Pier Luigi Leoni nel rispondere ad un mio intervento che lo chiamava in causa, non solo conferma la sua competenza ma anche lo stile di uomo disponibile a discutere nel merito dei problemi, senza le invettive che purtroppo popolano sempre piu' spesso le discussioni dei blog.
Purtroppo nel merito non siamo daccordo.Infatti le argomentazioni che Leoni porta non rispondono alla questione di fondo che avevamo posto circa la illeggittimità della delibera 91 del 6 agosto.
Infatti:
- la delibera è stata adottata il 06/08/2009 e non menziona la più recente evoluzione legislativa in materia (vedi decreto anticrisi), infatti il decreto correttivo dell'anticrisi è stato approvato il 03/08/2009;
- la posizione dell'Anci che ha maturato la bozza di delibera risale al 20/07/2009 ,come si può evincere dal sito, rispondeva all'esigenza "politica" di formalizzare una provocazione al fine di poter intervenire propositivamente al dibattito relativo ai lavori preparatori del decreto anticrisi;
- la stessa Anci nella bozza di delibera adottata si riferiva esplicitamente ai Comuni impossibilitati a pagare le opere pubbliche realizzate, gli interventi finanziati da programmi europei ......"che se non completati, anche sotto l'aspetto dell'avvenuto pagagmento, entro IL PROSSIMO 30 GIUGNO 2009 andranno persi con un danno ............e revoca del finanziamento con restituzione di quanto eventualmente anticipato". In questi casi, dice l'Anci, sarebbe irresponsabile non indirizzare il Responsabile a procedere all'emissione dei mandati.
Autorevoli esponenti della materia sostenevano il percorso inverso per questi casi dove il danno minore è lo sforamento del patto: di fronte ad una sicura conseguenza negativa pesante - argomentata dimostrata dettagliata e quantificata - il dirigente informa l'amministrazione che procede al pagamento per evitare responsabilità PERSONALI e più gravi, per l'amministrazione, delle sanzioni del patto che mi permetto di precisare che non sono solo quelle elencate da chi ti ha risposto.
- per ciò che concerne il rispetto dei ruoli all'interno dell'apparato comunale, spetta al consiglio fornire indirizzi.
- per ciò che concerne i profili di responsabilità dei dirigenti o funzionari coinvolti mi sembra che quanto affermato nella risposta sia un po' evasiva della situazione oggettiva. Infatti, anche l'Anci che comunque risulta di parte afferma - si veda la nota di chiarimento del 17/07/2009 anci ifel - che occorre dimostrare che non si poteva fare a meno di sforare il patto pur assicurando una gestione improntata con la max economicità dell'azione.
Pertanto, anche per le ragioni su esposte, l'atto in questione risulta non adottabile in quanto manca degli elementi necessari che portano alla decisione finale.
Ma Pier Luigi Leoni introduce una questione ancor piu'seria quando afferma :
"All’inizio di luglio, in una conversazione informale alla quale partecipavano il sindaco Concina, esponenti della sinistra e altri, incoraggiai il sindaco a far saltare il patto di stabilità e mi trovai d’accordo con un illustre esponente della sinistra orvietana che era presente".
Quindi apprendiamo che appena svolte le elezioni e prima dell'elezione del Presidente del Consiglioe delle Commissioni Consiliari "esponenti della sinistra" e tra loro " un illustre esponente della sinistra orvietana" parteciparono ad un incontro con il neo sindaco Concina ed acuni esponenti del centro destra per discutere della situazione del bilancio comunale.
Ovviamente la cosa è leggittima ma apre seri interrogativi sulla situazione politica orvietana e sarebbe salutare sapere chi erano questi "esponenti dellasinistra orvietana". Appunto giusto per fare chiarezza.
mercoledì 26 agosto 2009
La giunta Concina ha fatto saltare il patto di stabilità con una deliberazione legittima e necessaria - di Pier Luigi Leoni
da www.orvietosi.it
Nel commentare il mio precedente corsivo, Valentino Filippetti, dopo avermi dato atto della mia competenza (e per questo lo ringrazio), mi rimprovera perché non ho reagito a una deliberazione della giunta Concina che egli ritiene (e io dovrei ritenere) illegittima.
La deliberazione consiste in una direttiva alla burocrazia comunale di pagare le spese d’investimento anche violando il patto di stabilità interno.
Diciamo subito che il patto di stabilità interno non è un patto, ma è l’imposizione da parte della Stato alle regioni, alle province ai comuni con popolazione superiore a 5000 abitanti di concorrere al risanamento della finanza pubblica. Il contenuto del cosiddetto patto consiste in una serie di restrizioni ai procedimenti di spesa e in meccanismi premianti e punitivi in caso di adeguamento o meno degli enti.
Va detto che dall’introduzione del patto, nel 1999, il legislatore statale ne ha cambiato continuamente la complicata disciplina, dimostrando quanto gli esperti che redigono le leggi di contenuto tecnico- finanziario siano inesperti di regioni ed enti locali. Non mi dilungo sui problemi interpretativi che creano norme mal fatte e continuamente cangianti e sui disastri che esse possono provocare agli enti che cercano di osservarle.
Fatto sta che spesso gli enti, dopo aver valutato i pro e i contra della violazione del patto, decidono di non rispettarlo e di rassegnarsi alle previste conseguenze. In questo non c’è niente di illegale, a meno che le decisioni non siano motivate. E non c’è responsabilità per danno al comune da parte degli amministratori e dei dirigenti, semplicemente perché tale danno non c’è. Le sanzioni consistono, per i comuni, in una riduzione massima del 5 per cento dei già miseri contributi fissi a fondo perduto che lo Stato sborsa ogni anno, nella riduzione del 30 per cento delle indennità agli amministratori (non solo al sindaco, agli assessori e ai consiglieri, ma anche agli amministratori di società e aziende comunali, compresa la farmacia) e nel divieto assumere nuovi dipendenti comunali nel 2010.
A parte il fatto che far risparmiare alcune decine di migliaia di euro allo Stato e al comune non comporta responsabilità, va tenuto conto dei benefici che ne derivano al comune e ai suoi creditori nonché alla ripresa delle opere pubbliche: una iniezione di liquidità nell’economia orvietana di cui si sentiva il bisogno.
Peraltro la deliberazione della giunta Concina ricalca uno schema elaborato e proposto dall’Associazione Comunale dei Comuni Italiani (ANCI), che dispone di esperti di finanza e diritto comunale molto più prestigiosi di quelli che redigono le norme del patto di stabilità.
All’inizio di luglio, in una conversazione informale alla quale partecipavano il sindaco Concina, esponenti della sinistra e altri, incoraggiai il sindaco a far saltare il patto di stabilità e mi trovai d’accordo con un illustre esponente della sinistra orvietana che era presente. Data la tecnicità dell’argomento non me la sentii di scriverne, ma adesso Valentino Filippetti mi ci obbliga.
Nel commentare il mio precedente corsivo, Valentino Filippetti, dopo avermi dato atto della mia competenza (e per questo lo ringrazio), mi rimprovera perché non ho reagito a una deliberazione della giunta Concina che egli ritiene (e io dovrei ritenere) illegittima.
La deliberazione consiste in una direttiva alla burocrazia comunale di pagare le spese d’investimento anche violando il patto di stabilità interno.
Diciamo subito che il patto di stabilità interno non è un patto, ma è l’imposizione da parte della Stato alle regioni, alle province ai comuni con popolazione superiore a 5000 abitanti di concorrere al risanamento della finanza pubblica. Il contenuto del cosiddetto patto consiste in una serie di restrizioni ai procedimenti di spesa e in meccanismi premianti e punitivi in caso di adeguamento o meno degli enti.
Va detto che dall’introduzione del patto, nel 1999, il legislatore statale ne ha cambiato continuamente la complicata disciplina, dimostrando quanto gli esperti che redigono le leggi di contenuto tecnico- finanziario siano inesperti di regioni ed enti locali. Non mi dilungo sui problemi interpretativi che creano norme mal fatte e continuamente cangianti e sui disastri che esse possono provocare agli enti che cercano di osservarle.
Fatto sta che spesso gli enti, dopo aver valutato i pro e i contra della violazione del patto, decidono di non rispettarlo e di rassegnarsi alle previste conseguenze. In questo non c’è niente di illegale, a meno che le decisioni non siano motivate. E non c’è responsabilità per danno al comune da parte degli amministratori e dei dirigenti, semplicemente perché tale danno non c’è. Le sanzioni consistono, per i comuni, in una riduzione massima del 5 per cento dei già miseri contributi fissi a fondo perduto che lo Stato sborsa ogni anno, nella riduzione del 30 per cento delle indennità agli amministratori (non solo al sindaco, agli assessori e ai consiglieri, ma anche agli amministratori di società e aziende comunali, compresa la farmacia) e nel divieto assumere nuovi dipendenti comunali nel 2010.
A parte il fatto che far risparmiare alcune decine di migliaia di euro allo Stato e al comune non comporta responsabilità, va tenuto conto dei benefici che ne derivano al comune e ai suoi creditori nonché alla ripresa delle opere pubbliche: una iniezione di liquidità nell’economia orvietana di cui si sentiva il bisogno.
Peraltro la deliberazione della giunta Concina ricalca uno schema elaborato e proposto dall’Associazione Comunale dei Comuni Italiani (ANCI), che dispone di esperti di finanza e diritto comunale molto più prestigiosi di quelli che redigono le norme del patto di stabilità.
All’inizio di luglio, in una conversazione informale alla quale partecipavano il sindaco Concina, esponenti della sinistra e altri, incoraggiai il sindaco a far saltare il patto di stabilità e mi trovai d’accordo con un illustre esponente della sinistra orvietana che era presente. Data la tecnicità dell’argomento non me la sentii di scriverne, ma adesso Valentino Filippetti mi ci obbliga.
martedì 25 agosto 2009
No tax per dieci anni a chi investe nel lavoro - di Pierluigi Bersani
Intervista al Corriere della Sera del 25/08
«Il Pd non può fare il suo primo congresso senza l’ambizione di indicare un nuovo corso della vicenda politica e sociale italiana. Non possiamo parlare solo di noi. Chi vince dovrà parlare dell’Italia. È preziosa la riflessione di Prodi, che vede le forze progressiste ferme sulle gambe, appesantite dal conservatorismo e dalla perdita di una visione autonoma. Prodi ci offre uno spazio di correzione e di ripensamento: riflettere su com’è andata, e presentarci agli italiani con idee nuove».
Questo l'inizio dell'intervista di Aldo Cazzullo a Pier Luigi Bersani, candidato alla segreteria del Partito Democratico, pubblicata dal Corriere della Sera.
Bersani, su quali idee imposterà la sua campagna?
«Su tre grandi questioni. L’Italia: si tratta di vedere come, tra il globale e il locale, decidiamo di essere italiani. L’economia: aumento dei redditi ed economia verde devono essere il nostro New Deal. La politica: siamo all’imbrunire di un ciclo; c’è da immaginare uno scenario nuovo».
La disunità d’Italia è al centro della discussione pubblica
«Sì, e condivido l’analisi di Galli della Loggia. Siamo di fronte a una frattura nuova. Al tempo delle gabbie salariali, dentro c’era un po’ di Calabria e un po’ di Rovigo. Poi si è affermato il monopolio del divario Nord-Sud. Ora la politica, invece di interpretare la correzione del divario, si predispone ad interpretarne il divario. Non pensa più di poterlo ridurre. È rassegnata. Immagina leghe territoriali. Usa parole vacue come agenzia, cassa. Ma un grande partito nazionale e federale non si limita a difendere l’unità; vuole costruirla»
In che modo?
«Progettando una reciprocità tra Nord e Sud. Imprimendo una svolta sociale e liberale alla questione, un po’ nella direzione che ha indicato Panebianco. Se noi attacchiamo tutte le intermediazioni amministrative, diamo una risposta alla rabbia del Nord e alla sudditanza del Sud. Sbaracchiamo tutti gli incentivi mediati al sistema economico. Introduciamo per dieci anni un credito d’imposta stabile e automatico: via le tasse su tutti gli investimenti per l’occupazione»
Una no tax area grande come l’Italia?
«Una no tax area per nuovi investimenti, a cominciare dal Sud. Stabilita automaticamente, senza intermediazioni. E poi far partire infrastrutture che aggancino l’Italia al Mediterraneo. Premiare i migliori standard di servizio: i soldi li prende chi migliora la vita di pensionati, malati, studenti perché dove stanno bene i cittadini stanno bene le imprese. Programmare una riscossa civica, non moralistica»
Un’altra questione morale?
«Una questione concreta. Si è molto abbassata l’asticella nei comportamenti civici collettivi. L’istinto familistico, corporativo, localista, insomma le reti corte che da sempre sono nostra croce e delizia, nella globalizzazione hanno preso una curvatura difensiva. Usiamo allora gli strumenti della sfida europea. Facciamo una Maastricht dei costi della politica: stabiliamo la media di quanto costa la politica nei paesi europei, e mettiamoci lì. Facciamo una Maastricht della fedeltà fiscale, e decidiamo che ogni punto di fedeltà fiscale viene riversato sulle categorie che lo garantiscono, con riduzione di aliquote e miglioramenti di welfare. Portiamo il merito dal cielo alla terra, con meccanismi di valutazione esterna per ogni funzione. Facciamo un “piano industriale” per far funzionare la giustizia civile. Parlo, insomma, di un patto civico di solidarietà e reciprocità da proporre al Paese»
Come vede la situazione economica?
«È inutile edulcorarla: i prossimi mesi saranno drammatici per molti: siamo nel pieno della crisi. Da qui al 2010 rischiamo di perdere un milione di posti di lavoro. Serve un pacchetto anticrisi vero, che sostenga i redditi e sblocchi le infrastrutture locali, quelle che si fanno in sei mesi, dalle rotonde alla manutenzione straordinaria delle scuole. Non possiamo aspettare il Ponte sullo Stretto»
Ma neppure i pacchetti anticrisi fin qui hanno avuto un impatto significativo
«È vero: perdiamo 6 punti di Pil; a colpi di 0,5%, ci metteremmo 12 anni a tornare ai livelli precedenti. Dobbiamo mettere il turbo da qualche parte, per rimontare in modo rapido»
Da quale parte?
«Il nostro New Deal sarà l’economia verde e una nuova politica dei redditi. Proporrò un piano per l’efficienza energetica per i prossimi 5 anni, mobilitando un enorme bacino tra risposta privata e iniziativa pubblica. E si dovrà attaccare la cattiva distribuzione dei redditi, rafforzando quelli medio-bassi, per rianimare i consumi»
La no tax area dovrebbe valere anche per gli aumenti contrattuali?
«Sì. Penso a interventi che dovrebbero favorire la contrattazione decentrata. Ma non basta. Penso a misure fiscali, al cuneo contributivo, ai prezzi sensibili. E a un salario minimo, da inserire se possibile per via contrattuale, eventualmente con una sponda normativa. Così come dobbiamo unificare i percorsi di accesso al lavoro»
Lei espone un programma di governo. Ma al governo c’è Berlusconi
«Io ritengo che chi si candida alla guida del più grande partito d’opposizione debba fare la sua proposta al paese. A novembre saranno vent’anni dall’89, quando crollò pure il Muro che avevamo in casa, lasciando un vuoto. Quel vuoto fu colmato nel segno dell’antipolitica. Berlusconi ha saputo unificare tutte le forze del centrodestra, dando al modello di consenso una curvatura populista di tipo nuovo: più che usare il consenso per fare governo, ha usato il governo per fare consenso. Gli italiani gli hanno consentito di fare quel che ha voluto, nel pubblico, nel privato e nei rapporti tra pubblico e privato: ma agli italiani cosa ne è venuto? Più riforme? Meno tasse? Più crescita? Nulla di tutto questo. Se lo si chiede a lui, risponde che ha fermato i comunisti. Una risposta un po’ onirica»
Non esageri. La riforma del mercato del lavoro è stata fatta
«Con un’intensità non superiore alla riforma Treu. Può darsi che io esageri; ma non si può dire che, nella decina d’anni in cui Berlusconi è stato al governo, l’Italia sia cambiata. E lo stesso vale per la Lega. Al netto delle ronde, che cosa ha inventato la Lega per le politiche locali? Solo ideologia; non le aree artigianali, gli asili nido, l’urbanistica, i servizi sociosanitari. Ma il punto non è essere più o meno antiberlusconiani. L’opposizione non la si valuta a seconda se grida più o meno forte, ma se prepara un’alternativa. Se tocca a me, la butto di lì»
C’è qualcosa che non funziona, in questo meccanismo per cui si vota prima al congresso e poi alle primarie? Complicato da sondaggi che danno in testa ora lei, ora Franceschini?
«Non mi occupo di questi sondaggi. Quando giro, sento una buona aria. Pare che ci stiamo occupando solo di beghe interne; ma qual è il partito in Europa che fa un congresso aperto come il nostro? Certo, qualche correzione allo statuto è necessaria. Ma non credo che esista una distinzione antropologica tra iscritti ed elettori, e non credo che le due votazioni avranno esito diverso. Serve un partito organizzato, con una sua posizione, una sua presenza fisica, con coscienza delle proprie antichissime radici popolari».
I COMMENTI
Per Rosy Bindi, vicepresidente della Camera, "Bersani offre un contributo al dibattito congressuale, per uscire dai posizionamenti tattici ed entrare invece nel merito dei problemi veri che riguardano gli italiani e il futuro del Paese. Di fronte alla balcanizzazione del centrodestra la risposta è la coesione di un Pd perno di una opposizione che si candida fin d'ora ad essere credibile e autorevole alternativa di governo".
Matteo Colaninno, deputato del Pd, ha osservato che "le idee di Bersani rilanciano finalmente i grandi temi per la competitività delle imprese italiane riportando al centro del dibattito la discussione sul futuro delle aziende italiane nei prossimi tre-cinque anni"; posizione condivisa da Paola De Micheli, parlamentare Pd, la quale ha messo in evidenza che "lo sguardo rivolto al futuro di Bersani candida il partito del dopo-congresso a essere la vera alternativa a questo centrodestra corporativo".
Bernardo Mattarella, candidato alla segreteria siciliana del Pd per la mozione Bersani, ha affermato che "l’intervista di Bersani manifesta una visione di lungo respiro sui problemi che l’Italia ha di fronte e sul rilancio del nostro Paese", mentre Enzo Amendola, candidato alla segreteria in Campania, ha rilevato che "la proposta di una no tax area per i prossimi dieci anni a chi crea occupazione segna il passo giusto per un Pd come alternativa di governo ad un centro destra che sa solo fare annunci spot, conditi da proposte che nel merito non costruiscono speranza e nel metodo non danno certezze per il Sud".
Per Maurizio Martina, candidato alla segreteria del Pd lombardo, "le indicazioni di Bersani vanno nella direzione giusta, uno dei grandi temi del Partito Democratico è ridefinire come vogliamo essere italiani nel tempo della globalizzazione".
Sergio Blasi, candidato alla segreteria del Pd Puglia, ha sottolineato che "Bersani coglie nel segno quando pone due questioni che non riguardano la solita lamentosa richiesta per il Sud ma risorse per un grande piano infrastrutturale per il Mezzogiorno e l’efficienza della pubblica amministrazione".
Gianni Pittella, responsabile organizzativo della mozione Bersani, ha notato che "la sfida che Bersani lancia al Paese e al suo partito, per un vero cambio di direzione in grado di farci uscire dalla crisi, è assumere una mentalità europea da contrapporre all’istinto familistico, corporativo e localista che domina il centrodestra".
Per Sergio Gentili, coordinatore della sinistra Pd per Bersani segretario, "convincono decisamente le proposte sull'economia verde e una nuova politica sui redditi mirata a rafforzare quelli medio bassi. La sfida di Bersani al centrodestra mi pare messa sui binari giusti".
«Il Pd non può fare il suo primo congresso senza l’ambizione di indicare un nuovo corso della vicenda politica e sociale italiana. Non possiamo parlare solo di noi. Chi vince dovrà parlare dell’Italia. È preziosa la riflessione di Prodi, che vede le forze progressiste ferme sulle gambe, appesantite dal conservatorismo e dalla perdita di una visione autonoma. Prodi ci offre uno spazio di correzione e di ripensamento: riflettere su com’è andata, e presentarci agli italiani con idee nuove».
Questo l'inizio dell'intervista di Aldo Cazzullo a Pier Luigi Bersani, candidato alla segreteria del Partito Democratico, pubblicata dal Corriere della Sera.
Bersani, su quali idee imposterà la sua campagna?
«Su tre grandi questioni. L’Italia: si tratta di vedere come, tra il globale e il locale, decidiamo di essere italiani. L’economia: aumento dei redditi ed economia verde devono essere il nostro New Deal. La politica: siamo all’imbrunire di un ciclo; c’è da immaginare uno scenario nuovo».
La disunità d’Italia è al centro della discussione pubblica
«Sì, e condivido l’analisi di Galli della Loggia. Siamo di fronte a una frattura nuova. Al tempo delle gabbie salariali, dentro c’era un po’ di Calabria e un po’ di Rovigo. Poi si è affermato il monopolio del divario Nord-Sud. Ora la politica, invece di interpretare la correzione del divario, si predispone ad interpretarne il divario. Non pensa più di poterlo ridurre. È rassegnata. Immagina leghe territoriali. Usa parole vacue come agenzia, cassa. Ma un grande partito nazionale e federale non si limita a difendere l’unità; vuole costruirla»
In che modo?
«Progettando una reciprocità tra Nord e Sud. Imprimendo una svolta sociale e liberale alla questione, un po’ nella direzione che ha indicato Panebianco. Se noi attacchiamo tutte le intermediazioni amministrative, diamo una risposta alla rabbia del Nord e alla sudditanza del Sud. Sbaracchiamo tutti gli incentivi mediati al sistema economico. Introduciamo per dieci anni un credito d’imposta stabile e automatico: via le tasse su tutti gli investimenti per l’occupazione»
Una no tax area grande come l’Italia?
«Una no tax area per nuovi investimenti, a cominciare dal Sud. Stabilita automaticamente, senza intermediazioni. E poi far partire infrastrutture che aggancino l’Italia al Mediterraneo. Premiare i migliori standard di servizio: i soldi li prende chi migliora la vita di pensionati, malati, studenti perché dove stanno bene i cittadini stanno bene le imprese. Programmare una riscossa civica, non moralistica»
Un’altra questione morale?
«Una questione concreta. Si è molto abbassata l’asticella nei comportamenti civici collettivi. L’istinto familistico, corporativo, localista, insomma le reti corte che da sempre sono nostra croce e delizia, nella globalizzazione hanno preso una curvatura difensiva. Usiamo allora gli strumenti della sfida europea. Facciamo una Maastricht dei costi della politica: stabiliamo la media di quanto costa la politica nei paesi europei, e mettiamoci lì. Facciamo una Maastricht della fedeltà fiscale, e decidiamo che ogni punto di fedeltà fiscale viene riversato sulle categorie che lo garantiscono, con riduzione di aliquote e miglioramenti di welfare. Portiamo il merito dal cielo alla terra, con meccanismi di valutazione esterna per ogni funzione. Facciamo un “piano industriale” per far funzionare la giustizia civile. Parlo, insomma, di un patto civico di solidarietà e reciprocità da proporre al Paese»
Come vede la situazione economica?
«È inutile edulcorarla: i prossimi mesi saranno drammatici per molti: siamo nel pieno della crisi. Da qui al 2010 rischiamo di perdere un milione di posti di lavoro. Serve un pacchetto anticrisi vero, che sostenga i redditi e sblocchi le infrastrutture locali, quelle che si fanno in sei mesi, dalle rotonde alla manutenzione straordinaria delle scuole. Non possiamo aspettare il Ponte sullo Stretto»
Ma neppure i pacchetti anticrisi fin qui hanno avuto un impatto significativo
«È vero: perdiamo 6 punti di Pil; a colpi di 0,5%, ci metteremmo 12 anni a tornare ai livelli precedenti. Dobbiamo mettere il turbo da qualche parte, per rimontare in modo rapido»
Da quale parte?
«Il nostro New Deal sarà l’economia verde e una nuova politica dei redditi. Proporrò un piano per l’efficienza energetica per i prossimi 5 anni, mobilitando un enorme bacino tra risposta privata e iniziativa pubblica. E si dovrà attaccare la cattiva distribuzione dei redditi, rafforzando quelli medio-bassi, per rianimare i consumi»
La no tax area dovrebbe valere anche per gli aumenti contrattuali?
«Sì. Penso a interventi che dovrebbero favorire la contrattazione decentrata. Ma non basta. Penso a misure fiscali, al cuneo contributivo, ai prezzi sensibili. E a un salario minimo, da inserire se possibile per via contrattuale, eventualmente con una sponda normativa. Così come dobbiamo unificare i percorsi di accesso al lavoro»
Lei espone un programma di governo. Ma al governo c’è Berlusconi
«Io ritengo che chi si candida alla guida del più grande partito d’opposizione debba fare la sua proposta al paese. A novembre saranno vent’anni dall’89, quando crollò pure il Muro che avevamo in casa, lasciando un vuoto. Quel vuoto fu colmato nel segno dell’antipolitica. Berlusconi ha saputo unificare tutte le forze del centrodestra, dando al modello di consenso una curvatura populista di tipo nuovo: più che usare il consenso per fare governo, ha usato il governo per fare consenso. Gli italiani gli hanno consentito di fare quel che ha voluto, nel pubblico, nel privato e nei rapporti tra pubblico e privato: ma agli italiani cosa ne è venuto? Più riforme? Meno tasse? Più crescita? Nulla di tutto questo. Se lo si chiede a lui, risponde che ha fermato i comunisti. Una risposta un po’ onirica»
Non esageri. La riforma del mercato del lavoro è stata fatta
«Con un’intensità non superiore alla riforma Treu. Può darsi che io esageri; ma non si può dire che, nella decina d’anni in cui Berlusconi è stato al governo, l’Italia sia cambiata. E lo stesso vale per la Lega. Al netto delle ronde, che cosa ha inventato la Lega per le politiche locali? Solo ideologia; non le aree artigianali, gli asili nido, l’urbanistica, i servizi sociosanitari. Ma il punto non è essere più o meno antiberlusconiani. L’opposizione non la si valuta a seconda se grida più o meno forte, ma se prepara un’alternativa. Se tocca a me, la butto di lì»
C’è qualcosa che non funziona, in questo meccanismo per cui si vota prima al congresso e poi alle primarie? Complicato da sondaggi che danno in testa ora lei, ora Franceschini?
«Non mi occupo di questi sondaggi. Quando giro, sento una buona aria. Pare che ci stiamo occupando solo di beghe interne; ma qual è il partito in Europa che fa un congresso aperto come il nostro? Certo, qualche correzione allo statuto è necessaria. Ma non credo che esista una distinzione antropologica tra iscritti ed elettori, e non credo che le due votazioni avranno esito diverso. Serve un partito organizzato, con una sua posizione, una sua presenza fisica, con coscienza delle proprie antichissime radici popolari».
I COMMENTI
Per Rosy Bindi, vicepresidente della Camera, "Bersani offre un contributo al dibattito congressuale, per uscire dai posizionamenti tattici ed entrare invece nel merito dei problemi veri che riguardano gli italiani e il futuro del Paese. Di fronte alla balcanizzazione del centrodestra la risposta è la coesione di un Pd perno di una opposizione che si candida fin d'ora ad essere credibile e autorevole alternativa di governo".
Matteo Colaninno, deputato del Pd, ha osservato che "le idee di Bersani rilanciano finalmente i grandi temi per la competitività delle imprese italiane riportando al centro del dibattito la discussione sul futuro delle aziende italiane nei prossimi tre-cinque anni"; posizione condivisa da Paola De Micheli, parlamentare Pd, la quale ha messo in evidenza che "lo sguardo rivolto al futuro di Bersani candida il partito del dopo-congresso a essere la vera alternativa a questo centrodestra corporativo".
Bernardo Mattarella, candidato alla segreteria siciliana del Pd per la mozione Bersani, ha affermato che "l’intervista di Bersani manifesta una visione di lungo respiro sui problemi che l’Italia ha di fronte e sul rilancio del nostro Paese", mentre Enzo Amendola, candidato alla segreteria in Campania, ha rilevato che "la proposta di una no tax area per i prossimi dieci anni a chi crea occupazione segna il passo giusto per un Pd come alternativa di governo ad un centro destra che sa solo fare annunci spot, conditi da proposte che nel merito non costruiscono speranza e nel metodo non danno certezze per il Sud".
Per Maurizio Martina, candidato alla segreteria del Pd lombardo, "le indicazioni di Bersani vanno nella direzione giusta, uno dei grandi temi del Partito Democratico è ridefinire come vogliamo essere italiani nel tempo della globalizzazione".
Sergio Blasi, candidato alla segreteria del Pd Puglia, ha sottolineato che "Bersani coglie nel segno quando pone due questioni che non riguardano la solita lamentosa richiesta per il Sud ma risorse per un grande piano infrastrutturale per il Mezzogiorno e l’efficienza della pubblica amministrazione".
Gianni Pittella, responsabile organizzativo della mozione Bersani, ha notato che "la sfida che Bersani lancia al Paese e al suo partito, per un vero cambio di direzione in grado di farci uscire dalla crisi, è assumere una mentalità europea da contrapporre all’istinto familistico, corporativo e localista che domina il centrodestra".
Per Sergio Gentili, coordinatore della sinistra Pd per Bersani segretario, "convincono decisamente le proposte sull'economia verde e una nuova politica sui redditi mirata a rafforzare quelli medio bassi. La sfida di Bersani al centrodestra mi pare messa sui binari giusti".
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giovedì 20 agosto 2009
Prima delibera impegnativa della Giunta Concina e Primo Infortunio
Dopo la prima delibera significativa della giunta Concina del 6 agosto abbiamo aspettato. Innanzi tutto abbiamo aspettato la reazione di Pier Luigi Leoni che è persona competente e ricopre il ruolo di consigliere comunale ad Orvieto.
L'aspettavamo perchè nelle famose ratifiche delle ultime delibere della gestione Mocio aveva espresso valutazioni molto pesanti sulla validità delle stesse ed aveva mostrato un atteggiamento del tipo " non condivido ma mi adeguo" facendo intendere che la "tolleranza" finiva lì.
Per questo abbiamo atteso 14 giorni un suo intervento su di una delibera che ci sembra palesemente illeggittima.
Ma non abbiamo sentito niente.
Come non abbiamo sentito niente dal buon Olimpieri che nella scorsa legislatura tuonava contro le delibere di giunta in materia di bilancio , che perlappunto dovrebbero essere prese dal consiglio.
Insomma nessuno parla. Eppure la bufala è grossa.
Sulla delibera in questione si possono argomentare le seguenti considerazioni:
1 La Giunta non può in nessun caso formulare indirizzi ai Responsabili che violano la normativa vigente.
per questo aspetto sarebbe corretto - vedi obbligo di denuncia per danno erariale al Procuratore Regionale - da parte di chi ne viene a conoscenza e inviare l'atto alla Corte dei Conti anche in via cutelativa.
2 Il segretario e il Dirigente competente non potevano apporre i propri pareri.
Inoltre:
- l'atto ignora totalmente le disposizioni legislative in materia rimarcate e puntualizzate dal cosidetto decreto anticrisi (DL 78/2009 coordinato con la legge di conversione n. 102/2009 e DL correttivo 103 del 03/08/2009).
In particolare è stato introdotto un articolo (9bis presso le Commissioni della Camera dei deputati) che modifica la disciplina vigente del Patto di stabilità interno per gli enti locali per l'anno 2009 al fine di escludere dai vincoli del Patto i pagamenti per spese in conto capitale effettuati nel corso dell'anno 2009 dagli enti locali virtuosi.
La misura dei pagamenti consentiti in deroga è limitata ad un importo complessivo pari a 2.250.000 milioni di euro, corrispondente in sostanza:
al 4 per cento dell'ammontare complessivo dei residui passivi in conto capitale dei comuni con + di 5.000 abitanti, quali risultanti dai rendiconti degli enti relativi all'esercizio finanziario 2007.
Possono beneficiare della misura in questione le province ed i comuni che abbiano rispettato il patto 2008 e le provincie e comuni che, sebbene inadempienti per 2008, siano stati adempienti nel triennio 2005/2007, purchè abbiano registrato nel 2008 impegni di spesa corrente, considerati al netto delle spese per adeguamenti del personale, compreso il segretario comunale, per un ammontare non superiore a quello medio del triennio 2005/2007 (art. 77 bis comma 21 bis del DL 112/2008.
Inoltre per quanto detto in delibera facciamo notare :
il funzionario che adotta provvedimenti che comportano impegni di spesa ha l'obbligo di accertare preventivamente che il programma dei conseguenti pagamenti sia compatibile con gli stanziamenti di bilancio ed ha l'obbligo di accertare che i pagamenti che saranno originati da questo impegno siano compatibili CON LE REGOLE DELLA FINANZA PUBBLICA VIGENTE.
Ciò significa che l'Ente prima di impegnare la spesa deve verificare se esiste lo stanziamento di bilancio e soprattutto, verificare che quando da quell'impegno sorgerà la necessità di pagare il pagamento possa avvenire rispettando i saldi imposti dal patto di stabilità (fino ad oggi modificati con cadenza annuale).
Questo a dimostrazione che la struttura non può seguire l'indirizzo della giunta impartito con la delibera 91.
Per la cronaca l'Anci ha sempre affermato che gli Enti che sono tenuti al rispetto del patto di stabilità, non pagano o hanno rallentato i pagamenti, non per disfunzioni organizzative, ma perchè pagando, ossia ottemperando ad obblighi contrattuali, "sforerebbero il saldo del patto". Cosa impossibile e illegale e che comunque se si verifica produce delle sanzioni già stabilite dalla normativa vigente.
lunedì 17 agosto 2009
Basta risse sulla Sanità chi è malato vuole la riforma di BARACK HUSSEIN OBAMA
IL NOSTRO Paese, oggi, è impegnato in un grande dibattito sul futuro dell'assistenza sanitaria in America. Nel corso di queste ultime settimane, gran parte dell'attenzione dei media si è concentrata sulle voci di coloro che gridavano più forte. Ciò che non abbiamo udito sono le voci dei milioni di americani che silenziosamente lottano ogni giorno con un sistema che spesso avvantaggia più le compagnie di assicurazione che loro.
Sono persone come Lori Hitchcock, che ho incontrato nel New Hampshire la scorsa settimana. Lori, attualmente, è una lavoratrice autonoma e sta cercando di avviare un'attività commerciale, ma a causa di una epatite C non riesce a trovare un'assicurazione che le stipuli una polizza. Un'altra donna mi ha raccontato che una società di assicurazioni non copre le patologie dei suoi organi interni, provocate da un incidente avvenuto quando aveva 5 anni.
Un uomo ha perso l'assicurazione sanitaria durante un ciclo di chemioterapia. Perché la società assicuratrice ha scoperto che aveva i calcoli biliari, di cui egli non era a conoscenza quando aveva stipulato la sua polizza. Poiché la cura è stata sospesa, l'uomo è morto. Ho ascoltato tutti i giorni tante storie come queste, ed è per questo che stiamo lavorando con rapidità affinché la riforma sanitaria possa essere approvata entro quest'anno.
Non devo spiegare ai quasi 46 milioni di americani sprovvisti di copertura sanitaria quanto ciò sia importante. Ma è altrettanto importante per gli americani che sono assicurati. Sono quattro i modi in cui la riforma che proponiamo darà più stabilità e sicurezza ad ogni americano. Primo, se non avete un'assicurazione sanitaria, potrete avere comunque una copertura di qualità ad un costo accessibile, per voi e per le vostre famiglie, copertura che vi seguirà anche se vi trasferirete, se cambierete lavoro o se lo perderete.
Secondo, la riforma metterà finalmente sotto controllo una spesa sanitaria che è alle stelle, il che significa un risparmio reale per le famiglie, per l'economia e per il governo. Taglieremo centinaia di miliardi di dollari di sprechi e di inefficienze che si nascondono nei programmi sanitari federali come Medicare e Medicaid (i due programmi di assistenza pubblica destinati agli anziani e ai poveri, ndt), e nei sussidi ingiustificati dati alle società di assicurazione che non fanno nulla per migliorare l'assistenza e tutto per aumentare i loro profitti.
Terzo, rendendo Medicare più efficiente, saremo in grado di garantire che venga destinato più denaro a favore dell'assistenza agli anziani, anziché per arricchire le assicurazioni.
Infine, la riforma darà ad ogni americano alcuni strumenti di tutela del consumatore che metteranno le assicurazioni nella condizione di rispondere del loro operato. Un'indagine nazionale del 2007, in effetti, dimostra che nei tre anni precedenti, le assicurazioni avevano discriminato più di 12 milioni di americani che avevano malattie o disturbi già in atto. Le società assicuratrici si sono rifiutate di stipulare loro una polizza, oppure hanno fatto pagare un premio più elevato.
Noi metteremo fine a questa pratica. La nostra riforma proibirà alle società assicuratrici di rifiutare la copertura a causa della storia medica di un individuo. Né permetteremo loro di revocare l'assistenza in caso di malattia. Non potranno più ridurre la copertura proprio quando se ne ha più bisogno. Non potranno più limitare arbitrariamente il livello di copertura assicurativa che può essere ricevuta in un determinato anno o nel corso della vita. Nessuno in America deve rovinarsi in caso di malattia.
Più importante di tutto, chiederemo alle società assicuratrici di coprire anche i controlli di routine, le cure preventive e gli esami di controllo, come le mammografie e le colonoscopie. Non c'è ragione per la quale non dovremmo affrontare queste malattie in via preventiva. È ragionevole, può salvare delle vite e far risparmiare denaro.
Il lungo e acceso dibattito sull'assistenza sanitaria che si è svolto negli ultimi mesi è un segno positivo. L'America è questo. Ma assicuriamoci di parlare gli uni con gli altri, non gli uni sopra gli altri. Possiamo essere in disaccordo, ma dobbiamo esserlo sui temi veri, non su assurdi travisamenti che non hanno nulla a che vedere con ciò che è stato proposto. Questo è un argomento complesso e delicato, e merita un dibattito serio.
Malgrado ciò che abbiamo visto in televisione, credo che in tutte le case americane si stia discutendo con serietà. Negli anni recenti ho ricevuto innumerevoli lettere e domande riguardo all'assistenza sanitaria. Alcuni sono favorevoli alla riforma, altri sono preoccupati. Ma quasi tutti si rendono conto che bisogna fare qualcosa. Quasi tutti sanno che dobbiamo iniziare a rendere le società assicuratrici responsabili e dare agli americani un maggior senso di stabilità e di sicurezza in materia di assistenza medica.
Sono certo che quando tutto sarà stato detto e fatto, potremo avere il consenso di cui abbiamo bisogno per raggiungere questo obiettivo. Siamo più vicini ad avere una riforma della copertura sanitaria di quanto sia mai accaduto in passato. Abbiamo dalla nostra parte l'American Nurses Association e l'American Medical Association, perché le infermiere e i medici del nostro Paese sanno bene quanto sia necessaria questa riforma. Abbiamo un largo consenso al Congresso sull'80 per cento di ciò che stiamo tentando di fare. Abbiamo un accordo con le società farmaceutiche per rendere più economiche le prescrizioni mediche per gli anziani. L'AARP (associazione di tutela dei pensionati, ndt) sostiene questa linea politica e concorda con noi che la riforma deve entrare in vigore quest'anno.
Nelle prossime settimane, i cinici e gli oppositori continueranno a sfruttare politicamente i timori e le preoccupazioni. Ma ciò che è veramente spaventoso, e rischioso, è la prospettiva di non fare nulla. Se manteniamo lo status quo, continueremo a vedere ogni giorno 14.000 americani perdere la loro assicurazione sanitaria. I premi continueranno ad aumentare. Il nostro deficit continuerà a crescere. E le società di assicurazione continueranno a fare profitti discriminando chi è malato. Questo non è il futuro che voglio per i miei figli, o per i vostri. E non è il futuro che voglio per gli Stati Uniti d'America.
Alla fine, questo non riguarda la politica. Riguarda la vita e la sopravvivenza della gente. Riguarda le attività economiche. Riguarda il futuro dell'America, se saremo capaci, negli anni a venire, di guardare indietro e dire "quello fu il momento in cui abbiamo fatto i cambiamenti di cui avevamo bisogno e abbiamo dato ai nostri figli una vita migliore". Sono convinto che possiamo farlo e che lo faremo.
(Copyright New York Times Syndicate/La Repubblica. Traduzione di Antonella Cesarini)
(17 agosto 2009)
Sono persone come Lori Hitchcock, che ho incontrato nel New Hampshire la scorsa settimana. Lori, attualmente, è una lavoratrice autonoma e sta cercando di avviare un'attività commerciale, ma a causa di una epatite C non riesce a trovare un'assicurazione che le stipuli una polizza. Un'altra donna mi ha raccontato che una società di assicurazioni non copre le patologie dei suoi organi interni, provocate da un incidente avvenuto quando aveva 5 anni.
Un uomo ha perso l'assicurazione sanitaria durante un ciclo di chemioterapia. Perché la società assicuratrice ha scoperto che aveva i calcoli biliari, di cui egli non era a conoscenza quando aveva stipulato la sua polizza. Poiché la cura è stata sospesa, l'uomo è morto. Ho ascoltato tutti i giorni tante storie come queste, ed è per questo che stiamo lavorando con rapidità affinché la riforma sanitaria possa essere approvata entro quest'anno.
Non devo spiegare ai quasi 46 milioni di americani sprovvisti di copertura sanitaria quanto ciò sia importante. Ma è altrettanto importante per gli americani che sono assicurati. Sono quattro i modi in cui la riforma che proponiamo darà più stabilità e sicurezza ad ogni americano. Primo, se non avete un'assicurazione sanitaria, potrete avere comunque una copertura di qualità ad un costo accessibile, per voi e per le vostre famiglie, copertura che vi seguirà anche se vi trasferirete, se cambierete lavoro o se lo perderete.
Secondo, la riforma metterà finalmente sotto controllo una spesa sanitaria che è alle stelle, il che significa un risparmio reale per le famiglie, per l'economia e per il governo. Taglieremo centinaia di miliardi di dollari di sprechi e di inefficienze che si nascondono nei programmi sanitari federali come Medicare e Medicaid (i due programmi di assistenza pubblica destinati agli anziani e ai poveri, ndt), e nei sussidi ingiustificati dati alle società di assicurazione che non fanno nulla per migliorare l'assistenza e tutto per aumentare i loro profitti.
Terzo, rendendo Medicare più efficiente, saremo in grado di garantire che venga destinato più denaro a favore dell'assistenza agli anziani, anziché per arricchire le assicurazioni.
Infine, la riforma darà ad ogni americano alcuni strumenti di tutela del consumatore che metteranno le assicurazioni nella condizione di rispondere del loro operato. Un'indagine nazionale del 2007, in effetti, dimostra che nei tre anni precedenti, le assicurazioni avevano discriminato più di 12 milioni di americani che avevano malattie o disturbi già in atto. Le società assicuratrici si sono rifiutate di stipulare loro una polizza, oppure hanno fatto pagare un premio più elevato.
Noi metteremo fine a questa pratica. La nostra riforma proibirà alle società assicuratrici di rifiutare la copertura a causa della storia medica di un individuo. Né permetteremo loro di revocare l'assistenza in caso di malattia. Non potranno più ridurre la copertura proprio quando se ne ha più bisogno. Non potranno più limitare arbitrariamente il livello di copertura assicurativa che può essere ricevuta in un determinato anno o nel corso della vita. Nessuno in America deve rovinarsi in caso di malattia.
Più importante di tutto, chiederemo alle società assicuratrici di coprire anche i controlli di routine, le cure preventive e gli esami di controllo, come le mammografie e le colonoscopie. Non c'è ragione per la quale non dovremmo affrontare queste malattie in via preventiva. È ragionevole, può salvare delle vite e far risparmiare denaro.
Il lungo e acceso dibattito sull'assistenza sanitaria che si è svolto negli ultimi mesi è un segno positivo. L'America è questo. Ma assicuriamoci di parlare gli uni con gli altri, non gli uni sopra gli altri. Possiamo essere in disaccordo, ma dobbiamo esserlo sui temi veri, non su assurdi travisamenti che non hanno nulla a che vedere con ciò che è stato proposto. Questo è un argomento complesso e delicato, e merita un dibattito serio.
Malgrado ciò che abbiamo visto in televisione, credo che in tutte le case americane si stia discutendo con serietà. Negli anni recenti ho ricevuto innumerevoli lettere e domande riguardo all'assistenza sanitaria. Alcuni sono favorevoli alla riforma, altri sono preoccupati. Ma quasi tutti si rendono conto che bisogna fare qualcosa. Quasi tutti sanno che dobbiamo iniziare a rendere le società assicuratrici responsabili e dare agli americani un maggior senso di stabilità e di sicurezza in materia di assistenza medica.
Sono certo che quando tutto sarà stato detto e fatto, potremo avere il consenso di cui abbiamo bisogno per raggiungere questo obiettivo. Siamo più vicini ad avere una riforma della copertura sanitaria di quanto sia mai accaduto in passato. Abbiamo dalla nostra parte l'American Nurses Association e l'American Medical Association, perché le infermiere e i medici del nostro Paese sanno bene quanto sia necessaria questa riforma. Abbiamo un largo consenso al Congresso sull'80 per cento di ciò che stiamo tentando di fare. Abbiamo un accordo con le società farmaceutiche per rendere più economiche le prescrizioni mediche per gli anziani. L'AARP (associazione di tutela dei pensionati, ndt) sostiene questa linea politica e concorda con noi che la riforma deve entrare in vigore quest'anno.
Nelle prossime settimane, i cinici e gli oppositori continueranno a sfruttare politicamente i timori e le preoccupazioni. Ma ciò che è veramente spaventoso, e rischioso, è la prospettiva di non fare nulla. Se manteniamo lo status quo, continueremo a vedere ogni giorno 14.000 americani perdere la loro assicurazione sanitaria. I premi continueranno ad aumentare. Il nostro deficit continuerà a crescere. E le società di assicurazione continueranno a fare profitti discriminando chi è malato. Questo non è il futuro che voglio per i miei figli, o per i vostri. E non è il futuro che voglio per gli Stati Uniti d'America.
Alla fine, questo non riguarda la politica. Riguarda la vita e la sopravvivenza della gente. Riguarda le attività economiche. Riguarda il futuro dell'America, se saremo capaci, negli anni a venire, di guardare indietro e dire "quello fu il momento in cui abbiamo fatto i cambiamenti di cui avevamo bisogno e abbiamo dato ai nostri figli una vita migliore". Sono convinto che possiamo farlo e che lo faremo.
(Copyright New York Times Syndicate/La Repubblica. Traduzione di Antonella Cesarini)
(17 agosto 2009)
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venerdì 14 agosto 2009
Un Sindaco pianista, o un pianista Sindaco ? L'agenda del sindaco Concina a Cortina
Il Sindaco di Orvieto Tony Concina si è lamentato del nostro post precedente
Per completezza di informazioni ecco il riepilogo della sua agenda a Cortina.
10 agosto “Noio volevan savuar … quanto è grande Totò”
Liliana De Curtis e Toni Concina al pianoforte
11 agosto “Roma nun fa la stupida”
Enrico Montesano, Gianni Alemanno e Toni Concina al pianoforte
12 agosto “Ecco a voi la commedia musicale”
Enzo Garinei e Toni Concina al pianoforte
17 agosto “Musica e foto, a gentile richiesta”
Umberto Pizzi fotografo di Dagospia e autore di Cafonal e Toni Concina al pianoforte
18 agosto “Come eravamo”
Enrico Vaime, Michele Mirabella e Toni Concina al pianoforte
Per completezza di informazioni ecco il riepilogo della sua agenda a Cortina.
10 agosto “Noio volevan savuar … quanto è grande Totò”
Liliana De Curtis e Toni Concina al pianoforte
11 agosto “Roma nun fa la stupida”
Enrico Montesano, Gianni Alemanno e Toni Concina al pianoforte
12 agosto “Ecco a voi la commedia musicale”
Enzo Garinei e Toni Concina al pianoforte
17 agosto “Musica e foto, a gentile richiesta”
Umberto Pizzi fotografo di Dagospia e autore di Cafonal e Toni Concina al pianoforte
18 agosto “Come eravamo”
Enrico Vaime, Michele Mirabella e Toni Concina al pianoforte
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mercoledì 12 agosto 2009
IL CONCERTO INTERROTTO di TONY CONCINA
Questa volta Germani e Gialletti l’hanno fatta proprio grossa, hanno costretto Tony Concina ad interrompere gli stacchi musicali con i quali accompagna a “Cortinaincontri” il sindaco di Roma Alemanno ( le Foglie del Messaggero Umbria del 12 agosto 2009) per doverli inseguire su una piccola cosa, se volete banale, come il le Linee di Indirizzo che ogni sindaco deve presentare quando si insedia.
Al primo consiglio comunale Concina aveva emulato le mitiche gesta di Materazzo che una volta si era presentato in Consiglio Regionale per relazionare su un importate punto all’ordine del giorno e aveva dato “PER DETTA” la relazione. Ripeto non per letta ma per detta. Così ha fatto Concina al primo consiglio comunale; invece di presentarsi con il suo Programma di Governo ha improvvisato un discorsetto a braccio fatto di cose talmente generiche che tutti l’hanno condiviso.
Dopo 50 giorni ancora niente.
A questo punto l’opposizioneha proposto il proprio Programma di Governo. E’ successo il finimondo, il buon Concina, posato lo spartito, ha imbracciato la penna o meglio il telefonino e ha dettatto il contro bollettino di guerra ( http://www.orvietosi.it/notizia.php?id=17781 ).
Dopo aver recitato la solita litania sulle divisioni interne del Pd si è lasciato andare ad un piccolo attacco di megalomania rivendicando l’approvazione del SUO bilancio di Previsione della Comunità Montana. Come per dire lasciatemi lavorare se volete che metto a posto le cose.
Ovviamente le vacanze ferragostane sono un diritto di tutti, ed il buon Tony può continuare a suonare il pianoforte per Alemanno in santa pace. Sempre che nel frattempo i Suoi non gli abbiano combinato qualche altro guaio. Se no ci vorrà un nuovo bollettino
Al primo consiglio comunale Concina aveva emulato le mitiche gesta di Materazzo che una volta si era presentato in Consiglio Regionale per relazionare su un importate punto all’ordine del giorno e aveva dato “PER DETTA” la relazione. Ripeto non per letta ma per detta. Così ha fatto Concina al primo consiglio comunale; invece di presentarsi con il suo Programma di Governo ha improvvisato un discorsetto a braccio fatto di cose talmente generiche che tutti l’hanno condiviso.
Dopo 50 giorni ancora niente.
A questo punto l’opposizioneha proposto il proprio Programma di Governo. E’ successo il finimondo, il buon Concina, posato lo spartito, ha imbracciato la penna o meglio il telefonino e ha dettatto il contro bollettino di guerra ( http://www.orvietosi.it/notizia.php?id=17781 ).
Dopo aver recitato la solita litania sulle divisioni interne del Pd si è lasciato andare ad un piccolo attacco di megalomania rivendicando l’approvazione del SUO bilancio di Previsione della Comunità Montana. Come per dire lasciatemi lavorare se volete che metto a posto le cose.
Ovviamente le vacanze ferragostane sono un diritto di tutti, ed il buon Tony può continuare a suonare il pianoforte per Alemanno in santa pace. Sempre che nel frattempo i Suoi non gli abbiano combinato qualche altro guaio. Se no ci vorrà un nuovo bollettino
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Tony Concina
martedì 11 agosto 2009
Il CENTROSINISTRA contrattacca ad Orvieto: presentata la mozione con il Programma di Governo
Al Presidente del Consiglio Comunale
Comune di Orvieto
Oggetto: Mozione ai sensi dell'art. 32, comma 2, lettera a) del Regolamento Comunale: Linee Programmatiche della Coalizione di Centro Sinistra per la Città
Chiediamo l'inserimento nell'ordine del giorno della prossima riunione del Consiglio comunale della Mozione allegata.
Cordialmente
Capogruppo Partito Democratico
___________________________________
Capogruppo
Socialista Sinistra e Libertà per Orvieto
___________________________________
Premesso che
a tutt'oggi non è stato presentato il programma del Sindaco e della sua Giunta, nella convinzione che sia necessaria totale chiarezza sulla separazione dei ruoli tra esecutivo e maggioranza consiliare e che urga un’azione sollecita ed adeguata alle esigenze ed alle speranze della città;
• considerando
la spinta ideale e l’impegno che hanno sempre animato i sottoscrittori nella costruzione di una città capace di un futuro migliore e la validità delle elaborazioni progettuali proposte in occasione della tornata elettorale scorsa, i gruppi consiliari del Partito Democratico e Sinistra e Libertà mettono a disposizione del Consiglio comunale e dell'intera città la proposta programmatica che ha ottenuto nelle ultime amministrative il consenso della maggioranza dei cittadini orvietani, al fine di giungere ad una discussione da cui possa emergere una sintesi operativa
• chiedono:
al Sindaco e alla Giunta di fare proprie le linee d’indirizzo allegate alla presente mozione
in allegato Linee Programmatiche della Coalizione di Centro Sinistra per la Città
Allegato
Con queste proposte programmatiche la coalizione di centrosinistra si candida alla guida del Comune di Orvieto. A partire dalla condivisione delle intese programmatiche regionali e provinciali e dalla sottoscrizione di un patto affinché la politica ritrovi i valori fondanti della democrazia e della reale partecipazione dei cittadini, le forze politiche dell’alleanza di centrosinistra, con questo documento, intendono offrire il proprio originale contributo allo sviluppo del territorio orvietano e quindi provinciale e regionale.
ORVIETO E L’UMBRIA
Concepiamo Orvieto – città libera, solidale e antifascista - come elemento mobile di un’Umbria aperta al mondo e in grado di giocare la carta della competizione internazionale. Elemento mobile perché naturalmente proteso verso l'Alto Lazio e la Bassa Toscana, aperto sull'Area Metropolitana di Roma, attraversato già da ora da flussi del turismo internazionale e simbolo delle “città umanistiche” mondiali predisposte all'incontro con altre culture e altri popoli. Una città che può consolidare la sua presenza nelle reti nazionali e internazionali valorizzando, al contempo, cultura e arte e tessuto imprenditoriale innovativo. Le specificità storiche, artistiche e urbane di un territorio non contrastano più con lo sviluppo delle imprese e del lavoro. Anzi, proprio dall'intreccio fra queste differenti qualità si può trarre la forza per rivendicare un’identità non banale, attrattiva di risorse, imprese e cervelli.
Orvieto vuol fare la sua parte, così come l'Umbria non dovrà far mancare la propria. Serve una governance complessa, una classe dirigente – non solo politica – capace di fare scommesse all'altezza delle sfide imposte dalla crisi economica e sociale e da un mutamento di paradigma necessario a rilanciare un nuovo ciclo di produzione e consumo.
Gli effetti della crisi economica, evidenziati dall’aumento dei senza lavoro e dal fortissimo incremento della cassa integrazione, rischiano di lacerare il tessuto economico e la qualità della coesione sociale umbra, e di interrompere un ciclo virtuoso di sviluppo che aveva consentito alle masse popolari di accedere alle opportunità della modernità e della società della conoscenza. L’intollerabile presenza di situazioni di povertà (secondo la Caritas circa il 14% degli italiani sono poveri o quasi-poveri), il crescente disagio dei ceti medi e la sostanziale paresi della mobilità sociale (solo il 13,9% di chi nasce in casa di operai riesce a fare il salto sociale) sono gli allarmanti segnali di grandi trasformazioni in corso, determinate dalla crisi del paradigma neo-liberista e dalle scelte di politica economica e sociale che ne sono derivate e che hanno determinato l’attuale crisi economica-finanziaria, così come l’aumento delle povertà e l’incremento del depauperamento delle risorse naturali con forti impatti ambientali. In tal senso, le responsabilità del governo di centrodestra sono gravissime: le poche risorse messe a disposizione per affrontare questo difficile passaggio vengono disperse in mille rivoli, e non riescono né a scalfire il costo sociale né a prospettare una nuova fase di crescita del Paese. L’introduzione del federalismo fiscale pone inoltre il problema del rapporto fra questo e i diritti di cittadinanza come nuovo patto di coesione sociale fra tutti i soggetti che vivono o lavorano nel territorio. L’emergere sullo scenario socio-economico e culturale di nuovi lavori, mutamenti demografici, nuovi bisogni, emergere della creatività come elemento centrale di produzione del valore, nuovo ruolo delle città e dei territori nella competizione internazionale – e che determinano un cambiamento di paradigma nel nostro modello di produrre, vivere, accumulare e valorizzare secondo un principio di responsabilità diffusa a cui nessun governo locale può sfuggire.
L’Umbria e Orvieto debbono rispondere alla crisi con elementi di forte innovazione, ripensando funzioni e assetti istituzionali e proponendo la sottoscrizione di un nuovo patto tra istituzioni e cittadini. Bisogna tuttavia impedire che la situazione economica disperda il prezioso patrimonio di imprese, professionalità e talenti che si è strutturato nel tempo. A tal fine, va approntata - d’intesa con gli altri livelli istituzionali, con il sistema associativo e con quelli del credito e delle autonomie funzionali - una strumentazione adeguata a contrastare l’emergenza secondo gli indirizzi presenti nel documento programmatico regionale del centrosinistra.
Anche per Orvieto, serve quindi una capacità di progettazione all’altezza del ruolo che come centrosinistra rivendichiamo. Il modello di sviluppo a cui facciamo riferimento fa leva sulle risorse locali e sulla capacità attrattiva di un territorio concepito come un unicum di risorse umane, ambientali, storiche, paesaggistiche, sul know-how e sulla qualità della vita. Si tratta del mix di attività produttive, elementi simbolici e immateriali, qualità estetiche, culturali e sociali espressione di quell’economia della qualità che oggi dà vigore ad uno sviluppo sostenibile rimettendo al centro il territorio. Perché è sul territorio che oggi si formano interessi e identità collettivi; è sul territorio che si esplica la voglia di viver bene, su cui si radica oggi buona parte del consenso sociale; è sul territorio che si può richiamare la responsabilità di tutti (imprese, enti locali e singoli) a rilanciare lo sviluppo e a razionalizzare spese e interventi.
Pensiamo quindi ad uno sviluppo locale il cui carattere distintivo sia rappresentato dalla capacità dei soggetti istituzionali di cooperare per avviare e condurre percorsi di sviluppo condivisi che mobilitino risorse e competenze locali.
È necessario superare lo scivolamento dell’Umbria da una parte verso una frammentazione che possiamo chiamare “cantonismo” e dall’altra verso un certo “neo-centralismo”, entrambi nemici delle capacità propulsive dei territori, e dunque affermare, anche da Orvieto, l’idea di un’Umbria policentrica e aperta ai progetti interprovinciali e interregionali, che sono la vera prospettiva di sviluppo nell’epoca del federalismo. Non si tratta di un localismo autarchico ma di una prospettiva per cui il protagonismo dei soggetti locali è capace di usare risorse esterne per valorizzare quelle interne. Quindi: attrarre investimenti, imprese, risorse scientifiche e culturali, non solo come occasione per la crescita della produzione, del reddito e dell’occupazione, ma come strumento che arricchisce le competenze e le specializzazioni locali. Ovviamente, la password del futuro, anche nel nostro territorio, è data dal termine “cooperare”: la politica deve responsabilmente assumersi l’onere di tracciare un percorso di pianificazione strategica grazie al quale la città e il territorio integrano le proprie energie e risorse in un progetto comune per raggiungere obiettivi condivisi.
Il ragionamento più recente attorno ai processi di internazionalizzazione delle imprese italiane e umbre apre uno spazio nuovo per collocare Orvieto e la sua specificità sociale, culturale ed economica all’interno di processi di mutazione che avvolgono i luoghi e i territori del pianeta. Una moderna economia delle città, di città proiettate nel mondo, è un’altra decisiva opportunità per l’inserimento in reti nazionali e internazionali di un grande numero di piccole imprese di tutti i settori: da quelle che operano nell’alta tecnologia a quelle legate al turismo, e in particolare al turismo culturale, dall’agricoltura dei prodotti tipici alle libere professioni.
La dialettica di flussi e di luoghi, le forme di governance di opzioni globali e risorse locali, trasformano le città in “porti ideali” per andare alla scoperta del mondo e connettersi con le trame della modernità più avanzate e più dense di occasioni. Una grande opportunità perché Orvieto può già vantare un “rango” internazionale di eccellenza. Merito della storia ma anche di capacità espresse in tempi più recenti. Basti pensare, per i decenni trascorsi, a quello che ha significato il “Progetto Orvieto” nel determinare il passaggio dalla società agricola alla società moderna caratterizzata dalla centralità del sapere, dall’economia della conoscenza e della cultura, dal rapporto positivo tra sviluppo e ambiente, dal rapporto creativo tra locale e globale. Basti pensare, poi, per i tempi più recenti, alla rete internazionale delle Cittaslow al cui centro si trova proprio Orvieto. Oppure, alle reti lunghe percorse dai nostri prodotti migliori: dall’elettronica al comparto agroalimentare passando per la meccanica e la meccatronica, il tessile di qualità, le risorse culturali e monumentali. È il tempo della consapevolezza, è il tempo di muovere la città che vuole competere e vincere le sfide; tempo dell’innovazione e dei talenti, dei giovani e di una sfida che può essere vinta con il coraggio e creatività.
“Su molti di questi terreni la competizione è aperta a tutti, la sfida della internazionalizzazione riguarda tutte le città: grandi, medie e piccole; singolarmente o, meglio, associate tra loro. Ciò che conta è la capacità di pensare strategicamente allo sviluppo futuro: uno sviluppo non più fondato sulla dilatazione delle città, sulla moltiplicazione di periferie, sul consumo del territorio; ma fondato sull’inserimento in quelle reti nazionali e internazionali di qualità”.
Orvieto è al centro di una rete locale di risorse e di qualità. Deve quindi poter adempiere ad un funzione ordinatrice e trasferire con sé nel mondo quei “grappoli” di borghi che punteggiano l’intero territorio. Un compito da svolgere senza pretese egemoniche e con la volontà tenace di fare sistema. E se il termine di riferimento è il Comprensorio orvietano nel suo complesso (per ragioni storiche, culturali e politiche), ciò non deve far dimenticare il territorio dell’Alto Lazio e della Bassa Toscana, anch’esso storicamente affiancato ad Orvieto. Con la realizzazione dell’Aeroporto di Viterbo e l’ampliamento del Porto di Civitavecchia i flussi potranno muoversi anche verso Oriente, toccando quindi le nostre terre. È urgente una “politica dei confini” per superare sbarramenti istituzionali spesso inibitori di occasioni di sviluppo.
Orvieto può diventare uno dei “porti” dell’Umbria, attrattivo dei flussi che attraversano le nuove trame infrastrutturali del Centro Italia, un punto di approdo di visitatori, turisti, merci, opportunità di sviluppo. In questo scenario, caratterizzato dal mutamento di natura di un territorio che si vuole aperto al mondo (questa la scommessa!), vanno inseriti i progetti e vanno condivise, con le forze economiche, sociali e le autonomie funzionali, sempre attraverso un reale processo partecipativo, gli obiettivi di medio e lungo periodo. Il confine diventa non più il luogo della marginalità ma di una nuova identità dell’Umbria che voglia dirsi plurale.
Pensare strategicamente allo sviluppo futuro significa lavorare sui temi strategici che muovono e muoveranno il mondo. Elementi connessi alla società della conoscenza, alla qualità della vita e al welfare, ai servizi per le donne e per l’infanzia, ai “beni collettivi”, alle strutture di formazione, al protagonismo dei soggetti, alla libertà di agire e intraprendere.
Una nuova stagione in cui la qualità sia di tutti e in cui la normalità della vita quotidiana sia l’eccellenza vantata nel mondo, fattore di attrazione delle persone e delle imprese. Una città e un territorio dove “si vive bene” e dove le diverse istituzioni concorrono alla creazione di questo stato di cose; una città e un territorio naturalmente predisposti ad accogliere esperienze più significative dell’economia della conoscenza ed economia del benessere.
Attorno a questi nuclei di opportunità il territorio si deve dotare di adeguati strumenti. A partire dalla costituzione e valorizzazione del capitale umano, dall’istruzione e formazione, dalla valorizzazione dei saperi artigianali e pratici, dai servizi alle imprese, da una rete commerciale all’altezza delle necessità, dalla diffusione di saperi linguistici atti ad accogliere i flussi del mondo, da una pubblica amministrazione efficiente e snella, da un uso del territorio più consapevole delle “armonie” necessarie al mantenimento delle nostre risorse strategiche, dalla disponibilità degli istituti di credito ad accompagnare la crescita del tessuto economico e sociale scommettendo sulle attività più innovative e più capaci di futuro.
ORVIETO E L’ORVIETANO
Il contributo di Orvieto nell’Umbria dei confini e delle porosità interregionali si rafforza perseguendo una politica di area vasta che, dall’Orvietano, dialoghi con i territori contermini. È quindi necessario riaffermare, specie in un periodo storico caratterizzato da una forte competizione tra sistemi territoriali, la centralità del territorio orvietano nelle politiche di sviluppo e il ruolo-guida della città più grande.
Lo ribadiamo, nel quadro di un’Umbria policentrica che faccia dei territori cerniera i punti avanzati di uno sviluppo davvero moderno in cui tutto si lega, in una logica di sistema e di ricerca e di affermazione della qualità. È pertanto compito della politica e della amministrazioni ragionare attorno ai grandi temi dello sviluppo e della qualità, coordinare le diverse iniziative all’interno di un quadro di coerenze e di sostenibilità, co-progettare il territorio attraverso un chiaro disegno sistemico.
Al fine di coordinare con maggiore efficacia i processi di sviluppo del territorio del comprensorio orvietano, si propone di realizzare un Piano Strategico di Area che riconnetta, dentro un quadro di programmazione condiviso, le politiche e gli indirizzi di governo del territorio.
ORVIETO: PER UNA NUOVA FASE DI SVILUPPO
Una nuova fase di sviluppo è possibile se le risorse locali vengono messe a sistema nel quadro di politiche integrate, fortemente spostate verso l’innovazione, capaci di indicare le priorità su cui concentrare gli investimenti pubblici e privati. In tal senso, la Pianificazione Strategica dell’area orvietana appare lo strumento più appropriato a coordinare i diversi livelli istituzionali, economici, sociali e culturali. La Pianificazione Strategica si basa infatti su un processo di cooperazione volontaria tra i diversi soggetti pubblici e privati e soggetti del Terzo Settore che mettono a punto insieme un percorso di sviluppo condiviso, individuano alcuni obiettivi strategici e si impegnano a realizzare una serie di azioni tra loro integrate
EX CASERMA PIAVE ED EX OSPEDALE
In tal senso un ruolo essenziale può essere svolto dal riuso dell’ex caserma Piave e dell’ex Ospedale secondo i principi di utilizzo strategico, complessivo e produttivo. Pur in continuità con le attività progettuali e di valorizzazione del complesso fino ad ora intraprese, a partire dalle valutazioni sugli esiti delle procedure ad evidenza pubblica così come impostate nella consigliatura in scadenza, intendiamo ribadire i criteri fondamentali che debbono guidarci in questa che è certamente l’operazione di governo più ambiziosa e difficile, ma dalla quale altrettanto certamente dipenderanno molte cose sia per i caratteri e la qualità dello sviluppo che per la tenuta della città e del territorio:
• le scelte debbono essere effettuate dal Consiglio Comunale senza che su questo ci siano ambiguità;
• va riaffermata sia la natura strategica di tali beni sia la loro destinazione e gestione produttiva;
• va evitato ogni pericolo di operazioni speculative e di breve periodo
INFRASTRUTTURE E LAVORI PUBBLICI
Un ruolo parimenti essenziale nello sviluppo può essere svolto da un progetto generale di modernizzazione infrastrutturale, articolato in diversi modi ma centrato inevitabilmente sui seguenti aspetti:
a) viabilità e trasporti: gli interventi debbono riguardare sia la viabilità interna (con le priorità di complanare, variante di Sferracavallo, insilamento di Via dei Tigli a Ciconia e attuazione della IV fase della mobilità alternativa); sia la viabilità esterna (verso Todi-Perugia, Viterbo-Civitavecchia e Bassa Toscana) attraverso il secondo casello A1, il cui finanziamento non deve confliggere con il completamento della complanare, ed interventi di adeguamento e messa in sicurezza della Baschi-Todi e del tratto dell’Amerina fino a Orvieto Scalo; sia interventi di logistica funzionali allo sviluppo quali la realizzazione dello scalo merci FFSS a servizio dell’area industriale di Fontanelle di Bardano.
Vanno affrontati in modo sistematico le questioni del trasporto ferroviario, che riguardano in primo luogo i pendolari ma anche i flussi turistici e il ruolo del nostro territorio;
b) reti telematiche: va portata la banda larga in tutto il territorio;
c) sistema del credito: va sviluppata una politica locale del credito su progetti di sviluppo che coinvolgano pubblico e privato; vanno favoriti i progetti a forte valenza di innovazione e che impieghino i giovani; vanno stabiliti accordi con la Fondazione Cassa di Risparmio per interventi su priorità di forte interesse generale;
d) energia: puntare sulle fonti rinnovabili e sul risparmio energetico in modo coerente con i piani regionali e provinciali; consentire sul territorio solo la costruzione di impianti di cogenerazione ad alto rendimento, cioè sistemi in cui si produce energia elettrica e il calore derivante da tali processi invece di essere sprecato come nella produzione tradizionale di elettricità viene riutilizzato all’interno di processi industriali o per usi civili (DLgs. 7/o2/2007). Tali impianti debbono essere di piccole dimensioni e per quelli a biomasse si dovranno verificare preventivamente la effettiva disponibilità di (dunque compatibili con le quantità di) combustibile naturale di cui si può disporre in modo sicuro e controllato, escludendo quindi i combustibili provenienti dalla gestione dei rifiuti; le decisioni in materia non possono essere condizionate da no pregiudiziali ma al contrario debbono essere orientate secondo evidenze scientifiche e attraverso la partecipazione e il coinvolgimento delle popolazioni interessate;
e) discarica e gestione dei rifiuti: raggiungere l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata entro il 2012 come previsto dal Piano Regionale sui Rifiuti, per puntare ad un incremento nella logica di “rifiuti zero”, premiando con sconti tariffari i comportamenti più virtuosi e sensibilizzando in maniera costante la città. Introdurre un sistema tariffario basato sulla quantità di rifiuti prodotti piuttosto che in base alla superficie occupata. Più in generale, stare dentro il Piano Regionale salvaguardando gli interessi del nostro territorio sia in termini strategici sia di gestione economica a favore della popolazione, riaffermando il principio strategico di prossimità su base regionale per qualsiasi tipo di rifiuto, evitando l’ ingresso di rifiuti da fuori regione. Nell’ottica della crescita significativa della differenziazione dei rifiuti e del loro riciclo, insieme alla riaffermazione del principio di prossimità, appare sovradimensionata la previsione dello “sversamento” sul “terzo calanco” risultando sufficiente il criterio della gestione oculata e consapevole dell’esistente da intendere come bene non riproducibile. (L’obiettivo complessivo di ampliare la percentuale della differenziata oltre il 65% al fine di rendere non necessario l’ampliamento dei volumi della discarica non è comunque compatibile territorialmente con la termovalorizzazione).
f) edilizia pubblica – Oltre all’acquisizione al patrimonio comunale o ATER dello stabile ex-INAPLI da destinare a case popolari, si prevede l’avvio di un programma per la realizzazione di una consistente quota di alloggi di proprietà pubblica e comunale, da collocare sul mercato dell’affitto, di cui una quota destinata a famiglie in stato di disagio ed alla popolazione anziana, soprattutto sola ed in condizione di disagio economico e sociale.
g) lavori pubblici: completamento dei cantieri secondo le priorità indicate nel Piano Triennale delle opere pubbliche
SCUOLA E FORMAZIONE
Va detto a chiare lettere che senza un sistema moderno ed efficiente di istruzione e formazione non solo non c’è sviluppo ma c’è arretramento economico, sociale e culturale. A noi perciò sembrano importanti le seguenti scelte:
• garantire il più alto livello possibile di servizio scolastico pubblico, concepito come sistema territoriale che va dall’infanzia fino alle soglie dell’università;
• organizzare un polo scolastico territoriale capace di attrarre studenti anche da fuori provincia e da fuori regione;
• riorganizzare la rete scolastica non solo in termini quantitativi, ma in termini qualitativi, cioè guardando alle soluzioni migliori con riferimento sia allo sviluppo sia al sistema dei servizi a partire dai trasporti.
• Garantire pari opportunità, attraverso la migliore accessibilità al servizio di istruzione pubblica, a tutti quei soggetti che per motivi di disagio economico, sociale, linguistico, rischiano la marginalità .
CULTURA, BENI CULTURALI E FORMAZIONE SUPERIORE
Per quanto concerne la cultura e i beni culturali non solo va mantenuto ciò che negli anni si è consolidato come caratterizzazione della nostra città nel mondo, ma va fatto ogni ulteriore sforzo per fare del grande patrimonio di cui siamo custodi un vero sistema territoriale sia in termini di valorizzazione generale sia di gestione puntuale. Per dare forza ad un settore strategico per la città e il territorio, è nostra intenzione unificare le deleghe di Turismo, Culturale, Beni Culturali, Alta Formazione e Grandi Eventi. Alcuni punti ci sembra vadano sottolineati:
a) il ruolo propulsivo del sistema museale che richiede di essere completato – anche con la realizzazione del Museo dei Costumi del Corteo Storico, il completamento del Museo della Tradizione Ceramica e potenziamento del PAAO - e inserito nei grandi circuiti facendo tesoro dei sistemi moderni di gestione;
b) il ruolo della nuova biblioteca che deve assumere il compito di promozione costante della cultura mediante la massima accessibilità – in termini di orari, servizi e strumenti di diffusione, procedendo al completamento del progetto.
c) il ruolo del Teatro Mancinelli, che con una gestione controllata e lungimirante può rappresentare una altro aspetto decisivo della capacità della città di ospitare e di produrre cultura anche attraverso una qualificata offerta formativa;
d) la realizzazione di una struttura per grandi mostre che consenta alla nostra città e al nostro territorio di partecipare da protagonista all’offerta culturale italiana nel sistema globale della promozione turistica, artistica e culturale, di livello elevato;
e) La promozione di interventi per integrare l’offerta museale, archeologica, artistica, culturale, musicale e ambientale della città e del territorio - anche tramite la costituzione di un tavolo di concertazione - con i diversi protagonisti attraverso il quale: coordinare le iniziative, la promozione e la comunicazione; modernizzare la fruizione delle esperienze museali; favorire esperienze di scambio culturale e formazione;
f) È necessario infine sostenere e valorizzare la produzione culturale e artistica, soprattutto giovanile, con l’individuazione di nuovi spazi, attività formative, scambi di esperienze nazionali e internazionali.
Strutture congressuali e artigianato artistico - Naturalmente tutto questo fa pendant con un necessario adeguamento delle strutture per la congressistica, con la qualificazione della rete dei servizi commerciali e con la forte valorizzazione dell’artigianato di qualità – attraverso la costituzione di una scuola di “Arti e Mestieri” - di cui la nostra città e il nostro territorio contengono diverse e importanti espressioni.
Centro Studi Città di Orvieto - Per quanto concerne la formazione superiore di tipo universitario e post-universitario noi crediamo che il CSCO debba essere centrale nella delineazione di un sistema territoriale moderno. Senza cadere in logiche particolaristiche, ma proprio nel quadro dell’Umbria policentrica di cui abbiamo parlato, esso può ospitare non solo università straniere ma anche università italiane che ne abbiano interesse, senza con questo interferire per nulla con l’Università dell’Umbria, anzi rappresentandone una positiva integrazione.
TURISMO / AMBIENTE / CULTURA E AGRICOLTURA
La filiera turismo-cultura-ambiente-agricoltura, elemento centrale dei piani di sviluppo regionale, deve essere per il nostro territorio un punto fondamentale di una programmazione di sistema che rilanci le potenzialità straordinarie del nostro territorio. In particolare ci proponiamo di:
a) Promuovere l’integrazione tra offerta agroalimentare e offerta culturale e turistica, anche con la realizzazione di un centro di documentazione, promozione e formazione sulla cultura materiale orvietana anche a servizio delle produzioni locali di qualità;
b) Favorire lo sviluppo di una agricoltura sostenibile legata alle filiere corte anche attraverso l’attivazione di politiche che indirizzino sia per le mense scolastiche che aziendali l’utilizzo di prodotti locali, di cui una parte a produzione biologica, per almeno il 50%. Promuovere l’utilizzo di prodotti locali e biologici nei ristoranti locali e nei servizi di catering. Realizzare spazi e/o mercatini di vendita di produzioni alimentari ed artigianali locali.
c) Favorire lo sviluppo della costituzione dei Gruppi di Acquisto Solidali e l’ istituzione di un “mercato contadino” per la valorizzazione, promozione e commercializzazione dei prodotti della filiera corta;
d) Continuare a sostenere i progetti di educazione alimentare in collaborazione con gli istituti scolastici
e) Sostenere e valorizzare le attività di ricerca del CERSAL del CSCO in materia di sicurezza alimentare;
f) Promuovere le produzioni vinicole di qualità d’intesa con i produttori, le cantine, il Consorzio e la Strada dei Vini etrusco Romana in Provincia di Terni attraverso una più serrata integrazione con le offerte turistiche e culturali della città.
g) Realizzare un “Ostello della gioventù”;
h) Realizzare una più efficace strategia di comunicazione delle offerte culturali, turistiche e ambientali del territorio orvietano attraverso le nuove tecnologie informatiche e con il sostegno di un Consorzio locale di gestione.
i) Promuovere e valorizzare il turismo sportivo d’intesa con le organizzazioni sportive territoriali.
j) Investire e sostenere decisamente il comparto turismo congressuale anche attraverso azioni coordinate e concertate di promozione e marketing specifico
TERRITORIO E AMBIENTE
Il territorio è un bene essenziale che si tutela nella misura in cui lo si usa in modo sostenibile, se ne rispettano le connotazioni storiche e i cicli e dunque in un rapporto corretto e responsabile con le esigenze umane. Non sempre questo è avvenuto, ma fondamentalmente non si può negare né la crescita culturale né una politica sempre più attenta alle compatibilità e alle opportunità rappresentate dalle conquiste scientifiche e tecnologiche moderne applicate all’uso del territorio. La prospettiva del contenimento dell’uso del suolo deve orientare le politiche urbanistiche al fine di unire e riequilibrare le polarità della città, e a ridisegnare l’urbanistica in funzione di un nuovo equilibrio fra aree centrali ed aree periferiche in un quadro di sostenibilità paesaggistica come definita dalla Carta Europea sul Paesaggio. In questa visione di riequilibrio fra aree centrali e periferiche vanno riqualificati i quartieri della città e le sue frazioni e borghi, migliorandone le infrastrutture viarie e di sosta, l’accessibilità, la mobilità, gli spazi ed il verde pubblico, l’arredo urbano e l’edilizia residenziale. Processo che non può escludere una mappatura dei nuovi bisogni per individuare e realizzare i necessari servizi strategici e di base alla persona e alle imprese. A tale riguardo è urgente costituire una banca dei dati territoriali e ambientali (suolo, sottosuolo, acqua, vegetazione, paesaggio, aree sensibili) all’interno di un sistema informativo che possa sostenere e orientare le scelte in caso di previsioni comportanti trasformazioni del territorio. Un aspetto tutt’altro che secondario in questa visione complessiva fa riferimento ad un uso corretto e intelligente dell’arredo urbano, concepito in tutti i suoi aspetti, da quello estetico a quello dell’efficienza e della sicurezza.
In particolare, intendiamo:
Promuovere progetti pubblici finalizzati all’efficienza, al risparmio energetico e alla diffusione di fonti rinnovabili;
Modificare il regolamento edilizio prevedendo alti standard di efficienza energetica per i nuovi edifici e ristrutturazioni;
Promuovere politiche del recupero edilizio attraverso una anagrafe informatizzata degli immobili abbandonati o in disuso anche al fine di sollecitare le risorse rese disponibili dalla legge regionale sui centri storici.
Limitare massimamente l’impatto ambientale delle attività estrattive nella prospettiva di contribuire, sul medio periodo, ad una riconversione/riqualificazione del comparto, d’intesa con le imprese del settore. Le risorse strategiche d’area (es. riserve idriche) o i progetti strategici legati al paesaggio di grande rilevanza, sono in ogni caso prioritari rispetto alle ipotesi di coltivazione mineraria e/o estrattiva. In tal senso, si ribadisce la contrarietà rispetto all’ipotesi di sfruttamento minerario dell’area di Benano.
Attuare la variante al PRGS approvato nella trascorsa consigliatura in scadenza e attuazione del PRGO conseguente;
Dare attuazione alla rilevazione, valutazione, disciplina e tutela del paesaggio sulla base dei criteri della Convenzione Europea del Paesaggio
Recuperare il ruolo storico, ambientale ed economico, delle frazioni attraverso il rilancio delle loro identità.
SERVIZI A RETE
Gestione pubblica dei beni essenziali - Il sistema dei servizi a rete deve garantire ai cittadini sia l’efficienza dei servizi che il minor costo possibile. La riforma della governance dei Servizi Pubblici Locali va tematizzata attraverso il riequilibrio dei rapporti tra pubblico e privato, dove al primo viene riconosciuto il compito delle indicazioni delle priorità dedotte dagli interessi generali. E’ a partire da questo profilo riformatore che le questioni della tutela dei beni comuni - intesi come diritti inalienabili - e della compiuta affermazione di un governo pubblico dell’acqua- saranno gli obiettivi strategici da perseguire, insieme ad una azione politica che punti ad una gestione pubblica effettiva, superando tutte quelle distorsioni che di fatto hanno prodotto una gestione formale pubblica e una gestione reale privata, con l’effetto della lievitazione dei costi e di inefficienze conclamate.
SERVIZI SANITARI E POLITICHE SOCIALI
Per raggiungere l’obiettivo di una città inclusiva, della solidarietà e delle opportunità, mettendo al centro delle politiche sociali il cittadino, è fondamentale condividere il concetto di “Salute” così come definito dal Prof. A. Seppilli, uno dei padri della riforma sanitaria e cioè: “Il processo di ben essere fisico e psichico di un individuo dinamicamente inserito nel proprio contesto sociale (e naturale, aggiungiamo noi). Questa premessa ci permette di comprendere che la salute non è una “condizione” bensì un processo, un divenire su cui agiscono costantemente le scelte individuali (stili di vita) e le scelte politiche.
Altro assunto è che la salute è costituita dall’insieme di tre determinanti inscindibili: quella fisica, quella psichica e quella sociale. Una politica che alimenti scissione e separazione di questo concetto unitario rende un cattivo servizio a se stessa e al cittadino ed induce i medici alla medicina difensiva. Il territorio orvietano, per tradizione di civiltà, per densità di popolazione, per facilità di rapporti istituzionali consente la possibilità di sperimentare ed attuare a pieno il senso di questo approccio.
Pertanto la nuova amministrazione comunale si farà carico di una serie di iniziative tese a promuovere e realizzare una reale integrazione tra sanità ospedaliera, sanità territoriale e comparto sociale.
Ulteriori obiettivi sono:
1) Realizzazione del Palazzo della Salute c/o i locali individuati da tempo presso l’ex Caserma Piave.
2) Portare alla piena realizzazione il “Progetto Anziani” così come approvato dal Consiglio Comunale nel 2006.
3) Favorire l’organizzazione di un servizio di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle problematiche della Terza Età, integrato con le risorse sanitarie e sociali già esistenti (MDB, ADI, CSM, Reparti ospedalieri, Uff. della Cittadinanza), ma dotato anche di risorse e professionalità autonome; tale servizio deve avviare l’ apertura di uno sportello di ascolto per problematiche legate a malattie degenerative del SNC come le demenze e la malattia di Alzheimer, anche attraverso l’attivazione delle risorse dell’ associazionismo e volontariato, appositamente formato.
4) Dare strumenti e risorse alle politiche attive rivolte alla Terza Età.
5) Riqualificare e completare la rete dei servizi comunali per la prima infanzia in termini di offerta, a partire dalla realizzazione dell’ Asilo Nido di Ciconia e dell’ Asilo Nido Interaziendale di Bardano.
6) Difendere i lasciti De Solis e Piccolomini
7) Sostenere la crescita di attività extrascolastiche rivolte a minori con disagio dovuto a problematiche di adattamento culturale, disagio sociale e disabilità, per sostenere percorsi di integrazione.
8) Favorire e accrescere le politiche di educazione sanitaria a partire dalle scuole fino ai centri di aggregazione degli anziani, per la promozione di corretti stili di vita.
9) Riaffermare la centralità del Consultorio Familiare nella promozione della salute della donna, della coppia e della famiglia, dedicandogli le necessarie risorse finanziarie e umane.
10) Promuovere un progetto concreto e complesso indirizzato alle giovani generazioni ed alla fascia adolescenziale che preveda lo sviluppo di azioni e servizi tesi a ostacolare l’ isolamento e favorire il senso della responsabilità, della partecipazione e dell’ affermazione sociale armonica.
11) Sostenere lo sviluppo di esperienze di economia civile e sociale attraverso politiche di promozione delle cooperative sociali di tipo B e di imprese sociali.
12) Prevedere nelle gare di appalto pubbliche l’ inserimento delle “clausole sociali” ai sensi della direttiva europea 2004/118/CE e del D. Lgs. 163/2006 al fine di sostenere le imprese sociali.
13) Portare a compimento il progetto di ristrutturazione della ex scuola elementare di Orvieto Scalo da destinare al polo territoriale del Terzo Settore e a Servizi socio-riabilitativi per disabili.
14) Istituire attraverso l’ investimento di risorse e l’acquisizione di personale il Servizio di Medicina del Lavoro.
15) Portare a compimento l’istituzione della Consulta dei Migranti.
16) Investire sulla valorizzazione dei Servizi Territoriali Distrettuali, intesi come punto cardine dell’integrazione socio-sanitaria affinché vengano realizzate completamente le funzioni di integrazione dei servizi territoriali tra loro, con la Medicina di Base, con l’ Ospedale e con i Servizi Sociali.
17) Completare l’organizzazione del Centro di Salute Mentale con risorse appropriate a fronteggiare il progressivo aumento dell’ utenza e complessità della domanda.
18) Assumere la responsabilità di portare a completa realizzazione il ruolo di Polo dell’ Emergenza-Urgenza assegnato dai vari Piani Sanitari Regionali all’ Ospedale di Orvieto.
19) Realizzare, di concerto con il mondo del Terzo Settore, la Casadell’Associazionismo e delle Culture.
SPORT
Lo sport attraversa settori decisivi della vita sociale del territorio, svolgendo una fondamentale funzione per quel che riguarda la coesione e l’integrazione sociale, il benessere e la diffusione di corretti stili di vita. È necessario quindi proseguire nella valorizzazione delle realtà associative sportive cittadine (alle quali va riconosciuto un fondamentale ruolo anche nella determinazione degli obiettivi e delle iniziative da intraprendere) e nell’opera di realizzazione e riqualificazione degli impianti sportivi.
POLITICHE DI BILANCIO
Tutto questo non sarebbe possibile senza una sana politica di bilancio. Bisogna dare atto all’A.C. uscente di aver fatto uno sforzo determinante per risanare e assestare il bilancio. L’opera di risanamento effettuata consente oggi di lavorare seriamente alla stabilizzazione. Ciò che va fatto in modo trasparente e deciso puntando a nuove entrate che possono derivare sia dalle opportunità offerte dal riuso della Piave sia da altre fonti di entrata.
UN NUOVO PATTO TRA ISTITUZIONI E CITTADINI
La crisi economica che si ripercuote anche a livello locale e le inevitabili trasformazioni introdotte dalla riforma federalista dello stato richiedono una profonda riflessione anche nella nostra comunità comunale.
Da qui la necessità di introdurre elementi di innovazione, mettendo in campo risposte adeguate per affrontare le urgenze ma, al tempo stesso, in grado di indicare ai cittadini una via di uscita in avanti, una nuova strada di aggregazione e di sviluppo.
Tutto ciò richiede un impegno dell’Amministrazione Comunale in grado di garantire luoghi di effettiva partecipazione democratica attraverso un patto tra Pubblica Amministrazione, associazioni e cittadini.
La ridefinizione del rapporto tra Istituzione Pubblica e Cittadino e le priorità dell’azione di governo locale dovranno avvalersi della collaborazione delle parti sociali, degli operatori economici e del terzo settore e della comunità locale tutta.
Affinché si possa dare fiducia ad un’azione collettiva è necessario riaffermare sempre: trasparenza nell’uso delle risorse, comportamenti ispirati alla sobrietà e quindi un’etica pubblica che ha fatto del centrosinistra la sua positiva caratteristica, eliminando situazioni che possano produrre conflitti di interesse.
Per questi motivi riteniamo di dare priorità:
1. alla riforma ed adeguamento dello statuto Comunale al fine di potenziare gli istituti della partecipazione e gli strumenti di controllo, monitoraggio e valutazione dell’azione amministrativa anche individuando autorità indipendenti capaci di segnalare eventuali anomalie
2. la semplificazione dei procedimenti amministrativi favorendo l’autocertificazione e altre forme funzionali a tale obiettivo e promuovendo un confronto serio con l’opinione pubblica teso a garantire efficienza ed economicità della P.A.
3. la definizione di nuovi regolamenti per gli appalti e nuove norme concorsuali per l’accesso al pubblico impiego
4. nel rapporto politica e amministrazione pubblica rendere incompatibili incarichi di Governo con incarichi esecutivi in imprese pubbliche o che hanno rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione.
DEMOCRAZIA E PARTECIPAZIONE
La cornice in cui tutte le scelte programmatiche di modernizzazione a nostro avviso vanno iscritte è fatta di poche ma significative parole d’ordine:
• uffici e servizi pubblici efficienti e misure che facilitino la vita dei cittadini, anche con il potenziamento dell’informatizzazione della macchina comunale e l’istituzione dei servizi di “e-government”
• merito, responsabilità e competenza nelle scelte e negli incarichi;
• la qualità come criterio guida in tutte le fasi di tutte le azioni;
• prevalenza del bene comune su ogni altra considerazione.
Questi principi non avrebbero alcun senso se non fossero il riferimento di comportamenti reali e soprattutto se non fossero i cardini di una democrazia partecipata, sul cui concetto però secondo noi bisogna intendersi al fine di una condivisione che sia profonda e costante. Il concetto di democrazia su cui si fonda la nostra Costituzione è quello di democrazia rappresentativa, con gli eletti che sono espressione della volontà popolare esercitata mediante il diritto di voto. Le assemblee elettive sono e restano dunque i luoghi in cui principalmente, anche se non esclusivamente, si condensa e si esercita la volontà democratica dei cittadini.
Nello specifico, ci proponiamo di:
1. Istituire una area di delega specifica per la partecipazione e la comunicazione pubblica e per le pari opportunità, provvedimento che si inscrive nell’ambito di una più generale riforma dell’organizzazione Amministrativa e del nuovo patto tra amministrazione e cittadini, nella partecipazione e condivisione delle scelte programmatiche e delle azioni politiche che le sottendono e in grado di proseguire, rafforzandolo, il percorso avviato con l’approvazione della Carta Europea per l’Uguaglianza e la parità delle donne e degli uomini nella vita locale.
2. Valorizzare il ruolo dei Consigli di Zona ampliandone le prerogative;
3. Istituire l’anagrafe degli eletti – con l’obbligo di autocertificare le proprie situazioni patrimoniali, immobiliari, finanziarie, fiscali, societarie, incarichi remunerati ed eventuali condanne penali e/o amministrative e carichi penali pendenti senza ledere il diritto alla sicurezza personale - e garantire la diffusione telematica degli atti del Comune (delibere di Giunta, di Consiglio e Determinazioni);
4. Riformare il sistema di rappresentanza del tavolo interassociativo ampliandone la base dei soggetti abilitati a partecipare (es. Forum Terzo Settore)
5. Realizzare uno Spazio per la comunicazione al cittadino per occasioni ordinarie o straordinarie anche in forma assembleare e per l’esposizione di progetti di iniziativa pubblica, sollecitando contributi e osservazioni in forma regolamentata, o di iniziativa privata, ove richiesto;
6. Attivazione del procedimento del Bilancio Partecipato.
Si riconosce nel Bilancio partecipato, uno strumento di democrazia nel quale il cittadino diventa un protagonista permanente della gestione pubblica, strumento di partecipazione, trasparenza, pubblicità, accessibilità efficacia ed efficienza.
7. Redigere, a fine anno, il Bilancio Sociale del Comune di Orvieto
8. Promuovere la costituzione del “Consiglio Comunale dei Ragazzi”
9. Al fine di favorire una migliore integrazione degli immigrati e dello loro comunità, si propone di istituire la figura del consolato onorario d’intesa con le istituzioni provinciali e regionali.
10. Nomina del Difensore Civico
POLITICHE DI VIVIBILITA’ URBANA E DI SICUREZZA
Il diritto alla sicurezza è senz’altro uno dei cardini di una società aperta e democratica. È pertanto nostra intenzione collaborare attivamente con le forze preposte al controllo del territorio al fine di assicurare e garantire ad imprese e cittadini una imprescindibile qualità della vita. Tuttavia, una vera cultura della sicurezza – che non può sostanziarsi con fasi di controllo e repressione - lavora invece sull’integrazione, opera per impedire fenomeni di marginalità sociale e di degrado urbano, rafforza il senso della solidarietà diffusa e promuovere valori positivi quali il lavoro, la lealtà, il senso civico, il volontariato.
Una società democratica deve saper garantire ai propri cittadini il diritto alla sicurezza del lavoro e sul lavoro.
Comune di Orvieto
Oggetto: Mozione ai sensi dell'art. 32, comma 2, lettera a) del Regolamento Comunale: Linee Programmatiche della Coalizione di Centro Sinistra per la Città
Chiediamo l'inserimento nell'ordine del giorno della prossima riunione del Consiglio comunale della Mozione allegata.
Cordialmente
Capogruppo Partito Democratico
___________________________________
Capogruppo
Socialista Sinistra e Libertà per Orvieto
___________________________________
Premesso che
a tutt'oggi non è stato presentato il programma del Sindaco e della sua Giunta, nella convinzione che sia necessaria totale chiarezza sulla separazione dei ruoli tra esecutivo e maggioranza consiliare e che urga un’azione sollecita ed adeguata alle esigenze ed alle speranze della città;
• considerando
la spinta ideale e l’impegno che hanno sempre animato i sottoscrittori nella costruzione di una città capace di un futuro migliore e la validità delle elaborazioni progettuali proposte in occasione della tornata elettorale scorsa, i gruppi consiliari del Partito Democratico e Sinistra e Libertà mettono a disposizione del Consiglio comunale e dell'intera città la proposta programmatica che ha ottenuto nelle ultime amministrative il consenso della maggioranza dei cittadini orvietani, al fine di giungere ad una discussione da cui possa emergere una sintesi operativa
• chiedono:
al Sindaco e alla Giunta di fare proprie le linee d’indirizzo allegate alla presente mozione
in allegato Linee Programmatiche della Coalizione di Centro Sinistra per la Città
Allegato
Con queste proposte programmatiche la coalizione di centrosinistra si candida alla guida del Comune di Orvieto. A partire dalla condivisione delle intese programmatiche regionali e provinciali e dalla sottoscrizione di un patto affinché la politica ritrovi i valori fondanti della democrazia e della reale partecipazione dei cittadini, le forze politiche dell’alleanza di centrosinistra, con questo documento, intendono offrire il proprio originale contributo allo sviluppo del territorio orvietano e quindi provinciale e regionale.
ORVIETO E L’UMBRIA
Concepiamo Orvieto – città libera, solidale e antifascista - come elemento mobile di un’Umbria aperta al mondo e in grado di giocare la carta della competizione internazionale. Elemento mobile perché naturalmente proteso verso l'Alto Lazio e la Bassa Toscana, aperto sull'Area Metropolitana di Roma, attraversato già da ora da flussi del turismo internazionale e simbolo delle “città umanistiche” mondiali predisposte all'incontro con altre culture e altri popoli. Una città che può consolidare la sua presenza nelle reti nazionali e internazionali valorizzando, al contempo, cultura e arte e tessuto imprenditoriale innovativo. Le specificità storiche, artistiche e urbane di un territorio non contrastano più con lo sviluppo delle imprese e del lavoro. Anzi, proprio dall'intreccio fra queste differenti qualità si può trarre la forza per rivendicare un’identità non banale, attrattiva di risorse, imprese e cervelli.
Orvieto vuol fare la sua parte, così come l'Umbria non dovrà far mancare la propria. Serve una governance complessa, una classe dirigente – non solo politica – capace di fare scommesse all'altezza delle sfide imposte dalla crisi economica e sociale e da un mutamento di paradigma necessario a rilanciare un nuovo ciclo di produzione e consumo.
Gli effetti della crisi economica, evidenziati dall’aumento dei senza lavoro e dal fortissimo incremento della cassa integrazione, rischiano di lacerare il tessuto economico e la qualità della coesione sociale umbra, e di interrompere un ciclo virtuoso di sviluppo che aveva consentito alle masse popolari di accedere alle opportunità della modernità e della società della conoscenza. L’intollerabile presenza di situazioni di povertà (secondo la Caritas circa il 14% degli italiani sono poveri o quasi-poveri), il crescente disagio dei ceti medi e la sostanziale paresi della mobilità sociale (solo il 13,9% di chi nasce in casa di operai riesce a fare il salto sociale) sono gli allarmanti segnali di grandi trasformazioni in corso, determinate dalla crisi del paradigma neo-liberista e dalle scelte di politica economica e sociale che ne sono derivate e che hanno determinato l’attuale crisi economica-finanziaria, così come l’aumento delle povertà e l’incremento del depauperamento delle risorse naturali con forti impatti ambientali. In tal senso, le responsabilità del governo di centrodestra sono gravissime: le poche risorse messe a disposizione per affrontare questo difficile passaggio vengono disperse in mille rivoli, e non riescono né a scalfire il costo sociale né a prospettare una nuova fase di crescita del Paese. L’introduzione del federalismo fiscale pone inoltre il problema del rapporto fra questo e i diritti di cittadinanza come nuovo patto di coesione sociale fra tutti i soggetti che vivono o lavorano nel territorio. L’emergere sullo scenario socio-economico e culturale di nuovi lavori, mutamenti demografici, nuovi bisogni, emergere della creatività come elemento centrale di produzione del valore, nuovo ruolo delle città e dei territori nella competizione internazionale – e che determinano un cambiamento di paradigma nel nostro modello di produrre, vivere, accumulare e valorizzare secondo un principio di responsabilità diffusa a cui nessun governo locale può sfuggire.
L’Umbria e Orvieto debbono rispondere alla crisi con elementi di forte innovazione, ripensando funzioni e assetti istituzionali e proponendo la sottoscrizione di un nuovo patto tra istituzioni e cittadini. Bisogna tuttavia impedire che la situazione economica disperda il prezioso patrimonio di imprese, professionalità e talenti che si è strutturato nel tempo. A tal fine, va approntata - d’intesa con gli altri livelli istituzionali, con il sistema associativo e con quelli del credito e delle autonomie funzionali - una strumentazione adeguata a contrastare l’emergenza secondo gli indirizzi presenti nel documento programmatico regionale del centrosinistra.
Anche per Orvieto, serve quindi una capacità di progettazione all’altezza del ruolo che come centrosinistra rivendichiamo. Il modello di sviluppo a cui facciamo riferimento fa leva sulle risorse locali e sulla capacità attrattiva di un territorio concepito come un unicum di risorse umane, ambientali, storiche, paesaggistiche, sul know-how e sulla qualità della vita. Si tratta del mix di attività produttive, elementi simbolici e immateriali, qualità estetiche, culturali e sociali espressione di quell’economia della qualità che oggi dà vigore ad uno sviluppo sostenibile rimettendo al centro il territorio. Perché è sul territorio che oggi si formano interessi e identità collettivi; è sul territorio che si esplica la voglia di viver bene, su cui si radica oggi buona parte del consenso sociale; è sul territorio che si può richiamare la responsabilità di tutti (imprese, enti locali e singoli) a rilanciare lo sviluppo e a razionalizzare spese e interventi.
Pensiamo quindi ad uno sviluppo locale il cui carattere distintivo sia rappresentato dalla capacità dei soggetti istituzionali di cooperare per avviare e condurre percorsi di sviluppo condivisi che mobilitino risorse e competenze locali.
È necessario superare lo scivolamento dell’Umbria da una parte verso una frammentazione che possiamo chiamare “cantonismo” e dall’altra verso un certo “neo-centralismo”, entrambi nemici delle capacità propulsive dei territori, e dunque affermare, anche da Orvieto, l’idea di un’Umbria policentrica e aperta ai progetti interprovinciali e interregionali, che sono la vera prospettiva di sviluppo nell’epoca del federalismo. Non si tratta di un localismo autarchico ma di una prospettiva per cui il protagonismo dei soggetti locali è capace di usare risorse esterne per valorizzare quelle interne. Quindi: attrarre investimenti, imprese, risorse scientifiche e culturali, non solo come occasione per la crescita della produzione, del reddito e dell’occupazione, ma come strumento che arricchisce le competenze e le specializzazioni locali. Ovviamente, la password del futuro, anche nel nostro territorio, è data dal termine “cooperare”: la politica deve responsabilmente assumersi l’onere di tracciare un percorso di pianificazione strategica grazie al quale la città e il territorio integrano le proprie energie e risorse in un progetto comune per raggiungere obiettivi condivisi.
Il ragionamento più recente attorno ai processi di internazionalizzazione delle imprese italiane e umbre apre uno spazio nuovo per collocare Orvieto e la sua specificità sociale, culturale ed economica all’interno di processi di mutazione che avvolgono i luoghi e i territori del pianeta. Una moderna economia delle città, di città proiettate nel mondo, è un’altra decisiva opportunità per l’inserimento in reti nazionali e internazionali di un grande numero di piccole imprese di tutti i settori: da quelle che operano nell’alta tecnologia a quelle legate al turismo, e in particolare al turismo culturale, dall’agricoltura dei prodotti tipici alle libere professioni.
La dialettica di flussi e di luoghi, le forme di governance di opzioni globali e risorse locali, trasformano le città in “porti ideali” per andare alla scoperta del mondo e connettersi con le trame della modernità più avanzate e più dense di occasioni. Una grande opportunità perché Orvieto può già vantare un “rango” internazionale di eccellenza. Merito della storia ma anche di capacità espresse in tempi più recenti. Basti pensare, per i decenni trascorsi, a quello che ha significato il “Progetto Orvieto” nel determinare il passaggio dalla società agricola alla società moderna caratterizzata dalla centralità del sapere, dall’economia della conoscenza e della cultura, dal rapporto positivo tra sviluppo e ambiente, dal rapporto creativo tra locale e globale. Basti pensare, poi, per i tempi più recenti, alla rete internazionale delle Cittaslow al cui centro si trova proprio Orvieto. Oppure, alle reti lunghe percorse dai nostri prodotti migliori: dall’elettronica al comparto agroalimentare passando per la meccanica e la meccatronica, il tessile di qualità, le risorse culturali e monumentali. È il tempo della consapevolezza, è il tempo di muovere la città che vuole competere e vincere le sfide; tempo dell’innovazione e dei talenti, dei giovani e di una sfida che può essere vinta con il coraggio e creatività.
“Su molti di questi terreni la competizione è aperta a tutti, la sfida della internazionalizzazione riguarda tutte le città: grandi, medie e piccole; singolarmente o, meglio, associate tra loro. Ciò che conta è la capacità di pensare strategicamente allo sviluppo futuro: uno sviluppo non più fondato sulla dilatazione delle città, sulla moltiplicazione di periferie, sul consumo del territorio; ma fondato sull’inserimento in quelle reti nazionali e internazionali di qualità”.
Orvieto è al centro di una rete locale di risorse e di qualità. Deve quindi poter adempiere ad un funzione ordinatrice e trasferire con sé nel mondo quei “grappoli” di borghi che punteggiano l’intero territorio. Un compito da svolgere senza pretese egemoniche e con la volontà tenace di fare sistema. E se il termine di riferimento è il Comprensorio orvietano nel suo complesso (per ragioni storiche, culturali e politiche), ciò non deve far dimenticare il territorio dell’Alto Lazio e della Bassa Toscana, anch’esso storicamente affiancato ad Orvieto. Con la realizzazione dell’Aeroporto di Viterbo e l’ampliamento del Porto di Civitavecchia i flussi potranno muoversi anche verso Oriente, toccando quindi le nostre terre. È urgente una “politica dei confini” per superare sbarramenti istituzionali spesso inibitori di occasioni di sviluppo.
Orvieto può diventare uno dei “porti” dell’Umbria, attrattivo dei flussi che attraversano le nuove trame infrastrutturali del Centro Italia, un punto di approdo di visitatori, turisti, merci, opportunità di sviluppo. In questo scenario, caratterizzato dal mutamento di natura di un territorio che si vuole aperto al mondo (questa la scommessa!), vanno inseriti i progetti e vanno condivise, con le forze economiche, sociali e le autonomie funzionali, sempre attraverso un reale processo partecipativo, gli obiettivi di medio e lungo periodo. Il confine diventa non più il luogo della marginalità ma di una nuova identità dell’Umbria che voglia dirsi plurale.
Pensare strategicamente allo sviluppo futuro significa lavorare sui temi strategici che muovono e muoveranno il mondo. Elementi connessi alla società della conoscenza, alla qualità della vita e al welfare, ai servizi per le donne e per l’infanzia, ai “beni collettivi”, alle strutture di formazione, al protagonismo dei soggetti, alla libertà di agire e intraprendere.
Una nuova stagione in cui la qualità sia di tutti e in cui la normalità della vita quotidiana sia l’eccellenza vantata nel mondo, fattore di attrazione delle persone e delle imprese. Una città e un territorio dove “si vive bene” e dove le diverse istituzioni concorrono alla creazione di questo stato di cose; una città e un territorio naturalmente predisposti ad accogliere esperienze più significative dell’economia della conoscenza ed economia del benessere.
Attorno a questi nuclei di opportunità il territorio si deve dotare di adeguati strumenti. A partire dalla costituzione e valorizzazione del capitale umano, dall’istruzione e formazione, dalla valorizzazione dei saperi artigianali e pratici, dai servizi alle imprese, da una rete commerciale all’altezza delle necessità, dalla diffusione di saperi linguistici atti ad accogliere i flussi del mondo, da una pubblica amministrazione efficiente e snella, da un uso del territorio più consapevole delle “armonie” necessarie al mantenimento delle nostre risorse strategiche, dalla disponibilità degli istituti di credito ad accompagnare la crescita del tessuto economico e sociale scommettendo sulle attività più innovative e più capaci di futuro.
ORVIETO E L’ORVIETANO
Il contributo di Orvieto nell’Umbria dei confini e delle porosità interregionali si rafforza perseguendo una politica di area vasta che, dall’Orvietano, dialoghi con i territori contermini. È quindi necessario riaffermare, specie in un periodo storico caratterizzato da una forte competizione tra sistemi territoriali, la centralità del territorio orvietano nelle politiche di sviluppo e il ruolo-guida della città più grande.
Lo ribadiamo, nel quadro di un’Umbria policentrica che faccia dei territori cerniera i punti avanzati di uno sviluppo davvero moderno in cui tutto si lega, in una logica di sistema e di ricerca e di affermazione della qualità. È pertanto compito della politica e della amministrazioni ragionare attorno ai grandi temi dello sviluppo e della qualità, coordinare le diverse iniziative all’interno di un quadro di coerenze e di sostenibilità, co-progettare il territorio attraverso un chiaro disegno sistemico.
Al fine di coordinare con maggiore efficacia i processi di sviluppo del territorio del comprensorio orvietano, si propone di realizzare un Piano Strategico di Area che riconnetta, dentro un quadro di programmazione condiviso, le politiche e gli indirizzi di governo del territorio.
ORVIETO: PER UNA NUOVA FASE DI SVILUPPO
Una nuova fase di sviluppo è possibile se le risorse locali vengono messe a sistema nel quadro di politiche integrate, fortemente spostate verso l’innovazione, capaci di indicare le priorità su cui concentrare gli investimenti pubblici e privati. In tal senso, la Pianificazione Strategica dell’area orvietana appare lo strumento più appropriato a coordinare i diversi livelli istituzionali, economici, sociali e culturali. La Pianificazione Strategica si basa infatti su un processo di cooperazione volontaria tra i diversi soggetti pubblici e privati e soggetti del Terzo Settore che mettono a punto insieme un percorso di sviluppo condiviso, individuano alcuni obiettivi strategici e si impegnano a realizzare una serie di azioni tra loro integrate
EX CASERMA PIAVE ED EX OSPEDALE
In tal senso un ruolo essenziale può essere svolto dal riuso dell’ex caserma Piave e dell’ex Ospedale secondo i principi di utilizzo strategico, complessivo e produttivo. Pur in continuità con le attività progettuali e di valorizzazione del complesso fino ad ora intraprese, a partire dalle valutazioni sugli esiti delle procedure ad evidenza pubblica così come impostate nella consigliatura in scadenza, intendiamo ribadire i criteri fondamentali che debbono guidarci in questa che è certamente l’operazione di governo più ambiziosa e difficile, ma dalla quale altrettanto certamente dipenderanno molte cose sia per i caratteri e la qualità dello sviluppo che per la tenuta della città e del territorio:
• le scelte debbono essere effettuate dal Consiglio Comunale senza che su questo ci siano ambiguità;
• va riaffermata sia la natura strategica di tali beni sia la loro destinazione e gestione produttiva;
• va evitato ogni pericolo di operazioni speculative e di breve periodo
INFRASTRUTTURE E LAVORI PUBBLICI
Un ruolo parimenti essenziale nello sviluppo può essere svolto da un progetto generale di modernizzazione infrastrutturale, articolato in diversi modi ma centrato inevitabilmente sui seguenti aspetti:
a) viabilità e trasporti: gli interventi debbono riguardare sia la viabilità interna (con le priorità di complanare, variante di Sferracavallo, insilamento di Via dei Tigli a Ciconia e attuazione della IV fase della mobilità alternativa); sia la viabilità esterna (verso Todi-Perugia, Viterbo-Civitavecchia e Bassa Toscana) attraverso il secondo casello A1, il cui finanziamento non deve confliggere con il completamento della complanare, ed interventi di adeguamento e messa in sicurezza della Baschi-Todi e del tratto dell’Amerina fino a Orvieto Scalo; sia interventi di logistica funzionali allo sviluppo quali la realizzazione dello scalo merci FFSS a servizio dell’area industriale di Fontanelle di Bardano.
Vanno affrontati in modo sistematico le questioni del trasporto ferroviario, che riguardano in primo luogo i pendolari ma anche i flussi turistici e il ruolo del nostro territorio;
b) reti telematiche: va portata la banda larga in tutto il territorio;
c) sistema del credito: va sviluppata una politica locale del credito su progetti di sviluppo che coinvolgano pubblico e privato; vanno favoriti i progetti a forte valenza di innovazione e che impieghino i giovani; vanno stabiliti accordi con la Fondazione Cassa di Risparmio per interventi su priorità di forte interesse generale;
d) energia: puntare sulle fonti rinnovabili e sul risparmio energetico in modo coerente con i piani regionali e provinciali; consentire sul territorio solo la costruzione di impianti di cogenerazione ad alto rendimento, cioè sistemi in cui si produce energia elettrica e il calore derivante da tali processi invece di essere sprecato come nella produzione tradizionale di elettricità viene riutilizzato all’interno di processi industriali o per usi civili (DLgs. 7/o2/2007). Tali impianti debbono essere di piccole dimensioni e per quelli a biomasse si dovranno verificare preventivamente la effettiva disponibilità di (dunque compatibili con le quantità di) combustibile naturale di cui si può disporre in modo sicuro e controllato, escludendo quindi i combustibili provenienti dalla gestione dei rifiuti; le decisioni in materia non possono essere condizionate da no pregiudiziali ma al contrario debbono essere orientate secondo evidenze scientifiche e attraverso la partecipazione e il coinvolgimento delle popolazioni interessate;
e) discarica e gestione dei rifiuti: raggiungere l’obiettivo del 65% di raccolta differenziata entro il 2012 come previsto dal Piano Regionale sui Rifiuti, per puntare ad un incremento nella logica di “rifiuti zero”, premiando con sconti tariffari i comportamenti più virtuosi e sensibilizzando in maniera costante la città. Introdurre un sistema tariffario basato sulla quantità di rifiuti prodotti piuttosto che in base alla superficie occupata. Più in generale, stare dentro il Piano Regionale salvaguardando gli interessi del nostro territorio sia in termini strategici sia di gestione economica a favore della popolazione, riaffermando il principio strategico di prossimità su base regionale per qualsiasi tipo di rifiuto, evitando l’ ingresso di rifiuti da fuori regione. Nell’ottica della crescita significativa della differenziazione dei rifiuti e del loro riciclo, insieme alla riaffermazione del principio di prossimità, appare sovradimensionata la previsione dello “sversamento” sul “terzo calanco” risultando sufficiente il criterio della gestione oculata e consapevole dell’esistente da intendere come bene non riproducibile. (L’obiettivo complessivo di ampliare la percentuale della differenziata oltre il 65% al fine di rendere non necessario l’ampliamento dei volumi della discarica non è comunque compatibile territorialmente con la termovalorizzazione).
f) edilizia pubblica – Oltre all’acquisizione al patrimonio comunale o ATER dello stabile ex-INAPLI da destinare a case popolari, si prevede l’avvio di un programma per la realizzazione di una consistente quota di alloggi di proprietà pubblica e comunale, da collocare sul mercato dell’affitto, di cui una quota destinata a famiglie in stato di disagio ed alla popolazione anziana, soprattutto sola ed in condizione di disagio economico e sociale.
g) lavori pubblici: completamento dei cantieri secondo le priorità indicate nel Piano Triennale delle opere pubbliche
SCUOLA E FORMAZIONE
Va detto a chiare lettere che senza un sistema moderno ed efficiente di istruzione e formazione non solo non c’è sviluppo ma c’è arretramento economico, sociale e culturale. A noi perciò sembrano importanti le seguenti scelte:
• garantire il più alto livello possibile di servizio scolastico pubblico, concepito come sistema territoriale che va dall’infanzia fino alle soglie dell’università;
• organizzare un polo scolastico territoriale capace di attrarre studenti anche da fuori provincia e da fuori regione;
• riorganizzare la rete scolastica non solo in termini quantitativi, ma in termini qualitativi, cioè guardando alle soluzioni migliori con riferimento sia allo sviluppo sia al sistema dei servizi a partire dai trasporti.
• Garantire pari opportunità, attraverso la migliore accessibilità al servizio di istruzione pubblica, a tutti quei soggetti che per motivi di disagio economico, sociale, linguistico, rischiano la marginalità .
CULTURA, BENI CULTURALI E FORMAZIONE SUPERIORE
Per quanto concerne la cultura e i beni culturali non solo va mantenuto ciò che negli anni si è consolidato come caratterizzazione della nostra città nel mondo, ma va fatto ogni ulteriore sforzo per fare del grande patrimonio di cui siamo custodi un vero sistema territoriale sia in termini di valorizzazione generale sia di gestione puntuale. Per dare forza ad un settore strategico per la città e il territorio, è nostra intenzione unificare le deleghe di Turismo, Culturale, Beni Culturali, Alta Formazione e Grandi Eventi. Alcuni punti ci sembra vadano sottolineati:
a) il ruolo propulsivo del sistema museale che richiede di essere completato – anche con la realizzazione del Museo dei Costumi del Corteo Storico, il completamento del Museo della Tradizione Ceramica e potenziamento del PAAO - e inserito nei grandi circuiti facendo tesoro dei sistemi moderni di gestione;
b) il ruolo della nuova biblioteca che deve assumere il compito di promozione costante della cultura mediante la massima accessibilità – in termini di orari, servizi e strumenti di diffusione, procedendo al completamento del progetto.
c) il ruolo del Teatro Mancinelli, che con una gestione controllata e lungimirante può rappresentare una altro aspetto decisivo della capacità della città di ospitare e di produrre cultura anche attraverso una qualificata offerta formativa;
d) la realizzazione di una struttura per grandi mostre che consenta alla nostra città e al nostro territorio di partecipare da protagonista all’offerta culturale italiana nel sistema globale della promozione turistica, artistica e culturale, di livello elevato;
e) La promozione di interventi per integrare l’offerta museale, archeologica, artistica, culturale, musicale e ambientale della città e del territorio - anche tramite la costituzione di un tavolo di concertazione - con i diversi protagonisti attraverso il quale: coordinare le iniziative, la promozione e la comunicazione; modernizzare la fruizione delle esperienze museali; favorire esperienze di scambio culturale e formazione;
f) È necessario infine sostenere e valorizzare la produzione culturale e artistica, soprattutto giovanile, con l’individuazione di nuovi spazi, attività formative, scambi di esperienze nazionali e internazionali.
Strutture congressuali e artigianato artistico - Naturalmente tutto questo fa pendant con un necessario adeguamento delle strutture per la congressistica, con la qualificazione della rete dei servizi commerciali e con la forte valorizzazione dell’artigianato di qualità – attraverso la costituzione di una scuola di “Arti e Mestieri” - di cui la nostra città e il nostro territorio contengono diverse e importanti espressioni.
Centro Studi Città di Orvieto - Per quanto concerne la formazione superiore di tipo universitario e post-universitario noi crediamo che il CSCO debba essere centrale nella delineazione di un sistema territoriale moderno. Senza cadere in logiche particolaristiche, ma proprio nel quadro dell’Umbria policentrica di cui abbiamo parlato, esso può ospitare non solo università straniere ma anche università italiane che ne abbiano interesse, senza con questo interferire per nulla con l’Università dell’Umbria, anzi rappresentandone una positiva integrazione.
TURISMO / AMBIENTE / CULTURA E AGRICOLTURA
La filiera turismo-cultura-ambiente-agricoltura, elemento centrale dei piani di sviluppo regionale, deve essere per il nostro territorio un punto fondamentale di una programmazione di sistema che rilanci le potenzialità straordinarie del nostro territorio. In particolare ci proponiamo di:
a) Promuovere l’integrazione tra offerta agroalimentare e offerta culturale e turistica, anche con la realizzazione di un centro di documentazione, promozione e formazione sulla cultura materiale orvietana anche a servizio delle produzioni locali di qualità;
b) Favorire lo sviluppo di una agricoltura sostenibile legata alle filiere corte anche attraverso l’attivazione di politiche che indirizzino sia per le mense scolastiche che aziendali l’utilizzo di prodotti locali, di cui una parte a produzione biologica, per almeno il 50%. Promuovere l’utilizzo di prodotti locali e biologici nei ristoranti locali e nei servizi di catering. Realizzare spazi e/o mercatini di vendita di produzioni alimentari ed artigianali locali.
c) Favorire lo sviluppo della costituzione dei Gruppi di Acquisto Solidali e l’ istituzione di un “mercato contadino” per la valorizzazione, promozione e commercializzazione dei prodotti della filiera corta;
d) Continuare a sostenere i progetti di educazione alimentare in collaborazione con gli istituti scolastici
e) Sostenere e valorizzare le attività di ricerca del CERSAL del CSCO in materia di sicurezza alimentare;
f) Promuovere le produzioni vinicole di qualità d’intesa con i produttori, le cantine, il Consorzio e la Strada dei Vini etrusco Romana in Provincia di Terni attraverso una più serrata integrazione con le offerte turistiche e culturali della città.
g) Realizzare un “Ostello della gioventù”;
h) Realizzare una più efficace strategia di comunicazione delle offerte culturali, turistiche e ambientali del territorio orvietano attraverso le nuove tecnologie informatiche e con il sostegno di un Consorzio locale di gestione.
i) Promuovere e valorizzare il turismo sportivo d’intesa con le organizzazioni sportive territoriali.
j) Investire e sostenere decisamente il comparto turismo congressuale anche attraverso azioni coordinate e concertate di promozione e marketing specifico
TERRITORIO E AMBIENTE
Il territorio è un bene essenziale che si tutela nella misura in cui lo si usa in modo sostenibile, se ne rispettano le connotazioni storiche e i cicli e dunque in un rapporto corretto e responsabile con le esigenze umane. Non sempre questo è avvenuto, ma fondamentalmente non si può negare né la crescita culturale né una politica sempre più attenta alle compatibilità e alle opportunità rappresentate dalle conquiste scientifiche e tecnologiche moderne applicate all’uso del territorio. La prospettiva del contenimento dell’uso del suolo deve orientare le politiche urbanistiche al fine di unire e riequilibrare le polarità della città, e a ridisegnare l’urbanistica in funzione di un nuovo equilibrio fra aree centrali ed aree periferiche in un quadro di sostenibilità paesaggistica come definita dalla Carta Europea sul Paesaggio. In questa visione di riequilibrio fra aree centrali e periferiche vanno riqualificati i quartieri della città e le sue frazioni e borghi, migliorandone le infrastrutture viarie e di sosta, l’accessibilità, la mobilità, gli spazi ed il verde pubblico, l’arredo urbano e l’edilizia residenziale. Processo che non può escludere una mappatura dei nuovi bisogni per individuare e realizzare i necessari servizi strategici e di base alla persona e alle imprese. A tale riguardo è urgente costituire una banca dei dati territoriali e ambientali (suolo, sottosuolo, acqua, vegetazione, paesaggio, aree sensibili) all’interno di un sistema informativo che possa sostenere e orientare le scelte in caso di previsioni comportanti trasformazioni del territorio. Un aspetto tutt’altro che secondario in questa visione complessiva fa riferimento ad un uso corretto e intelligente dell’arredo urbano, concepito in tutti i suoi aspetti, da quello estetico a quello dell’efficienza e della sicurezza.
In particolare, intendiamo:
Promuovere progetti pubblici finalizzati all’efficienza, al risparmio energetico e alla diffusione di fonti rinnovabili;
Modificare il regolamento edilizio prevedendo alti standard di efficienza energetica per i nuovi edifici e ristrutturazioni;
Promuovere politiche del recupero edilizio attraverso una anagrafe informatizzata degli immobili abbandonati o in disuso anche al fine di sollecitare le risorse rese disponibili dalla legge regionale sui centri storici.
Limitare massimamente l’impatto ambientale delle attività estrattive nella prospettiva di contribuire, sul medio periodo, ad una riconversione/riqualificazione del comparto, d’intesa con le imprese del settore. Le risorse strategiche d’area (es. riserve idriche) o i progetti strategici legati al paesaggio di grande rilevanza, sono in ogni caso prioritari rispetto alle ipotesi di coltivazione mineraria e/o estrattiva. In tal senso, si ribadisce la contrarietà rispetto all’ipotesi di sfruttamento minerario dell’area di Benano.
Attuare la variante al PRGS approvato nella trascorsa consigliatura in scadenza e attuazione del PRGO conseguente;
Dare attuazione alla rilevazione, valutazione, disciplina e tutela del paesaggio sulla base dei criteri della Convenzione Europea del Paesaggio
Recuperare il ruolo storico, ambientale ed economico, delle frazioni attraverso il rilancio delle loro identità.
SERVIZI A RETE
Gestione pubblica dei beni essenziali - Il sistema dei servizi a rete deve garantire ai cittadini sia l’efficienza dei servizi che il minor costo possibile. La riforma della governance dei Servizi Pubblici Locali va tematizzata attraverso il riequilibrio dei rapporti tra pubblico e privato, dove al primo viene riconosciuto il compito delle indicazioni delle priorità dedotte dagli interessi generali. E’ a partire da questo profilo riformatore che le questioni della tutela dei beni comuni - intesi come diritti inalienabili - e della compiuta affermazione di un governo pubblico dell’acqua- saranno gli obiettivi strategici da perseguire, insieme ad una azione politica che punti ad una gestione pubblica effettiva, superando tutte quelle distorsioni che di fatto hanno prodotto una gestione formale pubblica e una gestione reale privata, con l’effetto della lievitazione dei costi e di inefficienze conclamate.
SERVIZI SANITARI E POLITICHE SOCIALI
Per raggiungere l’obiettivo di una città inclusiva, della solidarietà e delle opportunità, mettendo al centro delle politiche sociali il cittadino, è fondamentale condividere il concetto di “Salute” così come definito dal Prof. A. Seppilli, uno dei padri della riforma sanitaria e cioè: “Il processo di ben essere fisico e psichico di un individuo dinamicamente inserito nel proprio contesto sociale (e naturale, aggiungiamo noi). Questa premessa ci permette di comprendere che la salute non è una “condizione” bensì un processo, un divenire su cui agiscono costantemente le scelte individuali (stili di vita) e le scelte politiche.
Altro assunto è che la salute è costituita dall’insieme di tre determinanti inscindibili: quella fisica, quella psichica e quella sociale. Una politica che alimenti scissione e separazione di questo concetto unitario rende un cattivo servizio a se stessa e al cittadino ed induce i medici alla medicina difensiva. Il territorio orvietano, per tradizione di civiltà, per densità di popolazione, per facilità di rapporti istituzionali consente la possibilità di sperimentare ed attuare a pieno il senso di questo approccio.
Pertanto la nuova amministrazione comunale si farà carico di una serie di iniziative tese a promuovere e realizzare una reale integrazione tra sanità ospedaliera, sanità territoriale e comparto sociale.
Ulteriori obiettivi sono:
1) Realizzazione del Palazzo della Salute c/o i locali individuati da tempo presso l’ex Caserma Piave.
2) Portare alla piena realizzazione il “Progetto Anziani” così come approvato dal Consiglio Comunale nel 2006.
3) Favorire l’organizzazione di un servizio di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle problematiche della Terza Età, integrato con le risorse sanitarie e sociali già esistenti (MDB, ADI, CSM, Reparti ospedalieri, Uff. della Cittadinanza), ma dotato anche di risorse e professionalità autonome; tale servizio deve avviare l’ apertura di uno sportello di ascolto per problematiche legate a malattie degenerative del SNC come le demenze e la malattia di Alzheimer, anche attraverso l’attivazione delle risorse dell’ associazionismo e volontariato, appositamente formato.
4) Dare strumenti e risorse alle politiche attive rivolte alla Terza Età.
5) Riqualificare e completare la rete dei servizi comunali per la prima infanzia in termini di offerta, a partire dalla realizzazione dell’ Asilo Nido di Ciconia e dell’ Asilo Nido Interaziendale di Bardano.
6) Difendere i lasciti De Solis e Piccolomini
7) Sostenere la crescita di attività extrascolastiche rivolte a minori con disagio dovuto a problematiche di adattamento culturale, disagio sociale e disabilità, per sostenere percorsi di integrazione.
8) Favorire e accrescere le politiche di educazione sanitaria a partire dalle scuole fino ai centri di aggregazione degli anziani, per la promozione di corretti stili di vita.
9) Riaffermare la centralità del Consultorio Familiare nella promozione della salute della donna, della coppia e della famiglia, dedicandogli le necessarie risorse finanziarie e umane.
10) Promuovere un progetto concreto e complesso indirizzato alle giovani generazioni ed alla fascia adolescenziale che preveda lo sviluppo di azioni e servizi tesi a ostacolare l’ isolamento e favorire il senso della responsabilità, della partecipazione e dell’ affermazione sociale armonica.
11) Sostenere lo sviluppo di esperienze di economia civile e sociale attraverso politiche di promozione delle cooperative sociali di tipo B e di imprese sociali.
12) Prevedere nelle gare di appalto pubbliche l’ inserimento delle “clausole sociali” ai sensi della direttiva europea 2004/118/CE e del D. Lgs. 163/2006 al fine di sostenere le imprese sociali.
13) Portare a compimento il progetto di ristrutturazione della ex scuola elementare di Orvieto Scalo da destinare al polo territoriale del Terzo Settore e a Servizi socio-riabilitativi per disabili.
14) Istituire attraverso l’ investimento di risorse e l’acquisizione di personale il Servizio di Medicina del Lavoro.
15) Portare a compimento l’istituzione della Consulta dei Migranti.
16) Investire sulla valorizzazione dei Servizi Territoriali Distrettuali, intesi come punto cardine dell’integrazione socio-sanitaria affinché vengano realizzate completamente le funzioni di integrazione dei servizi territoriali tra loro, con la Medicina di Base, con l’ Ospedale e con i Servizi Sociali.
17) Completare l’organizzazione del Centro di Salute Mentale con risorse appropriate a fronteggiare il progressivo aumento dell’ utenza e complessità della domanda.
18) Assumere la responsabilità di portare a completa realizzazione il ruolo di Polo dell’ Emergenza-Urgenza assegnato dai vari Piani Sanitari Regionali all’ Ospedale di Orvieto.
19) Realizzare, di concerto con il mondo del Terzo Settore, la Casadell’Associazionismo e delle Culture.
SPORT
Lo sport attraversa settori decisivi della vita sociale del territorio, svolgendo una fondamentale funzione per quel che riguarda la coesione e l’integrazione sociale, il benessere e la diffusione di corretti stili di vita. È necessario quindi proseguire nella valorizzazione delle realtà associative sportive cittadine (alle quali va riconosciuto un fondamentale ruolo anche nella determinazione degli obiettivi e delle iniziative da intraprendere) e nell’opera di realizzazione e riqualificazione degli impianti sportivi.
POLITICHE DI BILANCIO
Tutto questo non sarebbe possibile senza una sana politica di bilancio. Bisogna dare atto all’A.C. uscente di aver fatto uno sforzo determinante per risanare e assestare il bilancio. L’opera di risanamento effettuata consente oggi di lavorare seriamente alla stabilizzazione. Ciò che va fatto in modo trasparente e deciso puntando a nuove entrate che possono derivare sia dalle opportunità offerte dal riuso della Piave sia da altre fonti di entrata.
UN NUOVO PATTO TRA ISTITUZIONI E CITTADINI
La crisi economica che si ripercuote anche a livello locale e le inevitabili trasformazioni introdotte dalla riforma federalista dello stato richiedono una profonda riflessione anche nella nostra comunità comunale.
Da qui la necessità di introdurre elementi di innovazione, mettendo in campo risposte adeguate per affrontare le urgenze ma, al tempo stesso, in grado di indicare ai cittadini una via di uscita in avanti, una nuova strada di aggregazione e di sviluppo.
Tutto ciò richiede un impegno dell’Amministrazione Comunale in grado di garantire luoghi di effettiva partecipazione democratica attraverso un patto tra Pubblica Amministrazione, associazioni e cittadini.
La ridefinizione del rapporto tra Istituzione Pubblica e Cittadino e le priorità dell’azione di governo locale dovranno avvalersi della collaborazione delle parti sociali, degli operatori economici e del terzo settore e della comunità locale tutta.
Affinché si possa dare fiducia ad un’azione collettiva è necessario riaffermare sempre: trasparenza nell’uso delle risorse, comportamenti ispirati alla sobrietà e quindi un’etica pubblica che ha fatto del centrosinistra la sua positiva caratteristica, eliminando situazioni che possano produrre conflitti di interesse.
Per questi motivi riteniamo di dare priorità:
1. alla riforma ed adeguamento dello statuto Comunale al fine di potenziare gli istituti della partecipazione e gli strumenti di controllo, monitoraggio e valutazione dell’azione amministrativa anche individuando autorità indipendenti capaci di segnalare eventuali anomalie
2. la semplificazione dei procedimenti amministrativi favorendo l’autocertificazione e altre forme funzionali a tale obiettivo e promuovendo un confronto serio con l’opinione pubblica teso a garantire efficienza ed economicità della P.A.
3. la definizione di nuovi regolamenti per gli appalti e nuove norme concorsuali per l’accesso al pubblico impiego
4. nel rapporto politica e amministrazione pubblica rendere incompatibili incarichi di Governo con incarichi esecutivi in imprese pubbliche o che hanno rapporti contrattuali con la pubblica amministrazione.
DEMOCRAZIA E PARTECIPAZIONE
La cornice in cui tutte le scelte programmatiche di modernizzazione a nostro avviso vanno iscritte è fatta di poche ma significative parole d’ordine:
• uffici e servizi pubblici efficienti e misure che facilitino la vita dei cittadini, anche con il potenziamento dell’informatizzazione della macchina comunale e l’istituzione dei servizi di “e-government”
• merito, responsabilità e competenza nelle scelte e negli incarichi;
• la qualità come criterio guida in tutte le fasi di tutte le azioni;
• prevalenza del bene comune su ogni altra considerazione.
Questi principi non avrebbero alcun senso se non fossero il riferimento di comportamenti reali e soprattutto se non fossero i cardini di una democrazia partecipata, sul cui concetto però secondo noi bisogna intendersi al fine di una condivisione che sia profonda e costante. Il concetto di democrazia su cui si fonda la nostra Costituzione è quello di democrazia rappresentativa, con gli eletti che sono espressione della volontà popolare esercitata mediante il diritto di voto. Le assemblee elettive sono e restano dunque i luoghi in cui principalmente, anche se non esclusivamente, si condensa e si esercita la volontà democratica dei cittadini.
Nello specifico, ci proponiamo di:
1. Istituire una area di delega specifica per la partecipazione e la comunicazione pubblica e per le pari opportunità, provvedimento che si inscrive nell’ambito di una più generale riforma dell’organizzazione Amministrativa e del nuovo patto tra amministrazione e cittadini, nella partecipazione e condivisione delle scelte programmatiche e delle azioni politiche che le sottendono e in grado di proseguire, rafforzandolo, il percorso avviato con l’approvazione della Carta Europea per l’Uguaglianza e la parità delle donne e degli uomini nella vita locale.
2. Valorizzare il ruolo dei Consigli di Zona ampliandone le prerogative;
3. Istituire l’anagrafe degli eletti – con l’obbligo di autocertificare le proprie situazioni patrimoniali, immobiliari, finanziarie, fiscali, societarie, incarichi remunerati ed eventuali condanne penali e/o amministrative e carichi penali pendenti senza ledere il diritto alla sicurezza personale - e garantire la diffusione telematica degli atti del Comune (delibere di Giunta, di Consiglio e Determinazioni);
4. Riformare il sistema di rappresentanza del tavolo interassociativo ampliandone la base dei soggetti abilitati a partecipare (es. Forum Terzo Settore)
5. Realizzare uno Spazio per la comunicazione al cittadino per occasioni ordinarie o straordinarie anche in forma assembleare e per l’esposizione di progetti di iniziativa pubblica, sollecitando contributi e osservazioni in forma regolamentata, o di iniziativa privata, ove richiesto;
6. Attivazione del procedimento del Bilancio Partecipato.
Si riconosce nel Bilancio partecipato, uno strumento di democrazia nel quale il cittadino diventa un protagonista permanente della gestione pubblica, strumento di partecipazione, trasparenza, pubblicità, accessibilità efficacia ed efficienza.
7. Redigere, a fine anno, il Bilancio Sociale del Comune di Orvieto
8. Promuovere la costituzione del “Consiglio Comunale dei Ragazzi”
9. Al fine di favorire una migliore integrazione degli immigrati e dello loro comunità, si propone di istituire la figura del consolato onorario d’intesa con le istituzioni provinciali e regionali.
10. Nomina del Difensore Civico
POLITICHE DI VIVIBILITA’ URBANA E DI SICUREZZA
Il diritto alla sicurezza è senz’altro uno dei cardini di una società aperta e democratica. È pertanto nostra intenzione collaborare attivamente con le forze preposte al controllo del territorio al fine di assicurare e garantire ad imprese e cittadini una imprescindibile qualità della vita. Tuttavia, una vera cultura della sicurezza – che non può sostanziarsi con fasi di controllo e repressione - lavora invece sull’integrazione, opera per impedire fenomeni di marginalità sociale e di degrado urbano, rafforza il senso della solidarietà diffusa e promuovere valori positivi quali il lavoro, la lealtà, il senso civico, il volontariato.
Una società democratica deve saper garantire ai propri cittadini il diritto alla sicurezza del lavoro e sul lavoro.
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sabato 8 agosto 2009
"Appoggio Bersani, nessun veto all'Udc in Umbria e i parlamentari Pd sono dei nominati" - Intervista Lorenzetti al Riformista
da Il Riformista
Il Riformista la considera "una parte del centrosinistra che ancora vince" e che è "imbattibile in fiducia e conoscenza tra gli elettori". Stiamo parlando del Governatore Maria Rita Lorenzetti. E lei ricambia i favori del giornale arancione di Polito con una intervista tutto succo su: alleanze, congresso e una battuta da politica regionale interna destinata a fare rumore.
Primo passaggio:
"Non voglio tornare ai vecchi partiti, ma non credo che la novità sia un partito modello Berlusconi. Bisogna trovare il modo di affermare il centrosinistra oggi recuperando il meglio della tradizione riformista per rispondere alle paure e alle incertezze della società globalizzata". "La proposta di Bersani è convincente, in questo senso nella costruzione di un partito radicato nel meglio della tradizione e con i territori; e che abbia una guida forte e non autoritaria".
Secondo passaggio: sull'Udc!
"Per me una politica delle alleanze deve ragionare sempre rispetto alle priorità di governo, partendo da un confronto serio sulle prospettive. Io sono pronta a ragionare in modo aperto con l'Udc. Sono contraria a qualsiasi veto."
Terzo passaggio: la situazione del PD
"In Umbria, confermo, la mozione Bersani è composta principalmente da amministratori locali, mentre quella di Franceschini da parlamentari. Se dobbiamo metterla su questo piano almeno noi il nostro ruolo ce lo siamo guadagnato, mentre i parlamentari sono stati nominati".
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giovedì 6 agosto 2009
Noi stiamo con Pierluigi.
Sembra uno slogan, di certo è la frase con cui si riassumono tante dichiarazioni sul congresso del PD.
A cominciare da quella di Carlo Azeglio Ciampi, che è stata davvero una bella sorpresa: “Lo stimo molto, è un uomo pacato, sereno, competente, concreto, di coscienza. Semplificando: può essere un'ottima combinazione del nuovo, che ha esperienza della vecchia identità. Un autentico rifondatore, insomma”.
Ciampi ha conosciuto bene Bersani negli anni passati fianco a fianco al governo, tra il 1996 e il 2001, tanto da dire che “è ancora "a cavallo". Più che anagraficamente, per un fresco approccio di curiosità verso il futuro.
Magari sono influenzato dal fatto di averlo avuto compagno di governo, io all'Economia e lui all' Industria, ma la mia opinione su di lui è davvero di grande apprezzamento”.
Con Bersani due dei candidati che affrontarono Veltroni nelle primarie del 2007, Enrico Letta e Rosy Bindi: “ l’Ulivo è stato un patrimonio del centrosinistra e del paese. Nel PD ci vuole più Ulivo e Pierluigi è la persona più indicata per ricostruire una solida alternativa di governo. E' questa la vera posta in gioco del congresso, a cui va orientata la stessa opera di radicamento del PD. Parole simili da Livia Turco per la quale “l’esperienza dell’Ulivo non va buttata”.
Anni che hanno ben impressionato anche Matteo Colaninno, imprenditore e deputato PD: “Credo che oggi il Pd abbia un problema di leadership ed un problema di mondi e ruoli da rappresentare e credo che Bersani sia la persona giusta, il leader giusto in questo momento delicato. Ha gia' dimostrato in altre occasioni di avere competenze per gestire situazioni complesse, capisce e si fa capire da chi fa impresa. 'Ho fatto una scelta naturale, autentica e serena - ha aggiunto Colaninno - come quando Veltroni mi chiese di candidarmi.
Allora ritenni giusto dire di 'si' al progetto del PD, oggi credo di avere il diritto come tutti di poter scegliere in assoluta indipendenza e scelgo Bersani anche perché è difficile parlare di 'tenuta' se passiamo dal 33 al 26 %; questo passaggio implica una perdita di quattro milioni di voti''.
Il 1° luglio la corsa alla segreteria è cominciata sulle note di uno dei sostenitori che più ha sorpreso tante persone. Le note erano quelle di “UN SENSO”, di Vasco Rossi il cui staff l’ha rielaborata in chiave strumentale per Bersani. E poi c’è stata l’affettuosa vignetta di Staino dove è Bobo a guardare delle palafitte e a farci dimenticare con una risata le polemiche sul vecchio contro il nuovo che hanno guadagnato i titoli dei giornali. Bobo, pardon, Staino ha spiegato: “Mi sono considerato prestato a Sinistra e Libertà per dare voce a un progetto. Guardo con simpatia a Bersani perché ha detto che sosterremo un dialogo costruttivo con le forze vicino al PD".
Tra chi è convinto che bisogna dare un senso a questa storia ci sono anche Maurizio Martina ed Elisa Meloni, componenti della segreteria del PD dal 2009.
Spiega la Meloni: “Ci vuole più coraggio, più determinazione e più voglia ascoltare e di stare tra la gente. Per questo ci vogliono posizioni chiare sui temi eticamente sensibili, partendo dal principio inviolabile della laicità dello Stato; ci vogliono proposte concrete su come risolvere i nuovi problemi del lavoro, partendo dalla crisi e dal precariato. Questo, fino ad oggi, e' mancato e da questo dobbiamo ripartire con un nuovo progetto, guidato da chi ha voglia veramente di fare squadra e non da chi vuole fare, per forza, 'l'uomo da solo in campo”. Appoggia Bersani anche Marco Follini.
“C’è bisogno di tutti” ama ripetere Pierluigi. E pensiamo anche a chi il PD lo costruisce sul territorio, giorno per giorno confrontandosi con i cittadini e i loro problemi, i nostri amministratori locali. A cui Bersani piace.
Tanti i governatori pronti ad appoggiarlo. In Piemonte Mercedes Bresso, che gli riconosce di essere tra “i pochi veri riformatori del Paese" , in Emilia Romagna Vasco Errani, in Toscana Claudio Martini. “Mi sento piu' vicino a Bersani, per il suo vissuto ed il suo modo di ragionare. Penso quindi di sostenerlo, pur in modo dialettico e certo non acritico”. Martini indica tre ''punti cruciali'': che ''il congresso non ia solo una conta tra candidati o mozioni, ma un luogo dal quale emerga una linea politica''; ''Bisogna fa parlare e contare tutti gli iscritti, non solo i candidati o i dirigenti piu' famosi''; ''Dobbiamo sintonizzarci con la realtà concreta del Paese, non chiuderci in un congresso autoreferenziale'', in Umbria Maria Rita Lorenzetti.
Nel Lazio ha incassato la fiducia del presidente della regione, Piero Marrazzo - “Il Partito democratico deve cambiare, e cambiare significa anche scegliere uomini che non hanno avuto finora responsabilita' nella guida del Pd.
In questa fase l'uomo per cambiare e' Pierluigi Bersani e quindi lo voterò" – e del presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti. ''Voterò' per Bersani perché credo che in un momento come questo sia la persona che può aiutarci a ripartire bene. Penso che un dirigente politico abbia il dovere di dire quello che pensa, la trasparenza e' la base del rispetto reciproco. Quindi - ha aggiunto - pur non impegnandomi direttamente nel congresso e' giusto che si sappia: anche in un congresso cosi' difficile credo sia importante garantire in questo momento di confronto un rapporto con la societa'''.
Con Bersani anche tanti sindaci: quello di Bologna, Flavio Delbono: “Nel 2007 se si fosse candidato lo avrei votato, ma non l'ho potuto fare. Ora si candida e non ho cambiato opinione". Di Bersani gli piacciono almeno tre cose: le proposte, la visione e le idee.
O spostandoci di pochi chilometri il sindaco di Padova Flavio Zanonato: “Bersani e' il miglior punto di sintesi all'interno del partito" e poi 22 sindaci del bolognese che dicono: "Conosce le autonomie" .
Cè chi entra nel PD per sostenerlo come Massimo Cialente, il sindaco de l’ Aquila, che ha preso carta e penna per dirgli “Caro Pier Luigi, ho aderito al Partito Democratico perché ci sei tu, per affiancarti in questa sfida che dovrà portarci a creare un partito vero, opposto a quello liquido, un partito che sia tra la gente. Dopo aver letto i tuoi ultimi interventi, le cose che hai detto ma soprattutto conoscendo benissimo il tuo modo di interpretare la politica – continua Cialente ho deciso di iscrivermi al Pd, al circolo Pd della mia città.
Dopo due anni da sindaco de L’Aquila e dopo la terribile esperienza del terremoto, ho capito che non può esserci una politica gridata, che non sia vicina ai bisogni, ai problemi, alle speranze delle persone. Di tutte le persone. La politica deve rifuggire dagli show, dalle chiacchiere inutili e sostenere sempre la necessità di confrontarsi sulle cose concrete e chi amministra, una istituzione o un partito non importa, deve avere come unica stella polare gli interessi dei cittadini. Caro Pier Luigi sono d’accordo con te quando ti fai promotore di un partito realmente radicato sul territorio, capace di costruire e valorizzare una nuova leva di classe dirigente, certamente utile prima che al Pd all’Italia intera. Concludo questa mia lettera appellandomi a tutti quelli che come me si erano allontanati dal Pd perché delusi da questi primi 20 mesi, e che mai come in questo momento – conclude il sindaco de L’Aquila - è necessario impegnarsi di nuovo”. E torna Gavino Angius: “Penso che quello del Partito Democratico sia un congresso molto importante, non solo per il futuro del Pd , ma per il futuro dell’intero centrosinistra, e per le stesse prospettive della democrazia italiana. Ritengo che sia Bersani quello con le idee più chiare”.
L’ex Vice Presidente del Senato si aspetta un Pd capace di portare avanti una politica che sia espressione di quei “pensieri lunghi” di berlingueriana memoria.
E ancora i Cristiano Sociali, l’associazione Sinistra PD, tanti degli Ecologisti Democratici come Sergio Gentili e Vanni Bulgarelli, le persone che hanno ancora voglia di far poltiica pensando ai temi etici e civili, a un PD più forte della semplice sommatoria di DS e Margherita come Daria Colombo, o il consigliere regionale del Lazio Alessio D’Amato. Adesioni che crescono di girono in girono affiancandosi a quelle del segretario regionale uscente del Friuli Venezia Giulia Bruno Zvech, della parlamentare bolognese Donata Lenzi, del senatore Filippo Bubbico, di Raffaele Donini, capogruppo del Pd in provincia di Bologna, Valerio Tabacchi, coordinatore Pd della provincia di Belluno, Marco Barbieri, consigliere regionale del Pd ed ex segretario del Ppi dell'Emilia-Romagna, Antonio Carbone, Presidente dell’ALPA (Associazione Lavoratori Produttori Agroalimentare).
Adesioni anche su internet. Con decine di migliaia di visitatori per www.
pierluigibersani.it e piazze democratiche, centinaia di domande nella video chat con Zoro e su facebook. Dove Bersani ha toccato quota 100 gruppi spontanei a sostegno della sua candidatura. Magari il 101 comitato sarà proprio il tuo.
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mercoledì 5 agosto 2009
IDEE per il PD e per l'UMBRIA di Lamberto BOTTINI
Il documento presentato da Lamberto BOTTINI per la sua candidatura a Segretario Regionale del PD dell'Umbria
IDEE PER IL PD E PER L’UMBRIA
Umbria XXI secolo: una “narrazione” per aprire un nuovo orizzonte riformista
Il nuovo secolo ha chiuso un ciclo della storia mondiale: sta crollando definitivamente il disegno di governare in maniera oligarchica il mondo globalizzato attraverso il liberismo ed un mercato finanziario senza vincoli.
Le disuguaglianze della società, gli squilibri del mondo, la sostenibilità ambientale del pianeta: sono grandi sfide globali che investono l’Italia e la nostra Umbria. Occorre definire un nuovo orizzonte, elaborare una cultura riformista nuova, costruire una fisionomia politica ed ideale di un partito capace di misurarsi con queste sfide.
La crisi della sinistra in Italia ed in Europa ci impone di aprire un nuovo orizzonte.
Non basta più il buon governo delle nostre amministrazioni e della regione ma occorre “chiamare in campo” la grande politica: quella capace di pensare, di coinvolgere gruppi sociali, di mettere in movimento persone, di indicare percorsi, di costruire risposte ai nuovi bisogni, quella politica capace di suscitare emozioni e passioni, di mobilitare un popolo e non solo un ceto politico.
Il PD in Umbria deve saper raccogliere questa sfida della “grande politica”, andando oltre il governo e la gestione della cosa pubblica, imprimendo un’accelerazione alla definizione di un nuovo orizzonte riformista visibile anche nella rappresentanza politica.
Oggi come ieri ci confrontiamo con il tema dello “sfruttamento”: delle persone, dei lavoratori, del territorio, delle risorse naturali, delle conoscenze e del sapere.
Oggi come ieri dobbiamo tenere insieme uguaglianza e libertà, diritti e opportunità, autonomia degli individui e giustizia sociale.
C’è chi vuole scommettere sul futuro e chi difendere l’esistente, anche in Umbria.
Vorremmo dare voce ai primi, sostenere chi non rinuncia a scommettere, oltre una stanca declinazione della “modernizzazione”.
Talento, merito, creatività, innovazione, ricerca: nelle imprese, nelle professioni, nell’università, nella società sono gli ingredienti necessari per scommettere sul futuro dell’Umbria.
La politica ed il PD in Umbria devono saper raccogliere la sfida dell’innovazione, ma alleandosi con i ceti popolari e con le forze produttive più dinamiche della società.
La crisi economica che ha investito il mondo ed anche l’Umbria ci apre comunque un nuovo scenario, riguardante la redistribuzione della ricchezza, la modifica dei consumi e degli stili di vita, le nuove domande dei cittadini: la crisi ha in parte già cambiato il modo di essere stesso della società.
Servono dunque solide basi ideali, culturali, ma anche programmatiche su cui “fondare” il PD, anche in Umbria.
Il congresso regionale, contestualmente a quello nazionale, deve essere l’occasione concreta per costruire “solide basi” al nostro progetto politico, preferendo al facile nuovismo mediatico la più faticosa e suggestiva strada di una ricca elaborazione culturale, ideale e programmatica indispensabile per un partito radicato e di popolo.
L’Umbria “regione globale” in Italia, in Europa e nel mondo
La crisi mondiale ha modificato gli equilibri, le gerarchie e le posizioni di egemonia spingendo a costruire relazioni e progetti innovativi che potrebbero portare ad un nuovo sistema di regole per l’umanità. L’Europa non sta recitando appieno la sua parte a livello internazionale e stenta a trovare una dimensione che sia più incisiva nelle politiche di sviluppo mondiale.
L’Italia, in questa situazione, rappresenta nella UE uno dei punti di maggiore debolezza: è un paese a più velocità, che vive di contraddizioni che hanno fatto smarrire le radici comuni e indebolito il senso dello Stato. E’ uno dei paesi in cui si registra una cattiva distribuzione della ricchezza, una maggiore disuguaglianza, una stagnazione nella mobilità sociale ed un progressivo depauperamento del welfare.
L’Umbria, in questo contesto, pur risentendo degli effetti della crisi, continua a presentare una buona coesione sociale e più contenute differenze di reddito e di accesso ai servizi rispetto ad altre regioni d’Italia.
Anzi a fronte di una crescita della povertà assoluta e relativa delle famiglie in Italia, l’Umbria è la regione che nel 2008 registra il maggior calo dell’indice di povertà tra tutte le regioni italiane ed anche del centro nord.
La crisi e la fase di recessione che si è aperta ha reso evidente a tutti quello che in parte già era una realtà: i processi economici, finanziari, sociali, culturali hanno sempre più una dimensione globale. Le città contemporanee, di qualunque dimensione (piccola, media o grande), i territori vivono sicuramente di attori e presenze locali ma sempre più questi innescano reti, relazioni, azioni anche su scala mondiale e viceversa.
I fenomeni immigratori e migratori, le dinamiche innovative delle imprese e degli attori economici, le eccellenze delle produzioni materiali ed immateriali, lo sviluppo della società della conoscenza, la rivoluzione informatica e le alte tecnologie connesse all’informazione e alla conoscenza, la globalizzazione del credito e della finanza, l’internazionalizzazione di imprese e centri di ricerca fanno anche di piccole realtà, di territori locali attori di dimensione globale.
E’ per questo che la sfida alla cultura tradizionale molto dipenderà dalla capacità di “leggere” la ricchezza e l’articolazione di un territorio offrendo luoghi di decisione e strumenti di governo in grado di tenere conto dei diversi attori in campo.
Anche per l’Umbria si pone l’esigenza di trovare risposte alla crisi da un lato e dall’altro di costruire nuove politiche per il futuro: il territorio è ricco di talenti, innovazioni, cultura imprenditoriale ma occorre anche una coalizione virtuosa di tutti gli attori per reggere l’urto, evitare che la recessione cancelli definitivamente una parte di sistema produttivo regionale, sostenere adeguatamente il reddito delle famiglie e dei lavoratori più fragili, rafforzare la coesione sociale.
Ed anche se può sembrare molto difficile, bisogna già pensare “il dopo”.
Bisogna evitare una risposta di “chiusura”, difensiva dell’esistente, che guarda dentro e non fuori. Occorre ripartire dal territorio ma pensare all’Umbria come “regione globale”.
Il PD in Umbria promuove nuove politiche pubbliche per regolare lo sviluppo ed assicurare la sostenibilità, per sostenere la crescita accompagnata da qualità sociale e redistribuzione delle risorse. Lo scenario che si ha di fronte, nel corso della crisi e della recessione, è quello di un’Umbria irrobustita nel recente passato, ma con elementi evidenti di fragilità e con il preoccupante impatto delle dinamiche congiunturali negative che colpiscono le aree più dinamiche della regione in quanto più esposte all’internazionalizzazione e all’export.
Non è dunque fuori luogo, guardare comunque avanti, stando dentro le strategie della ripresa dell’Europa.
Mettere la questione del lavoro al primo posto. La crisi ci ha mostrato il volto diseguale, di una ristretta aristocrazia economica che si è arricchita sempre più con la rendita ed una parte estesa di classi medie, di lavatori che si sono molto impoveriti lavorando.
Un Piano europeo per il lavoro come strumento condiviso e accompagnato da politiche pubbliche per la crescita economica, lo sviluppo sostenibile, una ristrutturazione del sistema bancario, del settore manifatturiero.
Nella regione ci sono imprese del cosiddetto “quarto capitalismo”, poli di innovazione già oggi visibili ed in grado di indicarci un percorso su cui investire con politiche industriali adeguate.
Dobbiamo competere con altre aree e regioni del mondo non certo sulla riduzione del costo del lavoro, ma sulla tecnologia, la ricerca, l’innovazione, la qualità dei prodotti e delle produzioni. Una competizione nella quale devono poter e saper stare non solo le grandi imprese ma anche la rete delle PMI.
Il PD in Umbria, come grande forza democratica e progressista, assume quella sfida impegnativa legata alla crisi, ai cambiamenti climatici, al consapevole utilizzo delle risorse che vede in prima fila le forze democratiche nel mondo.
“Green economy” è dunque la grande “rivoluzione”: nuove produzioni, ricerca scientifica e tecnologica, innovazioni produttive, nuovi consumi e cambiamenti negli stili di vita, diffusione di conoscenze e di buone pratiche. Per l’Umbria significa investire sulla ricchezza territorio, sulla sostenibilità della crescita e dello sviluppo: dalla tutela della risorsa acqua alle politiche energetiche, dalla qualità ambientale alla riconversione verde della grande industria, alle moderne infrastrutture tecnologiche ed informatiche, dalla qualità e sostenibilità delle produzioni agroalimentari di qualità all’industria ad elevato contenuto di ricerca ed innovazione.
Il territorio diviene per l’Umbria il laboratorio di un nuovo sviluppo: la qualità delle città e dei centri storici, il valore del patrimonio rurale anche edilizio, le filiere produttive delle energie rinnovabili, la qualità e filiera, spesso di eccellenza, dell’agroalimentare umbro, la fruibilità del patrimonio storico-artistico composto da una diffusa rete di beni culturali, lo sviluppo di poli di ricerca e di innovazione sono elementi per guardare anche al futuro della regione.
L’Umbria è già oggi “regione globale” perché lo sono molti attori, nelle imprese, nelle professioni, nella ricerca, nella finanza, nelle produzioni. Ma l’Umbria deve anche riprendere il filo di una nuova “narrazione”, capace di declinare il tema del lavoro e della dignità del lavoro, della responsabilità sociale dell’impresa verso l’ambiente, verso i lavoratori e verso i cittadini, che sceglie e costruisce un nuovo welfare dei diritti, di piena cittadinanza sociale, capace di accompagnare la vita più lunga dei cittadini e di irrobustirsi là dove è più forte il bisogno di “protezione e promozione sociale” (infanzia, giovani lavoratori, precari, persone non autosufficienti, disoccupati, famiglie).
L’Umbria è luogo antico di alta formazione con le sue Università, con i centri di ricerca, con alcuni più recenti poli di innovazione: oggi serve però dare centralità ai luoghi della formazione, del sapere, della ricerca scientifica e tecnologica. Qui l’Umbria può davvero passare dalla tradizione all’eccellenza se saprà dare centralità agli investimenti pubblici e privati in sapere, conoscenza, cultura. L’Umbria sarà regione del XXI secolo se riuscirà ad attrarre sul territorio le competenze, le intelligenze, i talenti di pensiero anche scientifico e tecnologico non solo per lo sviluppo del territorio ma anche come luogo in cui strutturare centri di eccellenza.
Nell’Umbria del dopo crisi è indispensabile affermare e praticare un’idea di sviluppo integrato che sappia tenere insieme le politiche di pianificazione territoriale, di uso responsabile del territorio e dell’ambiente, e di programmazione economica.
Un’idea di sviluppo che governi le spinte centrifughe favorendo le forme di cooperazione nell’area vasta del centro Italia anche attraverso le grandi direttrici viarie e ferroviarie e la valorizzazione delle infrastrutture ambientali come la catena appenninica, il Tevere e il Lago Trasimeno.
Un’idea che selezioni e valorizzi i progetti industriali innovativi a forte valore aggiunto e contenuto tecnologico del patrimonio imprenditoriale. A cominciare del patrimonio imprenditoriale della nostra regione, che è una risorsa positiva, fatta da piccole imprese, artigiane, medie imprese che hanno investito in innovazione e ricerca e sono stati capaci di costruire reti d’impresa e di stare nelle sfide mondiali; multinazionali di cui va rafforzato il radicamento territoriale, agendo su reciproci vantaggi.
I poli di innovazione dell’aerospazio, dell’automotive, meccatronica, energie rinnovabili, la filiera della chimica verde sono progetti che già oggi legano ricerca e formazione, università, nuova manifattura, forme rinnovabili, la filiera della chimica verde sono progetti che già oggi legano ricerca e formazione, università, nuova manifattura, forme innovative di finanza.
Le politiche pubbliche devono essere capaci di accompagna questi progetti di innovazione, superando ogni tentazione dirigista ed interpretando una moderna sussidiarietà.
Un’idea che consideri strategico il legame tra il sistema universitario scolastico e formativo, il mondo delle imprese e le politiche territoriali al fine di promuovere occupazione qualificata che faccia crescere la produttività e i salari. Le migliori professionalità e intelligenze devono trovare opportunità nell’Umbria dei nuovi lavori e della conoscenza.
Il partito che faremo: utile all’Italia, utile alla democrazia
Il primo congresso del nostro partito ci chiama a compiere scelte decisive per il futuro. La crisi economica mondiale sta mettendo fine alla stagione del liberismo incentrato sulla finanziarizzazione dell’economia, sta modificando le relazioni tra le diverse aree del mondo. La fragilità della democrazia italiana ha bisogno di una grande forza democratica e progressista che sia forza “coalizzatrice” per guidare l’opposizione oggi e il Governo domani, che sia in grado non solo di competere ma di vincere. Tutto questo contribuisce a rendere il congresso del Partito Democratico un appuntamento importante per l’Umbria e per il futuro dell’Italia in Europa e nel mondo.
Le idee per il PD e per l’Italia con le quali Pierluigi Bersani si candida a guidare il Partito, in questa fase particolarmente incerta della vita interna del partito e della situazione politica italiana, forniscono un’analisi rigorosa dei problemi che abbiamo di fronte, delle ragioni delle nostre sconfitte e una chiara prospettiva culturale e politica per il nostro ruolo nel futuro della democrazia italiana e della vita del Paese.
Il confronto politico e programmatico del congresso, tra le diverse mozioni congressuali, noi lo consideriamo un arricchimento per il PD: tutti noi, con le nostre storie, culture, saperi, competenze, speranze, con l’impegno e la passione politica che sapremo esprimere anche nelle varie posizioni congressuali, siamo chiamati a rispondere “insieme” alle difficili sfide che ci propone il passaggio d’epoca che stiamo vivendo.
Dobbiamo avere il coraggio politico di raccogliere la sfida e dobbiamo essere all’altezza del compito impegnativo.
Abbiamo la responsabilità di interpretare la fiducia di milioni di italiani che ripongono in noi, nel Partito democratico, la speranza di costruire non solo un’alternativa di governo alla destra italiana, ma anche una società migliore, più giusta, più solidale, più aperta, più plurale, più libera.
Dobbiamo partire dai problemi dei cittadini, dalla loro vita, dalle loro domande di lavoro, di sicurezza, di tutela sociale, di diritti di cittadinanza. Dobbiamo incontrare anche i sogni, i progetti, le speranze di tanti uomini e donne di questo nostro Paese che non rinunciano a scommettere su un futuro migliore per sé e per i propri figli. Dobbiamo rilanciare un “fare politica” come espressione alta dell’impegno intellettuale, morale e civile per il “bene comune”.
Dobbiamo costruire un partito riformista, aperto e laico che ha memoria del passato, guarda al futuro, ha una chiara e riconoscibile identità, frutto solo della sintesi delle culture fondative, nuova nel profilo culturale e valoriale, che ha una vita democratica fertile garantita da regole semplici, dalla trasparenza delle decisioni, da sedi e luoghi certi delle scelte, da un’organizzazione stabile, in una forte autonomia anche dei livelli regionali del partito, che si propone di guidare una coalizione di centrosinistra in una logica bipolare, che si percepisce e agisce come soggetto per il cambiamento, costantemente impegnato a costruire un società più giusta, più libera e più solidale. Pensiamo ad un partito aperto, popolare, diffuso nelle città e nelle comunità locali che vive nella società, che si occupa e preoccupa delle persone, che non esaurisce la sua funzione nella rappresentanza istituzionale e di governo, ma elabora proposte, fa cultura, promuove feste, “dà sale” alla vita democratica italiana.
Dobbiamo indicare a tutti i cittadini, in particolare ai ragazzi e alle ragazze, una ragionevole prospettiva di futuro che risponda alle insicurezze e alle inquietudini della modernità, che scommetta su uno sviluppo fondato sull’economia verde e della conoscenza, sulla diffusione delle tecnologie e dei saperi, sulla coesione e qualità sociale, sul riconoscimento dei meriti e sulla sconfitta di tutte le povertà. Un partito che ha il coraggio delle riforme necessarie, che sa elaborare una nuova cultura politica adeguata alle sfide contemporanee.
Noi vogliamo essere il partito delle donne e degli uomini, un luogo politico nel quale tante donne si sentano a proprio agio, si riconoscano ed aderiscano. Un partito che sappia assumere la differenza di genere come uno dei capisaldi della sua identità politica e operi verso l’obiettivo di una democrazia paritaria, fondata sulla presenza equilibrata di donne e uomini nei luoghi della decisione politica e della rappresentanza istituzionale, obiettivo imprescindibile per costituire una società più giusta, equa e democratica.
Il protagonismo inedito che le donne hanno esercitato nel secolo scorso ha prodotto mutamenti sociali visibili e significativi, nel lavoro, nelle professioni, nel sapere, nella cultura, nell’economia, nella politica ma ha posto anche domande forti alle quali la politica deve trovare in parte risposte: la domanda, innanzi tutto, di qualità sociale che si traduce in un’istanza forte di democrazia della vita quotidiana, di allocazione e governo democratico delle risorse, di ridefinizione dei modelli di sviluppo che debbono tener conto degli uomini e delle donne.
Il PD intende svolgere appieno il suo compito rispondendo a tali domande elaborando regole di convivenza adeguate alla società nel suo complesso, facendo agire fino in fondo il protagonismo degli uomini e delle donne.
“D” come democrazia, “D” come donne: una democrazia è tanto più forte quanto più le donne sono protagoniste con i loro saperi, intelligenze, competenze, bisogni, responsabilità.
Dobbiamo fare tutto questo con coraggio, rigore e responsabilità, con capacità di ascolto e profondo rispetto delle ragioni di tutti. Un partito plurale al suo interno e dialogante con la società, un partito che sa promuovere alleanze nella politica e nella società, un partito che non fa dell’autosufficienza la sua forza, ma costruisce consenso diffuso ed allargato. Un partito non dei “capi”, ma delle idee, delle proposte, dei contenuti. Un partito che fa riscoprire ai cittadini la “bella politica”.
Questo è il partito che pensiamo di fare, valorizzando le tante sensibilità ed esperienze che sono la vera risorsa, generosa ed ampia, del Partito democratico in Italia e in Umbria.
Il PD: partito regionale per l’Umbria di domani
Noi Democratiche e Democratici umbri, nel processo di costruzione del partito nazionale, siamo chiamati ad un compito specifico e decisivo. Dobbiamo superare l’esperienza del “partito dei territori”, fondato sui localismi e, talvolta, sui personalismi. La novità e complessità dei problemi che abbiamo di fronte, dalla crisi economica con il suo carico di perdita di posti di lavoro, alla sfida del federalismo, richiedono un chiaro e riconoscibile cambio di paradigma.
Una visione per l’Umbria del dopo crisi (dalla rigenerazione del Patto per lo sviluppo, l’innovazione e la coesione sociale, ad un’idea guida fondata sul lavoro ad alto contenuto tecnologico e di conoscenza,sullo sviluppo socialmente ed ecologicamente compatibile, sulla rete delle città, sulla filiera paesaggio-cultura-turismo, sul legame tra università, ricerca e innovazione industriale) che non può essere elaborata da una classe dirigente frammentata, conflittuale, ripiegata sulla sua autoconservazione, incapace di aprirsi al cambiamento.
La sfida riguarda l’intera classe dirigente regionale e non solo quella politica, ma non possiamo chiedere all’Umbria uno sforzo di coesione, innovazione e solidarietà se non partiamo da noi, dalle nostre responsabilità e dalla consapevolezza del significativo contributo che potrebbe sempre più dare il PD.
Dobbiamo costruire un partito regionale, federalista, con una classe dirigente larga, solidale e consapevole del compito strategico, inedito, originale che l’attende. Una classe dirigente impegnata, non a regolare i conti al proprio interno ma a lavorare, ogni giorno, per l’Umbria, a rinnovare le politiche pubbliche e verificarne l’efficacia, a rendere le amministrazioni efficienti e a misura del cittadino, a ricreare un clima di fiducia verso la “cosa pubblica” come fattore decisivo di competitività economica e crescita civile. Uomini e donne del PD che dedicano tempo ed energie, offrendo intelligenze e competenze, all’Umbria e alle sue città, alla società regionale perché amano la terra nella quale vivono e lavorano.
Costruiamo un partito in grado di “Pensare l’Umbria di domani”, da soggetto protagonista.
Per farlo possiamo contare non solo su solide radici storiche, politiche e culturali ma su nuove gambe snelle e veloci perché fatte di nuove idee, proposte, scommesse per il futuro. Su una straordinaria risorsa, di esperienze, intelligenze e anche di sogni. Su una organizzazione vera, diffusa, radicata, riconosciuta dai cittadini. Facciamolo “insieme” con coraggio e fiducia, con generosità e responsabilità perché sempre più persone si sentano parte e a proprio agio in questo straordinario progetto che è il Partito Democratico.
Questo testo costituisce una traccia di discussione da sviluppare nel Congresso. Sarà accompagnata da documenti di approfondimento sui problemi qui esposti allo scopo di sollecitare osservazioni e proposte. Da questi arricchimenti verranno contributi utili per il programma che il candidato segretario proporrà alla Convenzione secondo quanto previsto dallo statuto.
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mozione Bersani,
pd umbria
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