreta: ripristinassero il credito di imposta per gli investimenti e per l'occupazione: una misura automatica, pulita, efficace da attuare. Questo sarebbe un primo passo per un piano per il Mezzogiorno, se no sono chiacchiere ancora una volta".

In ogni caso, ha puntualizzato il candidato alla segreteria del Pd, tra il Meridione e il centrodestra è in atto "un divorzio. Noi lasciammo il nostro governo con risorse per il Mezzogiorno con una pianificazione unificata e con strumenti nuovi. Tutto questo - ha detto Bersani - è stato in gran parte spazzato via. Adesso tutto questo dà luogo ad una reazione. Il centrodestra, però, non può cantarsele e suonarsele perche' ci sono responsabilità di tutti quelli che hanno lavorato col centrodestra".

Prossimi appuntamenti di Pier Luigi Bersani:
31 luglio 2009 - Quinzano e Suzzara
Feste del PD- ore 18.00 Quinzano (VR) ore 21.00 Suzzara (MN)
1 agosto 2009 - Villalunga di Casalgrande (RE)
ore 21,00 Festa del Pd

Preparati da subito alle primarie del 25 ottobre 2009.

venerdì 24 luglio 2009

I Cristiano sociali aderiscono alla mozione di Bersani






LETTERA APERTA A PIER LUIGI BERSANI

Caro Pier Luigi,

noi Cristiano sociali siamo per un congresso di fondazione del Pd che parli al Paese. Per questo sosteniamo la tua candidatura con un consenso largo del nostro Consiglio Nazionale.

Siamo convinti che le tue sperimentate capacità dirigenti e le tue proposte potranno garantire al Pd la forte discontinuità di linea e di conduzione che oggi è necessaria. Con te scegliamo un leader per il partito non un partito per il leader. Un partito democratico e riformista, radicato e popolare.

Ti scegliamo anche perché ti sappiamo attento a coltivare la memoria delle radici come risorsa di un nuovo slancio verso il futuro. Con la tua segreteria il Pd può tornare ad essere il figlio legittimo dell’Ulivo e della sua ispirazione di fondo: unire forze diverse attorno ad un programma per riformare il Paese. Senza pretese di autosufficienza.

Questo congresso è davvero decisivo: se non darà risposte adeguate ai problemi del paese, se non si farà capire dagli italiani, potrebbe anche aprire la strada al fallimento del progetto politico del Pd.

Questa è la posta in gioco. E per questo serve una leadership in grado di ridare al partito lo slancio di un processo costituente dichiarato troppo prematuramente concluso.

Il nostro sostegno dunque non nasce da una pregiudiziale di appartenenza: siamo con te ma non ci sentiamo contro altri. Il rapido irrigidirsi del partito in correnti sa più di vecchie derive che di nuovi percorsi: noi non aderiamo ad alcuna corrente né intendiamo farlo. La nostra proposta è anzi che il Congresso superi le correnti, legittimando come soggetti della democrazia interna le aggregazioni costituite a sostegno delle mozioni congressuali ed alimentando il pluralismo del partito con il contributo riconosciuto di associazioni e fondazioni culturali.

La presenza di più candidati è una ricchezza. Purché il confronto sia leale, civile, costruttivo. Conosciamo bene e stimiamo Franceschini e Marino ai quali ci unisce anche il comune riferimento alla fede cristiana. Noi, però, non siamo nel Pd per scegliere in base a richiami identitari o vicinanze di percorso. Il pluralismo delle storie e delle culture politiche è una grande risorsa del partito. E noi siamo fieri di portare nella comune avventura i valori e la realtà del cristianesimo sociale e del riformismo cattolico. Non per imbalsamarli in una identità ma per metterli in gioco in una nuova sintesi rivolta al futuro.

Compito del congresso è correggere gli errori della fase costituente e portare a sintesi questo pluralismo attorno ad una linea politica utile all’Italia. Dobbiamo fare chiarezza per unire, non per esasperare personalismi e diversità.

Abbiamo sostenuto la candidatura di Veltroni a segretario. Tu sai che però abbiamo vissuto con disagio crescente e poi con critica aperta la linea politica assunta dopo le primarie. Non abbiamo condiviso né la concezione personalistica del partito e della democrazia interna, né l’interpretazione della vocazione maggioritaria come pretesa di autosufficienza nel contesto di una irrealistica concezione bipartitica del sistema politico italiano.

Dopo la sconfitta subita alle politiche, era necessario un cambiamento di rotta per ridare slancio al progetto democratico. Non è stato fatto. Ed ora facciamo i conti con un nuovo, pesante insuccesso.

Franceschini è un amico al quale ci legano molte cose: per un tratto di strada ha condiviso l’esperienza dei Cristiano Sociali. Avvertiamo, tuttavia, che oggi la sua proposta non sarebbe in grado di garantire un vero mutamento di rotta. Quando ha assunto la segreteria dopo l’abbandono di Veltroni, ne abbiamo apprezzato il coraggio e la responsabilità. Dario ha fatto del suo meglio, in questi mesi, per tenere unito il partito e limitare i danni. E in parte c’è riuscito.

Il suo ricandidarsi alla segreteria, però, ci ha sorpreso. Anche per lo stile con cui l’ha fatto. L’aver cavalcato all’esordio, in modo aggressivo e poco credibile, la discriminante tra vecchio e nuovo non

ha certo favorito un clima costruttivo. Cercare consensi su pregiudiziali di questo tipo può servire per giocare il popolo delle primarie contro il popolo degli iscritti ma non aiuterà il congresso a trovare coesione e nuovo orientamento. Quando si esagera nel proiettare sugli elettori la competizione interna, si alimenta una conflittualità esasperata e si rende confuso e poco leggibile il profilo del partito agli occhi dei cittadini.

Solo una forzatura, caro Pierluigi, può dipingerti come uno che coltiva la nostalgia del passato. Tu sei ben consapevole che il partito e il suo gruppo dirigente debbono rinnovarsi. Il problema è decidere in quale direzione. Non tutto ciò che è nuovo è anche giusto e politicamente efficace. Il partito soffre perché l’innovazione sin qui introdotta è insufficiente e, su molti punti, sbagliata.

Con Marino abbiamo molte ragioni di vicinanza. Con lui condividiamo il valore centrale della laicità democratica. La sua candidatura può contribuire a qualificare il dibattito sui temi eticamente sensibili. E sarà tanto più vero se saprà resistere a chi vuole spingerlo verso accentuazioni laiciste o verso il nuovismo ideologico.

Con lui si propone al vertice del partito una persona non gravata da precedenti responsabilità. Proprio questa novità, tuttavia, rende meno dimostrata la sua capacità di condurre il Pd in uno scenario sociale e politico così difficile.

La nuova leadership dovrà saper innovare con coraggio; ma dovrà anche avere lungimiranza, capacità di ascolto, spirito unitario. Dovrà riuscire a tenere insieme chi proviene da lunghi tragitti e chi è mosso dalla passione di un recente accostamento alla politica. Dovrà valorizzare nuove energie giovani e competenti, esponenti di esperienze significative della società civile. Purché non pretendano di iscriversi direttamente alla segreteria del partito sol perché abili nel cercare visibilità e a navigare nella rete. Il Pd a vocazione maggioritaria non può procedere per forzature che avvicinano alcuni ma allontanano altri e alla fine assottigliano il consenso al partito.

Per un tale compito non basterà un uomo solo al comando. Occorre formare una squadra non improvvisata che non sia al servizio del leader ma del progetto. E servirà la capacità di farla lavorare in modo corale, dentro una cultura della decisione che conosca davvero il senso della corresponsabilità e della verifica democratica.

Sono queste, caro Bersani, le ragioni politiche che ci spingono a sostenerti. E a qualificare, com’è nostro costume, il sostegno alla tua candidatura sul terreno dei contenuti. Ti uniamo, a questo proposito, il documento dei Cristiano sociali. Abbiamo cercato di dare il nostro contributo alla tua Mozione. La condividiamo in larga parte. La troviamo però ancora insufficiente su alcuni tratti importanti della nostra cultura politica: la rilevanza pubblica delle fedi religiose, la centralità del sostegno alla famiglia nelle politiche di welfare, la portata della questione morale nella riforma della politica, l’urgenza di misure efficaci di contrasto delle povertà. Siamo sicuri che sarai disponibile a confrontarti nuovamente con noi su questi temi lungo il percorso congressuale, anche per favorire il dialogo con il mondo associativo che costituisce la nostra naturale area di riferimento.

Per parte nostra, ci disponiamo a lavorare – nelle forme che insieme definiremo – per rendere operativa e visibile, anzitutto nei territori, la nostra partecipazione alla campagna congressuale.

Roma, 22 luglio 2009 Mimmo Lucà

Coordinatore Nazionale dei

Cristiano Sociali

"Veltroni ha ucciso il PD"





Con tre mosse Walter Veltroni ha dato scacco matto al «suo» Pd e ha confezionato il proprio suicidio politico. È lui il responsabile della «morte» della «più grande intuizione politica degli ultimi vent'anni». Non va per il sottile Pierluigi Bersani, candidato alla segreteria nazionale del Partito Democratico, nella prima delle tredici cartelle della sua mozione congressuale dal titolo Per l'Italia.

Con toni quasi processuali Bersani elenca i tre capi d'accusa per l'ex segretario Walter Veltroni: «La vocazione maggioritaria si è ridotta alla scorciatoia del nuovismo politico; invece di fondare un partito mai visto nella storia italiana si è preferita la suggestione mediatica al rinnovamento della cultura politica; dopo aver invocato la partecipazione popolare alle primarie e aver ottenuto la risposta formidabile di oltre tre milioni di cittadini, non si è riuscita a costruire un'organizzazione plurale e aperta in grado di coinvolgerli». «All'indomani delle primarie abbiamo deluso sia chi era legato a forme di militanza più tradizionali, sia chi si aspettava nuove forme di partecipazione politica».

Un'arringa finale che, per Bersani, può avere solo un verdetto: colpevole, «abbiamo disperso un tesoro immenso». E proprio dalle primarie bisogna ripartire, secondo il candidato leader del Pd, per riavvicinare il popolo di sinistra ad un partito che affondi le radici nell'Ulivo. Un partito che faccia dimenticare il veltronismo ereditato da Franceschini: «La sovranità appartiene agli iscritti. Le primarie vanno rese più efficienti superando meccanismi di "doppia legittimazione" e rendendo più chiaro il meccanismo di partecipazione. L'Albo degli elettori deve essere pubblico e certificato».

Nella sua mozione Bersani critica anche la politica delle alleanze che ha visto l'allontanamento delle parti più radicali della sinistra: «C'è un vasto campo di forze di sinistra, riformiste, laiche e ambientaliste che ha cominciato ad unificarsi e al quale è giusto guardare con attenzione. La vocazine maggioritaria non significa rifiutare le alleanze, ma, al contrario, renderle possibili». E proprio in termini di alleanze si è espresso ieri il bersaniano Enrico Letta che auspica la possibilità di chiudere accordi anche con l'Udc. Quello che Bersani vuole dunque non è un partito nuovo, ma la ripresa di un progetto che in realtà, secondo il candidato alla segreteria, non è mai stato avviato: un partito laico, popolare e riformista che punti sulla «green economy» e allontani «quel "pensiero unico" neoliberalista che ha influenzato anche tanti riformisti». Entro oggi i candidati alla segreteria dovranno depositare i loro documenti politici: chissà se Franceschini nella mozione che depositerà replicherà alle accuse del suo collega di partito.

mercoledì 15 luglio 2009

Analisi voto in Umbria, Gianluca Rossi (Pd): “Non intercettati i ceti popolari ed emergenti”




Le elezioni europee ed amministrative hanno messo in evidenza un arretramento del Partito democratico anche nella nostra regione. L’Umbria ha visto passare al centrodestra diversi Comuni e il Pd ha perso un numero cospicuo di consensi nelle votazioni per il Parlamento europeo.

Ne parliamo con Gianluca Rossi, capogruppo del Partito democratico in Consiglio regionale dell’Umbria.

Consigliere, la nostra Regione non può considerarsi “meno rossa”?

“Se per ‘meno rossa’ si intende la capacità e la propensione all’innovazione e la qualità della nostra cultura di governo, penso di sì. Il quadro politico che emerge dalla recente tornata elettorale va analizzato sotto diversi aspetti. Per quanto riguarda le Province e i loro capoluoghi i cittadini hanno dimostrato di saper riconoscere l’autorevolezza e la capacità delle persone messe in campo dalle coalizioni di centrosinistra. Il Partito democratico per primo ha scelto figure di alto spessore che riunivano in sé competenza, conoscenza del territorio e dei suoi abitanti, ma anche un connotato di innovazione facilmente percepibile. Il centrodestra anche questa volta non ha trovato personalità all’altezza del compito. Fatta questa premessa le criticità incontrate sono sotto gli occhi di tutti e ci fanno dire che in Umbria si è aperta una fase complessa e dall’esito imprevedibile.
Criticità nel centrosinistra e nel Pd.
Per esempio quali?
Il numero di centri minori che il centrodestra ha conquistato sono più di un campanello d’allarme, soprattutto se si va oltre le cifre e le dimensioni e ci si limita a considerare il peso di quei territori nell’economia della Regione.
Bastia Umbra, Orvieto, Torgiano, Gualdo Tadino e Montefalco – insieme a Deruta, Assisi e Todi già persi in passato – hanno qualcosa che le accomuna: sono realtà tra le più dinamiche dell’Umbria. Sono in genere territori con un reddito procapite superiore alla media regionale e sono sede di quel modello produttivo emergente. In altre parole il centrosinistra sembra entrare in crisi laddove pubblico impiego e grande industria non sono trainanti, ed emerge invece un’economia dinamica di piccole e medie imprese. E qui è riscontrabile il deficit del Pd: il Partito si è dato un’impronta d’innovazione, ma non ha saputo cogliere consensi proprio lì dove l’innovazione è più di casa”.
Quali gli errori commessi dal Partito democratico in Umbria?
“Se si centrano attitudine e programmi su un profilo riformista ed innovatore, ma si perde nei luoghi dove i processi di innovazione e trasformazione sono un momento importante, un problema c’è. Anzi più di un problema, soprattutto a livello regionale, visto che in altre aree d’Italia si è riscontrato un effetto opposto. Basta prendere il Nord-Est, una delle realtà più avanzate del paese. Là il Pd ha tenuto nonostante la Lega Nord, mentre da noi – nelle aree economicamente più dinamiche – ha ceduto pesantemente il passo. Questo significa che in Umbria il messaggio di una politica moderna e riformista non siamo stati in grado di veicolarlo e rappresentarlo"
Perché il messaggio di un partito che premia l’innovazione ed è vicino ai ceti emergenti non è passato?
L’errore di fondo è stato – fin dall’inizio – confondere innovazione e nuovismo. Non basta l’emergere di figure ‘nuove’ rispetto ai gruppi dirigenti tradizionali per innescare un avvicinamento con la rete sociale ed economica più dinamica. Anzi paradossalmente questa volontà di ‘distacco dal passato’, spesso accompagnata da un alto tasso di approssimazione, ha creato nei ceti emergenti l’effetto opposto a quello da alcuni auspicato. Il deficit sta nella proposta politica”.
Nell’Umbria di oggi l’alternativa di governo tra centrodestra e centrosinistra è ormai realtà?
Se non si inverte il senso di marcia sì. E comunque l’alternanza di governo non può essere una giustificazione a posteriori per il Pd e per i suoi alleati. Questa volta, più che il progetto, ad aver tenuto è stata una classe dirigente in genere molto più affidabile di quella di cui dispone il centrodestra. Gli umbri sanno che in termini di competenza, autorevolezza e vicinanza ai problemi della gente, il centrosinistra è nettamente superiore. Quello che non riconosce più è la qualità del progetto politico che fa da cornice a questa classe dirigente”.
Cosa dovrà fare secondo Lei il Partito democratico per riacquistare il consenso perduto?
Il Pd è ancora in tempo per ritrovare a pieno il senso della sua missione, le ragioni profonde che hanno portato alla sua nascita. Deve dialogare e rappresentare sempre di più i ceti popolari e quelli produttivi, mettendo al bando la facile strada del ‘nuovismo dell’ultima ora’, individuando strumenti più seri per la selezione della sua classe dirigente e mettendo in campo canali di dialogo stabili e permanentemente aperti con chi impersona davvero quell’innovazione, evitando di dare l’idea di predicarla più che realizzarla”.

lunedì 13 luglio 2009

Marco Frizza eletto all'unanimità a capo del Consiglio Comunale




Il PD con le scelte compiute ultimamente( prima l'elezione unanime a capogruppo di Germani ed ora l'elezione di Frizza) mette a segno due punti importanti.Marco Frizza è stato eletto all'unanimità Presidente del Consiglio Comunale di Orvieto.Ha raccolto i voti di tutti e 20 i consiglieri presenti sia della maggioranza che dell'opposizione. Unico consigliere assente Donatella Belcapo.Il neo presidente succede ad Evasio Gialetti che aveva presieduto l'assise cittadina nell'ultima legislatura.Il nuovo tandem Germani-Trappolino sembra funzionare e può aprire una nuova stagione nella gestione interna del PD Orvietano.

Il nuovo presidente si trova a ricoprire l'incarico in un momento delicato, con l'anatra zoppa in Comune e molte questioni aperte.

La prima grana sarà quella delle incompatibilità già sollevate sui giornali. La piu' eclatante quella dell'assessore Rosmini che si trova in contrasto con l'articolo 10 comma d dello statuto della fondazione baancaria di cui fa parte ( per di piu' per conto dei piccoli comuni amministrati dal centro sinistra).

Marco Frizza è già stato consigliere comunale per i DS e poi per il PD. E' stato l'ultimo segretario cittadino della Democrazia Cristiana per poi assumere diversi incarichi nel PDS/DS/PD.
Attualmente ricopre vari incarichi nel partito a livello locale e gestisce da anni la casa del Popolo di Ciconia. Professionalmente, dopo un inizio da aiuto odontotecnico, è entrato nella CNA di Orvieto e Terni.

venerdì 10 luglio 2009

Giuseppe Germani eletto all'unanimità capogruppo PD al Comune di Orvieto

Questa sera ( venerdì 10 luglio 2009) Giuseppe Germani è stato eletto all'unanimità capogruppo del PD al Consiglio Comunale di Orvieto. La proposta avanzata, per conto della segreteria, dall'on. Carlo Emanuele Trappolino ha trovato concordi i 10 consiglieri.Con questa scelta Pd si presenta compatto al consiglio comunale del 13 luglio.
Così non si può dire per il centro destra che, dopo le travagliate vicende che hanno portato alla formazione della giunta (con l'escusione degli esponenti piu' autorevoli del PdL e di Orvieto Libera) ad oggi non ha ancora saputo indicare un capogruppo.
Del resto i retroscena rivelati da Angela Maria Sartini
( http://www.orvietonews.it/index.php?page=notizie&id=21363 ) sugli scontri pre elettorali all'interno del centro destra ci dicono che le tensioni affioreranno spesso nella Casa della Libertà aumentando così la precarietà politica del Consiglio Comunale.

Giuseppe Germani si presenta al nuovo incarico con la forza di essere stato il primo degli eletti del PD. Pur non essendo un "politico di professione" ha già maturato una buon esperienza politica ed amministrativa. E' stato assessore sia sotto la sindacatura Cimicchi che sotto quella di Mocio.

A dicembre del 2006 si dimise da assessore solo due anni dopo l'elezione a consigliere e la nomina in giunta per far posto a Marino Capoccia.
Contrariamente a quello che succede spesso ad Orvieto questa scelta non comportò polemiche o strascichi nei mesi e negli anni successivi.

Germani continuò l'impegno nei DS prima e nel PD poi, costitui insieme ad altri orvietani ( diventati poi tra i principali protagonisti delle elezioni politiche del 2009)un'associazione che si è segnalata per iniziative molto qualificate su temi fondamentali come l'agricoltura, l'ambiente e l'energia alternativa.

Oggi è chiamato al difficile compito di ridisegnare il profilo del PD all'interno del consiglio comunale e di promuovere quel cambiamento che il centro destra già mostra chiaramente di non saper praticare.

La prima prova sarà la definizione della candidatura del Centro Sinistra per la presidenza del Consiglio e per le varie commissioni consiliari.

giovedì 2 luglio 2009

POLLI rottama Orvieto : nella sua giunta solo quelli della sua corrente



In questa lunga e faticosa campagna elettorale abbiamo imparato una cosa nuova : come si fa a diventare Assessore Provinciale a Terni.
Innanzi tutto in una decina d'anni di amministrazione comunale si concorre a fare una cinquantina di milioni di debiti ( a cui si aggiunfìgerebbero 3 milioni di debiti fuori bilancio di manu propria secondo tuttorvieto); poi si fa il commissario per sei mesi della Comunità Montana Umbria Sud e non si fa neanche una delibera ; al tempo stesso si viola il codice etico del proprio partito, non si rispetta il patto etico delle primarie e si sostine una lista concorrente a quella proposta dal proprio partito alle elezioni. Si potrebbe aggiungere altro ma penso che può bastare. Sicuramente è bastato a Polli per nominare Stefano Mocio assessore provinciale infischiandosene delle proposte del segretario provinciale del PD Montagnoli, delle posizioni espresse a larghissima maggioranza dal PD i Orvieto.
Per lui conta solo che Mocio è della sua corrente.
Ovviamente c'è dell'altro ma di questo parleremo in altre occasioni.


Di seguito la presa di posizione del PD di Orvieto.

" Non condividiamo le scelte politiche del Presidente della Provincia di Terni Feliciano Polli in merito agli assetti di Giunta. Sebbene più volte fortemente rappresentate - anche in occasione del coordinamento comunale del PD di Orvieto del 29 giugno e dell'assemblea dei dirigenti PD dell'Orvietano di mercoledì 1 luglio - le riflessioni e le proposte del partito di Orvieto e dell'Orvietano non hanno trovato, in questi assetti, alcun riscontro né la dovuta attenzione.

Il diniego opposto alla richiesta di procedere ad un comune ragionamento e la mancata assunzione di responsabilità da parte del Presidente necessaria a garantire il giusto equilibrio politico e territoriale, costituisce un grave incidente che diventa, stante il clima, un atto d'ostilità nei riguardi di un territorio che rischia ora di disperdere un formidabile patrimonio politico.
Un territorio che ha contribuito con grande generosità all'elezione del Presidente Polli e che oggi, con la sconfitta elettorale di Allerona, Montecchio, Orvieto e Porano, si infila in una crisi politica dai contorni e confini quanto mai incerti.

Non sono in discussione le prerogative riconosciute dalla legge al Presidente per quel che concerne l'indicazione dei suoi collaboratori. Tuttavia, il senso di responsabilità avrebbe dovuto suggerire, nell'ambito della composizione dei profili istituzionali, le migliori soluzioni atte a ricomporre la crisi dell'Orvietano. Si è scelto di procedere diversamente, contribuendo così ad amplificare lacerazioni e tensioni che ora rischiano di diventare sempre più caotiche e irrimediabili.

Alla luce di tutto questo, non ci resta che chiedere al Segretario provinciale Roberto Montagnoli di governare questa fase che si apre all'interno del Partito Democratico di Orvieto."